lunedì 1 aprile 2024

PIÙ SEI PRESENTE, PIÙ IL CIELO DIVENTA TUO


Da Con te e senza di te di Osho, Mondadori editore: “Quando cammini, osserva il tuo cammino, quando mangi, osserva il tuo mangiare; quando fai la doccia, osserva l'acqua fredda che scende su di te, la sensazione che ti dà, il freddo, il brivido che corre lungo la tua schiena… osserva ogni cosa: oggi, domani, sempre
Arriverà un momento, alla fine, in cui sarai in grado di osservare anche il tuo sonno. Quello è il momento culminante dell'osservazione. Il corpo si addormenta e all'interno c'è un osservatore che resta sveglio, che guarda in silenzio il corpo profondamente addormentato. Quello è il culmine dell'osservazione. Ora come ora accade esattamente l'opposto. Il corpo è sveglio, ma tu sei addormentato. Nell'altro caso tu sarai sveglio e il corpo sarà addormentato. 
Il corpo ha bisogno di riposo, ma la consapevolezza non ha bisogno di sonno. La tua consapevolezza è la tua presenza consapevole, è l'essere desti: quella è la sua vera natura. Il corpo si stanca perché vive sotto la legge della gravità… 
Ma la consapevolezza non è sottoposta alla legge della gravità; per questo non si stanca mai. La gravità non ha potere sulla consapevolezza, perché quest'ultima non è una roccia, non ha peso. È sottoposta a una legge totalmente diversa: la legge della grazia o, come è nota in Oriente, la legge della levità. «Gravità» vuol dire spingere verso il basso, «levitazione» spingere verso l'alto. 
Il corpo è continuamente spinto verso il basso. Ecco perché alla fine dovrà giacere nella tomba. Quello sarà il suo riposo autentico: polvere alla polvere. Il corpo è tornato alla sua fonte, l'agitazione è finita: adesso non ci sono più conflitti. Gli atomi del tuo corpo conosceranno il riposo solo nella tomba. 
L'anima si eleva sempre più in alto. Man mano che diventi più consapevole, più sei presente e osservi e più cominci ad avere delle ali… e poi tutto ilcielo diventa tuo. 
L'uomo è un punto di incontro tra Terra e Cielo, tra anima e corpo. 
 

lunedì 7 marzo 2022

L'ETERNO RITORNO DELLA STORIA



Per quanto ci si sforzi di mantenere un giudizio distaccato, equilibrato, attento a tutte le posizioni, è difficile non cedere alla repulsione e alla rabbia nel vedere i crimini perpetrati dal nuovo zar russo in terra ucraina. Frutto di una mente malata, paranoica, depressa, anaffettiva (basta vedere l'assenza di luce nei suoi occhi), iperegoica all'estrema potenza, priva di intrinseca felicità (idem per gli occhi), certamente, ma anche causa della sofferenza più estrema di milioni di persone e minaccia per la pace mondiale. Per colpa sua siamo sull'orlo di una guerra mondiale che, con ogni probabilità, potrebbe essere nucleare e segnare così, forse, la distruzione del pianeta e del genere umano. Una follia solo a pensarci. Ma una realtà che potrebbe compiersi a causa dei deliri di onnipotenza di questo signore che, lo deve sapere, prima o poi farà la stessa fine tragica e ben meritata dei più spietati dittatori del passato, e verrà ricordato dalla storia non come uno zar sanguinario come ne ha annoverati la sua pur magnifica e gloriosa terra, ma addirittura come l'Hitler del XXI secolo. È solo questione di tempo: la storia lo ha dimostrato, la storia farà in modo che si ripeta. E forse sarò lo stesso piccolo Hitler che sta crescendo a decretare la propria fine. Una mente malata come la sua è predisposta anche a questo. Che distrugga o no, prima, il genere umano. 
Dal punto di vista karmico, lo zar sta preparando per sé qualcosa di terribile, forse una regressione di migliaia di vite per la sua anima. E non solo per sé, ma anche per il suo Paese. Se la Terra sopravviverà, ci vorranno secoli perché la Russia possa cancellare questa orribile macchia dalla memoria delle generazioni che veranno. Ancora adesso i tedeschi sono visti con sospetto dagli altri europei, non certo con simpatia. 
E per quanto riguarda il patriarca della Chiesa ortodossa russa, sorprende e indigna la sua difesa del nuovo Hitler. Non esistono giustificazioni di sorta per le sue sanguinose azioni. E in questo che dovrebbe essere ministro di Dio e di Gesù, bisogna ammettere che non c'è niente di cristiano. Un terribile karma aspetta anche lui. Che per cominciare dovrebbe lasciare per sempre la Chiesa ortodossa, per non continuare a infangarla, e andare ad asciugare il sangue delle vittime ucraine. Vergogna anche per lui! 

