domenica 8 marzo 2020

LA VITA E LA MORTE AI TEMPI DEL CORONAVIRUS (E OLTRE)



Se c'è qualcosa di positivo innescato da questa improvvisa diffusione del Coronavirus (ribadisco, meglio non parlare dell'irrazionale panico che ha suscitato) è che ora si fanno tanti progetti per rivedere in Italia il Sistema sanitario nazionale, rimediando ai pericolosi tagli su tagli alle strutture e alle prestazioni che sono state perpetrati negli ultimi anni, ovviamente non tenendo conto dell'eventualità di un'emergenza come quella che si sta verificando in questi giorni. Altrettanti progetti (a parole) si fanno per una riorganizzazione del lavoro per renderlo più smart, cioè più flessibile perché fatto da casa, e della scuola, per creare similmente possibilità di fare lezione da remoto, con gli studenti piazzati davanti a un computer. Non mi meraviglia più di tanto il fatto che invece, nonostante la paura della morte che aleggia sul capo di migliaia e migliaia di persone, nessuno si sia azzardato a parlare dell'argomento. La paura c'è, ma è un tabù, si deve ignorare, non si deve affrontare, anzi possibilmente bisogna esorcizzarla, dicendo che con il coronavirus può interessare solo le persone molto anziane e con delle patologie concomitanti. Come a suggerire  un po' a tutti: coraggio, se siete ancora giovani o relativamente giovani potete sperare, tanto la morte può ancora tardare a venire. La morte come qualcosa scisso dalla vita, come qualcosa da rifuggire a ogni costo, da tenere assolutamente lontana dai nostri pensieri. Invece questa diffusione del virus, se davvero è così catastrofica, dovrebbe essere anche l'occasione per rivedere il nostro rapporto con questa realtà ineluttabile, ma così spaventosa. Tutti dobbiamo morire, prima o poi, vogliamo ammetterlo? E allora, intanto, dovremmo chiarirci che cosa rappresenta per noi la nostra morte: la fine dei nostri affetti? dei nostri progetti? dei nostri viaggi? dei nostri possessi? Tutte proiezioni, dopo tutto. Idee, fantasie. Non realtà. Perché la realtà è che, come diceva Epicuro, “quando ci siamo noi non c'è la morte, quando c'è la morte non ci siamo noi”. Certo, è un'impresa ciclopica creare in noi un distacco da tutto quello che la mente ci propone, da tutti i legami consci e inconsci che ci collegano alla vita d'ogni giorno. È il nostro mondo. Effimero, evanescente, in continua trasformazione, ma è il nostro mondo. E allora? Allora dovremmo davvero, nonostante tutto, cercare di non rimandare più in là la soluzione di questo problema-enigma della nostra vita, ma deciderci una volta per tutte ad affrontarlo, a calarcisi fino in fondo. Perché è là, all'orizzonte. Non potremo sfuggirgli. Analizzarlo potrebbe voler dire liberarcene e finalmente vivere senza questo incubo, più o meno sopito nella nostra mente. E in occasione del Coronavirus tornato prepotentemente alla luce della nostra coscienza.
Mi piace, a questo punto, riproporre un fondamentale brano di Osho, tratto dal suo libro (che io conservo come una reliquia perché pieno di spunti, non interessanti, ma molto, molto di più, dal titolo La danza della luce e delle ombre, Universale Economica Fetrinelli, sezione Oriente.


Come affronti la morte?
Io muoio ogni momento, non accumulo la morte; per cui non è un problema. Se vivi veramente, la morte non è affatto un problema: non hai bisogno di affrontarla, perché non esiste.
La morte è un problema creato artificialmente. Cerca di comprendere: se non permetti al tuo passato di morire, il passato continua ad accumularsi, diventa un peso, diventa un fardello. Se lasci morire il passato istante per istante, mentre il tempo scorre, se la fai finita immediatamente, rinasci ogni momento e non accumuli il peso morto del passato. Così facendo non accumuli la morte e quindi non c'è alcun problema da affrontare, nessun problema da risolvere; sei nuovo ogni momento, e sai che quella freschezza è eterna, è senza tempo. Anche quando arriverà la cosiddetta morte, non morirai: al momento della morte la vita diventa passato e tu non ti ci aggrappi. Nel corso della vita hai imparato una cosa: a non aggrapparti. Così, al momento della morte non ti aggrappi alla vita, e il problema non sussiste. Se ti aggrappi alla vita, avrai paura della morte; il problema nasce se ti aggrappi alla vita.
Perché ti aggrappi alla vita? Ti ci aggrappi perché non sai come viverla, non ti è mai stato insegnato a vivere la vita. Il danno che hai subìto è profondo, sei stato condizionato in modo tale che ora non sai vivere. Non vivi la vita, perciò nasce la paura. Non vivi mai niente con totalità. Non vivi totalmente, non piangi totalmente, non ridi totalmente, hai dimenticato il linguaggio della totalità. Non conosci più il significato della parola totalità: sei sempre parziale. Anche nell'amore non vai mai fino in fondo, non permetti all'amore di accadere totalmente; continui a opporgli resistenza.
Continui ad accumulare il passato, il che significa accumulare morte intorno a te. Quel passato congelato diventa sempre più pesante, perché cresce giorno dopo giorno. E la tua vita è molto delicata e vulnerabile, se le carichi addosso il peso morto di quel passato, la stronchi. E il passato non ti permetterà di vivere e nessun momento con totalità, ti frenerà sempre. Vorresti proseguire, invece ti trattiene, e anche se avanzi, non vai mai fino in fondo. È per questo che non provi appagamento in niente, non sei mai soddisfatto. Non hai mai amato, non hai mai riso. Certo, hai riso tante volte, ma la tua risata non è mai stata totale; è sempre stata parziale, incompleta.
Non sei ancora consapevole di cos'è la vita: non hai ancora danzato quella vita, non hai ancora cantato quella canzone. Quando vivi la vita nella sua totalità, momento per momento, non hai paura della morte, non hai paura di nulla. Hai vissuto la tua vita, hai goduto delle sue benedizioni, e ora ti senti grato; inizi a vedere la morte come un momento di riposo, nient'altro. La morte non riuscirà a portarti via nulla perché tutte le cose che potrebbe prenderti le hai già abbandonate prima del suo arrivo; non le hai mai accumulate. E la morte non distruggerà nulla perché sai come vivere ogni momento con totalità. Quando la morte arriverà, vivrai con totalità anche quel momento.