           

giovedì 11 febbraio 2021

COME ENTRARE IN CONTATTO CON LA VERA ESSENZA DELLE COSE



La saggezza interiore è solo un'utopia, un luogo comune, qualcosa che vorremmo tanto avere, però semplicemente illudendoci? Se esaminiamo più a fondo la natura (divina) dell'essere umano, possiamo arrivare a una conclusione completamente diversa, a una conferma che nel profondo della nostra coscienza spesso abbiamo davvero le risposte più efficaci ai nostri interrogativi, soprattutto a quelli che riguardano la nostra esistenza, i nostri affetti, le nostre passioni, le nostre scelte più importanti e così via. 
Ce ne parla il grandissimo leader spirituale, attivista per la pace e poeta vietnamita Thic Nhat Hanh (foto in alto) nel suo volumetto Camminando con il Buddha - Zen e felicità, Oscar Mondadori, di cui trascrivo qui un breve passo esplicativo che mi piace condividere con voi. Ecco che cosa dice nel paragrafo 5, intitolato “Percezione e realtà”. 

“La coscienza deposito ci offre un accesso diretto alla realtà, alla vera natura delle cose. È là alla radice, nella coscienza deposito di ognuno di noi, che si trova quella saggezza di fondo che è capace di entrare in contatto diretto con la realtà. La coscienza deposito ha accesso a tutte le informazioni che contiene, alla totalità dei semi che vi si trovano. Spesso, però, quando facciamo esperienza di qualcosa tramite uno dei sensi proviamo sensazioni precondizionate di attaccamento o di avversione in base alle esperienze precedenti, dunque classifichiamo le cose sistemandole nei vari “contenitori” che abbiamo nella coscienza deposito. 
La percezione di una cosa tende a basarsi sulle esperienze precedenti. In passato abbiamo fatto esperienza di questo o di quello: è con quell'esperienza che paragoniamo ciò che incontriamo nel presente, sentendo di riconoscerlo. In altre parole, noi dipingiamo l'informazione del momento dei colori che abbiamo già dentro; il più delle volte, questo ci impedisce di avere accesso diretto alla realtà. 
Nel mare ci sono ostriche che vivono abbastanza in superficie, raggiunte da un po' della luce di cui godiamo anche noi che viviamo fuori dall'acqua. Le ostriche, però, non possono vedere il blu del mare. Noi esseri umani camminiamo sul pianeta: alzando lo sguardo vediamo le costellazioni, le stelle, la luna, il cielo azzurro; abbassando lo sguardo vediamo il mare blu. Ci consideriamo esseri superiori alle ostriche, dunque, abbiamo l'impressione di vedere ogni cosa e sentire ogni cosa. Di fatto, però, anche noi siamo un po' come le ostriche: abbiamo accesso solo a una parte limitata della realtà. 
Gran parte della nostra i capacità di entrare in contatto con la realtà deriva dall'ignoranza di sé, atma avidya.  Non riusciamo a vedere che il “sé” è fatto di elementi di non-sé. Finiamo per farci molti complessi su noi stessi proprio a causa dell'attaccamento all'idea di un “sé” , un “io”. Pensiamo di essere superiori a qualcun altro, o inferiori, o uguali; cadiamo preda dell'amore per noi stessi, di manas. È per questo che la coscienza manas è stata soprannominata “l'amante” o “l'innamorato”: è un innamorato pieno di illusioni sulla persona che ama. Manas funge da base per l'attaccamento. Quell'amore per noi stessi ci rende molto difficile percepire la realtà con accuratezza; pensa a quando hai una cotta per una persona: in realtà non l'ami, ti crei un'immagine di lei e ami quell'immagine. L'oggetto del nostro amore non è “la cosa in sé”, non è svalaksana: è una rappresentazione mentale della realtà, non la realtà in sé. Questo vale quando guardiamo una montagna, Parigi, una stella o un'altra persona: di solito abbiamo a che fare con una rappresentazione, samanya
Manas vive nella sfera dell'illusione. La coscienza mentale e la coscienza sensoriale, proprio come la coscienza deposito, sono in grado di entrare in contatto con la realtà in sé. Occorre un certo allenamento, però, perché la maggior parte di noi ha perduto quella capacità. La buona notizia è che con la pratica della presenza mentale possiamo recuperare la capacità di entrare in contatto con la vera essenza della realtà. Spesso la coscienza sensoriale può entrare in contatto diretto con la realtà: le nostre coscienze visive, uditive, olfattive, gustative e tattili-propriocettive non utilizzano né inferenze né analisi. Questa modalità diretta si chiama pratyaska pramana. Quando guardi una nuvola, non hai bisogno di pensare o ragionare, di usare inferenze o deduzioni: conosci e basta. 
La nostra coscienza mentale è in grado anche di entrare in contatto con la realtà tramite il ragionamento, anumana pramana. La mente può usare il ragionamento discorsivo, l'induzione, la deduzione e l'inferenza. Se si vede del fumo levarsi in lontananza, per inferenza si deduce che laggiù ci sia un fuoco, perché senza fuoco non può esserci fumo. 
La percezione diretta, però, alle volte è fallace: capita di essere sicuri di aver udito una cosa, per esempio
il pianto di un bambino, mentre in realtà è un'altra cosa, il miagolio di un gatto. Sono i nostri preconcetti a esporre la coscienza sensoriale al rischio di essere fuorviata. 

La conoscenza è un ostacolo alla conoscenza

Anche la percezione indiretta tramite ragionamento è spesso scorretta. Ciò che più di frequente ci impedisce di entrare in contatto con la realtà nella sua vera essenza è proprio la nostra stessa conoscenza. Per questo è importantissimo lasciar andare le nostre convinzioni. La conoscenza ostacola la conoscenza. Se il vostro modo di pensare è dogmatico, sarà difficilissimo per voi ricevere nuove intuizioni, concepire nuove teorie e nuove modalità di comprensione del mondo. Il Buddha ha detto: «Considerate i miei insegnamenti una zattera per aiutarvi a raggiungere l'altra riva». Quel che vi occorre, dunque, è una zattera per attraversare il fiume, per arrivare sull'altra riva; non vi serve una zattera da adorare, da caricarvi in spalla e da portare in giro, fieri di possedere la verità. 
Il Buddha ha detto che «perfino il Dharma va buttato via, per non parlare del non-Dharma». A volte si è spinto oltre, dicendo che il proprio insegnamento è come un serpente: è pericoloso, se non si sa come prenderlo si finisce per farsi mordere”.  

sabato 18 luglio 2020

OSHO: LA MORTE? PER CHI LA VIVE IN CONSAPEVOLEZZA NON ESISTE


Mirabili, significative, e fondamentali per chiunque, le disquisizioni sulla realtà (o l'illusione) della morte, quelle di Osho in La voce del mistero. Le rileggo spesso e ogni volta cerco di farle sempre più mie. E vorrei provare qui a farle anche vostre. Eccovene una (ricca) selezione.