La morte fornisce un contesto, diventa lo sfondo, la lavagna sulla quale viene scritta la vita. Mentre sei vivo non riesci a sentire la vita così chiaramente, così nitidamente, con tanta sensibilità, ma al momento della morte, per via del contrasto, questo diventa possibile. È come vedere le stelle di notte. Più la notte è buia, più le stelle appaiono brillanti. Durante il giorno le stelle sono ancora lì, non sono andate da nessuna parte, non possono spostarsi; dove potrebbero mai andare? Sono ancora lì, ma a causa della luce del sole non riesci a vederle. La loro brillantezza si perde nella luce del sole. Di notte puoi vederle: belle, brillanti. La stessa cosa accade nella morte; la vita diventa una stella che brilla luminosa.

Mi chiedi: Come affronti la morte?
Io non so cosa sia la morte perché continuo a morire momento per momento, continuo a morire al mio passato attimo dopo attimo. Io non vivo nel passato, e dato che non vivo nel passato non vivo nemmeno nel futuro: il futuro è sempre una proiezione del passato. Un passato morto e sepolto crea un falso futuro; e soltanto questo momento è reale.
Io sono qui: assapora questo momento – dov'è il problema della morte? Come potresti morire in questo momento? La morte è sempre un problema di proiezione – un giorno morirai, è solo una deduzione –, un giorno accadrà. Qualcuno è morto oppure hai visto una persona morire, e ora hai paura pensando che un giorno accadrà anche a te. Ma hai veramente assistito a quella morte? No, ne hai semplicemente visto l'espressione esteriore; non hai visto cos'è successo all'interno di quella persona.
Nessuno è mai morto, la morte è la più grande menzogna; la morte non esiste, esiste soltanto la vita. La vita è eterna. Se abbandoni il passato, scompare anche il futuro, e nel presente non c'è la morte, nel presente c'è soltanto la vita.

Fa sì che questo momento sia il momento. Non vivere nel passato perché nessuno può veramente vivere nel passato, non esiste più. E non costruire il tuo palazzo nel futuro; non può essere fatto, il futuro non esiste. Vivi in questo momento.
Gesù dice ai suoi discepoli: “Guardate i gigli nei campi come sono belli. Persino re Salomone, in tutta la sua gloria, non era così splendido”. E qual è il segreto dei gigli nel campo? Vivono nel momento presente. Il giorno è oggi, la notte è stanotte; questo momento è tutto ciò che esiste.
Allorché inizi a vivere nel momento presente, sei costantemente in contatto con la vita. La vita ti rinnova, la vita ti ringiovanisce in ogni momento.
Sì, il corpo un giorno sparirà, ma quella non è morte – è semplicemente un corpo stanco che va a riposare. Certo, la mente si dissolverà, perché l'hai usata a lungo è si è logorata. Cosa vorresti? Vorresti forse usare la mente per sempre? Non ti sei già stufato della tua mente? Lavora dal giorno in cui sei nato e continuerà fino al giorno in cui muori – settanta, ottanta, novant'anni… La mente è uno strumento. Mostra un po' di compassione verso questo povero strumento; piano piano invecchia, piano pian inizia a non funzionare più così bene – hai bisogno di uno strumento nuovo.
Questo corpo invecchia, questo corpo si deteriora; è uno strumento. Ed è uno strumento incredibilmente intricato e complesso; la scienza non è ancora riuscita a inventare niente di simile. Il corpo ha così tanti automatismi… Pensi che l'automazione sia qualcosa di nuovo? Il tuo corpo possiede infiniti automatismi da milioni di anni.
Quando mangi, il cibo viene digerito automaticamente; non sei tu a doverlo digerire. Quando respiri, il sangue si arricchisce di ossigeno e rilascia anidride carbonica; non te ne devi occupare tu personalmente. Pensa se fossi tu a dover fare tutte queste cose! Impazziresti in un solo giorno; non riusciresti a sopravvivere. Nel corpo quasi tutto viene automaticamente, e per settanta, ottanta o novant'anni lo strumento del tuo corpo funziona perfettamente. Sì, qualche volta ti ammali, qualche volta non stai bene, qualche volta soffri di questo o di quello, ma non significa niente. Di fronte a uno strumento talmente complesso e delicato, qualsiasi malattia è irrilevante; il fatto stesso che tu esista è già un miracolo, essere a volte sano è già un miracolo.
Ma qualsiasi strumento si logora, persino il metallo si stanca – gli scienziati asseriscono che il metallo si stanca. Mentre ti parlo, si stancherà non soltanto il mio corpo, anche questo microfono si stancherà. Tutto si stanca e tutto ha bisogno di un po' di riposo.
Morire vuol dire semplicemente riposare, niente di più; il corpo si dissolve negli elementi, ritorna alla terra per riposare ma rinascerà di nuovo in migliaia di altri corpi, ritornerà alla vita. Non riesci a vedere che succede ovunque? Quando arriva la primavera gli alberi si riempiono di boccioli, poi i fiori appassiscono, ritornano alla terra. Poi arriva l'autunno, le foglie cadono al suolo e diventano concime: entreranno a far parte del ciclo vitale di qualche altra pianta, faranno parte di un altro albero, torneranno a godere del sole, torneranno a godere del vento, della luna, delle stelle, torneranno a sorridere, a ridere, a cantare la loro canzone – gli uccelli torneranno fra i loro rami e le persone potranno goderne la vista.
È un ciclo che continua a ripetersi. La vita è un'alternanza di azione e riposo, azione e riposo. La vita non è soltanto ciò che tu chiami vita; anche la morte fa parte della vita. La morte non è la fine della vita, è parte della vita; infatti, è grazie alla morte che la vita può esistere, perché tramite la morte la vita entra in una fase di riposo dove si ricarica di energia e vitalità prima di tornare. È come andare a dormire quando cala la notte: è così, dormire è una piccola morte; muori per alcune ore. Se di notte dormi bene, la mattina seguente sei fresco, ringiovanito, nei tuoi occhi c'è di nuovo una scintilla, i tuoi piedi sanno nuovamente danzare, ti senti nuovamente pieno di gioia e di brio. Se invece non hai dormito bene, ti sentirai stanco.
Quindi impara a vivere bene e morire bene. Quando è il tuo momento di morire, muori totalmente così quando rinasci, rinascerai pieno di vitalità. E, in definitiva, perché preoccuparsi della morte, allora? Sei passato attraverso molte morti, ma non ti interessano più. Chissà, potresti essere stato Alessandro Magno… Ci sono in giro tanti pazzi: forse sei stato Gengis Khan opere Adolf Hitler… qui ci sono tanti tedeschi! Chissà?
A questo mondo succede di tutto, ma tu non ti preoccupi. Anche se qualcuno ti dicesse che sei stato Alessandro Magno, diresti che la cosa per te non significa niente. Cosa importa infatti? Ma mentre eri Alessandro Magno, ti importava, e avevi il terrore della morte.
Morirai, e allo stesso tempo non morirai. Il corpo si stanca, la mente si stanca, l'ego si stanca… e la realtà dentro di te, il vero padrone – la consapevolezza – fa un balzo, cerca di trovare un altro capo, di entrare un altro utero e continuare il suo viaggio.
Poi arriva un momento in cui ti senti stanco di questi continui cicli della vita. Inizi sentendoti stanco di un ciclo, ma poi ne cominci un altro al quale ne segue un altro e un altro ancora – ruota della vita dopo ruota –, ma arriva un momento in cui diventi sempre più cosciente di quello che accade. Ti senti stanco, non soltanto di quella vita, ma della vita in sé, di questo costante andare e venire, quello che gli hindu chiamano awagaman: andare e venire.
Il giorno in cui ti stanchi sul serio di questo andare e venire, diventi una persona religiosa. Un nuovo elemento è entrato nella tua consapevolezza, un nuovo raggio di luce, è il momento in cui cominci a pensare al nirvana.
Normalmente la morte significa terminare una vita così che tu possa iniziarne un'altra; il nirvana è liberarsi di tutte le vite e non dover più vivere in quanto individuo – inizi a vivere in quanto universo, inizi a vivere in quanto essenza divina. Allora non c'è più bisogno di tornare di nuovo ad abitare un corpo, una mente, un ego.

Nessun commento:

Posta un commento