La consapevolezza della morte… Se un uomo riesce a morire in stato di consapevolezza, per lui la morte non esiste più. In altre parole, se un uomo riesce a restare consapevole nell'istante della morte, scopre di non morire affatto; la morte gli si manifesta come illusione. Tuttavia che la morte si riveli un'illusione non vuol dire che resti davvero un'illusione. Piuttosto, quando una persona muore in stato di totale consapevolezza, scopre che la morte non esiste affatto. A quel punto si rivela semplicemente una menzogna.
Ma per te è naturale chiedere: «Chi si illude?». Hai ragione nel dire che non può essere il corpo, perché come può il corpo illudersi? Né può essere l'anima, perché l'anima non muore mai. Allora, chi si illude? Naturalmente, non è né il corpo né l'anima. In realtà, non è mai l'individuo che prova l'illusione della morte; l'illusione della morte è un fenomeno sociale. Questo va capito con precisione.
Quando vedi morire un uomo, pensi che sia morto. Ma poiché tu non sei morto, non hai il diritto di crederlo. È molto stupido da parte tua concludere che sia morto. Tutto ciò che dovrei dire è: «Non posso determinare se sia la stessa persona, nella stessa forma, che conoscevo prima». Dire qualcosa di più è pericoloso, è valicare i limiti del lecito.
Si dovrebbe dire solo questo: «Fino a ieri quell'uomo parlava, adesso non parla più; prima camminava, adesso non cammina più. Quella che fino a ieri ritenevo essere vita non esiste più; la vita che ha vissuto fino a ieri è scomparsa. Se c'è una vita dopo la vita, che la viva; altrimenti, sia ciò che deve essere». Ma dire: «È morto» è spingersi troppo in là, è andare oltre i limiti. Ci si dovrebbe limitare a dire: «Non è più vivo». La vita che gli si riconosceva, ora non c'è più.
Questa affermazione negativa è corretta: ciò che noi sapevamo essere la sua vita – le sue lotte, i suoi amori, il suo mangiare, il suo bere – non esiste più, mentre dire che è morto è fare un'affermazione troppo positiva.
… Noi che non siamo morti, che non abbiamo conoscenza della morte, ci raduniamo intorno a quella persona e sentenziamo che è morta. La folla determina la morte di un individuo senza nemmeno chiederglielo, senza nemmeno ascoltarlo come testimone!… Segui quello che sto dicendo? La morte è un'illusione sociale.  Non è l'illusione di quell'uomo: la sua illusione è di tipo completamente diverso.
La sua illusione non è di morire. La sua illusione è questa: come può aspettarsi di restare consapevole nell'istante della morte, dopo aver vissuto tutta la vita nell'incoscienza?
… Pensi che chi non è in grado di scorgere la vita nemmeno nel suo stato di veglia, sarà capace di vedere cos'è la morte? Di fatto, non appena la vita scivola dalle sue mani, in quell'istate si perderà in un sonno profondo. La realtà è che all'esterno noi abbiamo la sensazione che sia morto, ma questa è una decisione della società, ed è sbagliata. Qui il fenomeno della morte viene determinato da chi non è qualificato per farlo. Nessuno, nella folla, è un buon testimone, perché nessuno ha visto davvero morire quell'uomo. Nessuno ha mai visto morire una persona! L'atto del morire non è mai stato testimoniato da nessuno.
… Una persona che ha sempre pensato che la propria vita consistesse nel mangiare, bere, dormire, andare in giro, litigare, amare, stringere amicizie e creare inimicizie, nell'istante della morte scopre all'improvviso che questa vita le sta scivolando dalle mani. Ciò che aveva compreso come vita non era affatto tale. Non erano altro che azioni, visibili alla luce della vita.
… Per cui quell'uomo pensa di morire, che la vita è persa per sempre. Ha visto morire in precedenza altra gente, e l'illusione sociale che l'essere umano muoia si è fissata nella sua mente.
…Si vede circondato dai suoi cari, dalla famiglia e dai parenti che piangono amaramente… Adesso è certo della sua morte; l'illusione sociale di stare morendo si radica nella sua mente. Gli amici e i parenti intorno a lui cominciano a formare un incantesimo ipnotico.
… Questo è ipnotismo sociale. L'uomo adesso è completamente persuaso di stare morendo, di andarsene. Questa ipnosi di morte lo renderà inconsapevole, spaventato, terrorizzato; si ritirerà e la sua sensazione sarà: «Sto per morire, sto per morire. Cosa devo fare?». Travolto dalla paura chiuderà gli occhi, e in quello stato di angoscia diventerà incosciente.
… Se hai mai avuto un'esperienza di meditazione, se hai mai intuito di essere separato dal corpo, se la sensazione di esserne distinto è scesa in profondità dentro di te, anche solo per un attimo, quando la morte arriverà non sarai inconsapevole. Di fatto, a quel punto, la tua inconsapevolezza si sarà già spezzata. Sarai in grado di morire consapevolmente.
Essere in grado di morire consapevolmente è una contraddizione in termini. Nessuno muore consapevolmente, coscientemente, perché per tutto il tempo resta consapevole che non sta morendo; qualcosa sta cessando, ma non lui. Continua a osservare la propria separazione dal corpo, e alla fine scopre che esso giace lontano da lui. Allora la morte si rivela non essere altro che una separazione, la rottura di un legame. È come se io uscissi da questa casa e i suoi abitanti, ignari del mondo esterno, venissero alla porta e mi dessero un addio in lacrime, pensando che l'uomo che sono venuti a salutare debba morire.
… Quindi, per chi muore consapevolmente, la morte non esiste; per una persona simile il problema della morte non si pone.
… La verità è che una persona meditativa, che abbia fatto qualche progresso nella meditazione, per molto tempo non capisce di essere morta. Vede la gente intorno a sé e si chiede perché stia piangendo. I preparativi per cremare il suo corpo, o per seppellirlo, servono solo a ricordare che non è più vivo, che non è più la stessa persona.
Questo è il motivo per cui, nel nostro paese, bruciamo tutti i corpi eccetto quelli dei sannyasin. L'unico motivo è che, se il cadavere fosse preservato, lo spirito potrebbe continuare a vagarvi intorno per molti mesi, pensando che non sia morto e cercando di rientrarvi. Conservare il corpo vuol dire creare un piccolo ostacolo per il suo nuovo viaggio. Lo spirito vagherebbe inutilmente; per questo si usa cremare immediatamente i corpi, in modo che, nel luogo della cremazione, lo spirito possa vedere che tutto è finito, che quello che pensava essere il suo corpo non esiste più. Lo spirito comprende di non avere più alcun legame con il corpo, che il ponte è rotto.
… Solo i corpi dei sannyasin non vengono ma cremati, perché un sannyasin sa già di non essere il corpo. Quindi non c'è problema nel conservare il corpo di un sannyasin in una tomba.
…  È possibile morire in stato di consapevolezza solo se sei vissuto in stato di consapevolezza. Se hai imparato come vivere consciamente, certamente riuscirai a morire consciamente, perché morire è un fenomeno della vita, accade nella vita. In altre parole, la morte è l'evento finale di quella che tu credi essere la vita.
… Di solito, vediamo la morte come qualcosa di esterno alla vita, come una sorta di fenomeno opposto a essa. No, in realtà la morte è l'ultimo di una serie di eventi che accadono nella vita. È come un albero che porta i suoi frutti. Prima il frutto è verde, poi comincia a diventare giallo e lo diventa sempre di più fino a quando, infine, è completamente giallo e cade dall'albero.
… La caduta del frutto dall'albero non è un evento a parte; al contrario, è il culmine dell'ingiallimento, della maturazione attraverso cui è passato. E cosa stava accadendo quando il frutto era verde? Si stava preparando a quello stesso fenomeno finale. E lo stesso processo avveniva quando non era ancora fiorito sul ramo, ma era nascosto al suo interno. Anche in quello stato si stava preparando all'evento finale. E che dire di quando l'albero non si era ancora manifestato, ma era racchiuso nel seme? Era in corso la stessa preparazione. E di quando questo seme non si era ancora formato, ma era celato all'interno di un altro albero? Era in atto lo stesso processo.
Quindi l'evento della morte è parte di una catena che appartiene allo stesso fenomeno. L'evento finale non è un termine, ma solo un distacco. Una relazione, un ordine, viene sostituito da un'altra relazione, da un altro ordine.
Nirvana vuol dire essere consapevoli che ciò che definiamo come morte non è affatto una morte, e che quella che definiamo vita non è realmente una vita… Nirvana indica la comprensione assoluta di queste due realtà.
Se tu sai solo che la morte non esiste, continuerai a rinascere. La vita, in un certo senso, andrà avanti, e tu avrai conosciuto solo la metà della verità. Il desiderio di vivere ancora, di avere un altro corpo, di rinascere un'altra volta, sopravviverà. Il giorno in cui arriverai a conoscere l'altra metà della verità, il giorno in cui conoscerai la verità nella sua interezza, vale a dire che la vita non è vita, e la morte non è morte, quel giorno avrai raggiunto il punto di non ritorno. Allora il problema di ritornare non si porrà.
… Il tuo ultimo pensiero in punto di morte è la quintessenza di un'intera vita di settanta, ottant'anni; diventerà il tuo potenziale per la prossima vita, sarà l'eredità che ti porterai appresso nella prossima nascita. Lo puoi chiamare karma, desiderio, samsara, condizionamento o come vuoi: non fa differenza. Meglio sarebbe definirlo un programma incorporato nella tua vita, applicabile nel futuro.
… Nel momento della morte si salva ciò che è importante e si abbandona ciò che è superfluo; quello che non ha valore verrà meno, mentre quello che ha significato verrà impacchettato in un fagotto che ti porterai appresso: diventerà immediatamente la base del tuo viaggio, il tuo programma incorporato. Adesso ti avvierai in un nuovo viaggio, e la tua nascita futura avverrà conformemente a questo programma. Sarà un nuovo viaggio, un nuovo corpo, una nuova sistemazione. E ciò si verifica con assoluta scientificità.
Pertanto, nirvana vuol dire che una persona è arrivata a conoscere che la morte non è veramente morte, né la vita è vita. Una volta comprese entrambe le cose, non resta più alcun programma incorporato. La persona è libera dai programmi, dall'essenziale e dall'inessenziale: è pronta ad andare da sola, come il volo solitario di un uccello. Si lascia alle spalle ogni cosa: i soldi e il tempio. Si libera tanto dei debiti che deve agli altri quanto di quelli che gli altri hanno verso di lei. Si astiene sia dalle buone azioni sia da quelle cattive. In realtà, si astiene da tutto.
… Kabir dice: «Ho indossato il mio mantello con grande amore e l'ho messo da parte così come l'ho trovato, senza sciuparlo affatto». In una situazione del genere non può esservi alcun programma prestabilito per il futuro, perché la persona lascia tutto allo stato verginale: non sceglierà né salverà nulla, ma trascenderà ogni cosa. Senza nutrire un solo desiderio per alcunché, abbandonerà tutto ciò che ha guadagnato in vita. Ecco perché Kabir dice: «O cigno, alzati per il tuo volo solitario». Adesso il cigno, la sua anima, sta partendo da solo, senza nessuno, né amici né nemici, né buone né cattive azioni, né scritture né dottrine: nulla.

mercoledì 15 luglio 2020

È NELL'AURA IL NOSTRO BLUETHOOTH INTERNO



Anche noi abbiamo un bluetooth “incorporato” che fa di noi esseri in grado di porsi in contatto con le realtà esterne.  Ce lo spiegano molto bene Manuela Pompas e Carlo Biagi nel loro libro Aura, la luce dell'anima - Manuale di autoguarigione, Sperling & Kupfer Edizioni. Ecco che cosa hanno scritto:

L'aura indica contemporaneamente sia l'intero campo energetico che avvolge e compenetra il fisico, cioè l'insieme dei corpi sottili, sia l'alone emanato dai singoli involucri. Essa esprime il concetto di forze o campi energetici ed è un'interazione tra l'energia cosmica e quella individuale, o ancora tra individuo e individuo. In questo caso noi trasmettiamo o riceviamo una serie di informazioni per mezzo della nostra aura o di quella di chi avviciniamo; questo è ciò che avviene per esempio quando si prova compassione, empatia o transfert fisico (cioè il sentire le stesse emozioni o lo stesso dolore di chi ci sta di fronte), fenomeni in cui si recepisce lo stato emozionale del prossimo. Più si sviluppa la sensibilità e più facilmente si assorbono le energie del prossimo, che permangono nell'aura finché non si scaricano spontaneamente o grazie a tecniche apposite (quali una doccia o una passeggiata in mezzo alla natura, la pulizia con esercizi di visualizzazione e di meditazione, o con un magnete): questo meccanismo di scambio di energie spiega sia il fenomeno di possessione sia perché quando si entra in un ospedale o si vive accanto a una persona malata o depressa ci si sente spossati, privati (sarebbe più giusto dire «vampirizzati») della propria energia.
D'altronde non possiamo dimenticare che tutto è energia: sia la materia, che a noi appare solida e fissa per un'illusione ottica, sia le emozioni, i sentimenti, i pensieri. Possiamo allora renderci conto che l'umanità è immersa in un oceano di energia, che permette l'interazione tra individuo e individuo. Quest'immagine ci porta addirittura a un altro concetto, secondo il quale noi siamo in realtà cellule di un intero organismo vivente, l'universo, che secondo la visione orientale non è  altro che il corpo di Dio.
…  Ogni essere umano è circondato da questo alone di luce, che è la manifestazione dell'energia vitale, percepibile come quella più ampia connessa al magnetismo terrestre: se non siamo capaci di vederla o di captarla è solo perché siamo stati abituati a percepire solo l'aspetto materiale delle cose e ci siamo dimenticati che il nostro essere è in grado di percepire anche altri livelli di realtà, che appartengono sia al piano fisico sia alle dimensioni dell'anima.
… Vedere l'aura senza l'ausilio di strumenti significa percepire una corporea con i propri occhi, come avviene nell'esperienza del veggente o in quella del mistico. Oppure vi è la strada del Reiki o del Therapeutic Touch, due discipline che insegnano a sentire l'aura con le mani.
… Per vedere i corpi sottili è necessario attivare la chiaroveggenza legata soprattutto all'Ajna chakra, comunemente chiamato «terzo occhio».

sabato 11 luglio 2020

SANTA SOFIA DI NUOVO MOSCHEA. MOSSA SBAGLIATA DI ERDOGAN


Il “sultanino” Recep Tayyip Erdogan sta cercando di mettere insieme il suo immaginario puzzle di impossibile e irrealizzabile ricostruzione dell'Impero Ottomano. Ha creato le condizioni perché il Consiglio di Stato turco annullasse il decreto del 24 Novembre 1934 dell'allora illuminato (quello sì!) presidente Mustafa Kemal Atatürk (ovvero “padre dei Turchi”, non a caso) che trasformava la moschea Santa Sofia di İstanbul in un museo. E adesso che ha ottenuto il suo scopo si è precipitato a firmare il relativo decreto, annunciando che nella Basilica la prima preghiera islamica dopo 86 anni avverrà il prossimo 24 Luglio. La riconversione in moschea del monumento simbolo di İstanbul è “un diritto sovrano” della Turchia, ha affermato nel suo discorso alla Nazione. Che, in gran parte è d'accordo con il “sultanino”, tanto da affermare che la Basilica non avrebbe mai dovute essere trasformata in museo (dimenticando in fretta e furia tutto il saggio processo di laicizzazione operato da quello che invece, fino a pochi anni fa, era venerato come il “padre dei Turchi”). Ma tant'è. Il mito dell'uomo forte è duro a morire, in qualunque parte del mondo, non solo in Italia!
Con questa mossa di islamizzazione globale della Turchia (in spregio alle minoranze religiose come quella ortodossa soprattutto, o come quella di religione ebraica, ai tempi dei veri sultani ben accolte sul suolo turco e in particolare a İstanbul), Erdogan ha suscitato l'irritazione non solo dell'Europa, ma anche dell'Unesco, organizzazione che aveva decretato Santa Sofia patrimonio dell'umanità.
Ma il “sultanino” vuol fare sempre la voce grossa, creandosi così nemici ovunque nel mondo, perfino, come sappiamo, tra gli storici alleati Stati Uniti d'America. E si dimostra così molto meno lungimirante di Atatürk, che già all'inizio del secolo aveva forse un obiettivo più importante e intelligente che la ricostituzione dell'antico e anacronistico Impero Ottomano: quello di un'integrazione all'interno della comunità degli Stati Europei per promuovere un'effettiva modernizzazione della sua Nazione, all'epoca molto arretrata. Così, invece, Erdogan ha messo un altro tassello alla probabilissima, anzi inevitabile, esclusione della Turchia dall'Unione europea.
Forse sarà anche vero che, come dice lui stesso, non ci saranno più biglietti da pagare per l'ingresso ai turisti “come in tutte le altre moschee” ma, adesso che Santa Sofia sta per essere posta sotto l'amministrazione della Diyanet, l'autorità statale per gli affari religiosi che gestisce tutte le moschee della Turchia, bisognerà vedere quanti turisti potranno, e soprattutto vorranno, continuare ad ammirare di persona la splendida architettura e i meravigliosi mosaici bizantini che Santa Sofia conserva al suo interno. Erdogan sta allontanando a passi da gigante la Turchia dall'Occidente. E tanti turisti europei andranno verso altre mete dove non vige un superato e sterile ideologismo religioso. Ma se lui è felice così…
La Basilica di Santa Sofia, che porta splendidamente i suoi quasi 1500 anni di età, fu la chiesa più importante del mondo bizantino, in realtà dedicata non a una santa, ma a un concetto astratto, quello della Divina Sapienza (Haghìa Sophìa). Il primo edificio fu costruito per volere dall'imperatore Costantino I, secondo la tradizione, e dedicato a Gesù Cristo il Salvatore. Fu distrutto da un incendio e al suo posto venne edificata una nuova chiesa per volere di Teodosio II, che la inaugurò nel 415, ma che fu a sua volta distrutta da un nuovo incendio durante la rivolta di Nika contro l'imperatore Giustiniano I, nel 532. Per volere di Giustiniano e di sua moglie, l'imperatrice bizantina Teodora, la Basilica venne ricostruita sulle sue ceneri molto più grande e maestosa delle precedenti, e inaugurata il 26 Dicembre del 537. Per eseguire la ricostruzione, furono chiamati a lavorare ben 10 mila operai e 100 capomastri. Per rivestire le pareti e le colonne, affrontando spese ingentissime Giustiniano fece giungere da varie province dell'impero cumuli d'oro e una grande varietà di marmi: il bianco da Marmara, il nero dalla regione del Bosforo, il verde dall'isola di Eubea, il rosa dalle cave di Synnada e il giallo dall'Egitto. Inoltre fece recuperare colonne ellenistiche e ornamenti dai templi di Diana a Efeso, Atene e Delfi, e di Osiride in Egitto.
Il lavoro fu affidato a due architetti greci: Isidoro di Mileto, all'epoca a capo dell'Accademia platonica di Atene, e il matematico e fisico Antemio di Tralle. I princìpi di costruzione sui quali i due basarono gli studi di preparazione all'opera erano ispirati al Pantheon di Roma e all'arte paleocristiana.
La navata centrale è di 70 m per lato, mentre la cupola centrale, con i suoi 30 m di diametro e i 56 m di altezza, risulta una delle più ampie al mondo. Sulla circonferenza, le 40 finestre ad arco formano una corona di luce che sembrano farla galleggiare sopra la Basilica.
Santa Sofia fu trasformata in moschea per volere di Mehmet II durante la presa della città di Costantinopoli da parte degli Ottomani nel 1453. I conquistatori musulmani coprirono i mosaici murali e le loro splendide icone con un intonaco di calce, costruirono i quattro minareti ai rispettivi lati, e comunque affascinati dalla maestosità dell'edificio si servirono, poi, del suo modello di architettura come fonte di ispirazione per la moschee che vennero costruite in seguito.
Ben visibili all'interno sono i quattro grandi pannelli rotondi in pelle di cammello appesi nell'Ottocento, opera del calligrafo Kazasker İzzed Effendi, che in lettere d'oro riportano i nomi del primi quattro califfi (Abu Bakr, Umar, Uthman e Ali) e che si aggiungono ai medaglioni dedicati ad Allah, al profeta Maometto e sui suoi due nipoti: Hassan e Hussein.
Nel 1934, appunto, Mustafa Kemal Atatürk  la trasformò in un museo. Fece togliere dal pavimento i tappeti che nascondevano gli splendidi mosaici marmorei, e l'intonaco bianco che impediva la vista dei grandiosi mosaici murali bizantini. Che adesso verranno in qualche modo di nuovo nascosti, perché l'islam vieta qualunque forma di iconografia sacra. Ma non è grave: moltissimi turisti d'ora in poi si accontenteranno di ammirarli mediante le fotografie scattate in tutti questi anni, senza scomodarsi per volare fino a İstanbul. E comunque continueranno a considerarla per sempre una Basilica cristiana, nonostante gli antichi sultani e il nuovo “sultanino”. Che non sono riusciti e non riusciranno mai a costruire una meraviglia come questa.


sabato 18 aprile 2020

IL VIRUS È SFUGGITO DA UN LABORATORIO? HA ATTECCHITO PER COLPA DEL CLIMA?



Troppe reticenze, troppi atteggiamenti ambigui da parte della Cina sul Coronavirus. Da quando ha cercato di tenere nascosto l'insorgere dell'epidemia e messo alla berlina il medico che avvertiva sulla sua pericolosità (e per questo poi si è suicidato!), fino all'ultimo atto, quello di riconoscere il doppio di decessi a Wuhan, "non per nascondere la situazione, ma per errori di calcoli statistici". Paradossale veramente. Qualche dubbio, allora, può nascere sulla veridicità o meno che riguarda il cosiddetto complottismo, che addita a un laboratorio cinese (guarda caso di Wuhan!) la colpa di aver creato un virus poi sfuggito al controllo, e che da lì ha invaso il mondo. Non a caso c'è chi avanza l'ipotesi di voler chiedere i danni alla Cina per il disastro umano ed economico che avrebbe causato.
In questo dibattito, ecco l'ultimo atto: una dichiarazione del professor Luc Montagnier, lo scopritore del virus Hiv, che ha riattizzato la discussione. La scienza si schiera contro questa ipotesi “complottista”. La potenza cinese (politica ed economica) fa paura? Ci sono interessi più o meno sommersi da difendere? Difficile scoprirlo. Ecco comunque in proposito un articolo dell'Huffington Post su cui riflettere.

Un “lavoro da apprendisti stregoni”, un errore umano mentre si cercava il vaccino contro l’Hiv, sarebbe stato alla base della diffusione del Coronavirus nel mondo. È la tesi - da più parti avversata - di Luc Montagnier, che nel 1983 scoprì il virus dell’Hiv.
Il professore, premio Nobel per la Medicina nel 2008, non è il solo ad alludere a questa possibilità. Prima della sua uscita pubblica, altri avevano avanzato il dubbio che il Coronavirus non fosse passato dal pipistrello all’uomo - come sostengono moltissimi scienziati - ma fosse sfuggito da un laboratorio. Nulla di volontario, dunque, nessuna arma biologica - e su questo concordano praticamente tutti gli esperti - ma un catastrofico errore.
Non ci sono prove che garantiscano una qualche certezza alla teoria della svista in laboratorio, è bene precisarlo. E sono tanti gli scienziati, anche in Italia, che si sentono di scartare questa ipotesi. Ma il dibattito sulla vera origine del virus va avanti, e si arricchisce ogni giorno di nuove opinioni. Non solo di addetti ai lavori. Ieri Mike Pompeo aveva ricordato la vicinanza tra l’istituto di Virologia di Wuhan e il wet market.
Pochi giorni fa il Washington Post ha pubblicato un articolo con cui si puntavano i riflettori su un laboratorio di Wuhan, città da cui è partita la pandemia che il mondo si trova oggi ad affrontare. Due anni prima che scoppiasse la pandemia da coronavirus, diplomatici dell’ambasciata americana a Pechino visitarono diverse volte l’istituto di virologia di Wuhan (Wiv) e rimasero così preoccupati da mandare in Usa due messaggi in cui sottolineavano le inadeguate condizioni di sicurezza del laboratorio, che conduceva rischiose ricerche sui pipistrelli. Queste informative, spiega il quotidiano, negli ultimi due mesi hanno alimentato discussioni nel governo americano. Oltreoceano ci si chiede, per l’appunto, se questo o un altro laboratorio a Wuhan possa essere la fonte del Covid-19.
L’autore dell’articolo del Wp scrive che un alto dirigente dell’amministrazione Usa gli ha detto che queste informative forniscono un ulteriore elemento di prova della possibilità che la pandemia sia frutto di un incidente. E sostiene che la versione di Pechino che il virus è emerso dal wet market di Wuhan è debole. A questo proposito fa riferimento alle ricerche di esperti cinesi pubblicate su Lancet, secondo cui il primo paziente noto di Coronavirus, identificato il primo dicembre, non aveva legami con il mercato e neppure oltre un terzo dei contagiati nel primo grande cluster. Ma se il Wp avanza degli interrogativi sul mercato di Wuhan, Montagnier arriva a parlare di “bella leggenda”. E si augura che la Cina ammetta quelli che lui definisce “errori”.
La tesi del premio Nobel per la Medicina 2008: “Virus manipolato, forse per un vaccino contro l’Hiv. È sfuggito in laboratorio”.
Non il wet market, ma un laboratorio sarebbe stato il teatro dove è iniziata la tragedia, nell’ultimo trimestre del 2019. Luc Montagnier lo ha sostenuto ai microfoni di Pourquoi Docteur. Il professore spiega di aver fatto uno studio sul tema e di non essere stato il solo a raggiungere queste conclusioni: “Con il mio collega, il biomatematico Jean-Claude Perez, abbiamo analizzato attentamente la descrizione del genoma di questo virus Rna. Non siamo stati primi, un gruppo di ricercatori indiani ha cercato di pubblicare uno studio che mostra il genoma completo di questo virus che ha all’interno delle sequenze di un altro virus, quello dell’Aids. Il gruppo indiano ha ritrattato dopo la pubblicazione. Ma la verità scientifica emerge sempre. La sequenza dell’Aids è stata inserita nel genoma del Coronavirus per tentare di fare il vaccino”.
Gli elementi alterati del virus andranno via man mano che si diffonderà, spiega ancora Montaigner: “La natura non accetta alcuna manipolazione molecolare, eliminerà questi cambiamenti innaturali e anche se non si fa nulla, le cose miglioreranno, ma purtroppo dopo molti morti”. Ci sarebbe addirittura una soluzione: “Con l’aiuto di onde interferenti, potremmo eliminare queste sequenze e di conseguenza fermare la pandemia. Ma ci vorrebbero molti mezzi a disposizione”.
E ancora: “Quindi la storia del mercato del pesce è una bella leggenda ma non è possibile che sia solo un virus che si è trasmesso da un pipistrello, probabilmente è questo che hanno modificato. Forse volevano fare un vaccino contro l’Aids utilizzando un Coronavirus come vettore di antigeni. Un lavoro da apprendisti stregoni si può dire. Perchè non bisogna dimenticare che siamo nel mondo della natura, ci sono degli equilibri da rispettare. La natura elimina la sequenza del genoma del Coronavirus”.
A chi gli chiede se non si tratti di complottismo risponde: “No, il complottista è quello che nasconde la verità. Credo però che in questo caso è il governo di Pechino che ha nascosto le cose. Ma la verità pero viene fuori come ho detto. Ma ‘Errare humanum est’, e non è il caso di fare accuse ora né di aprire inchieste. La Cina è un grande Paese e spero che sia in grado di riconoscere un errore”, ha concluso.
La replica degli scienziati: “Non ha senso”, “Mi pare fantasiosa”, “Nessuna prova”.
Immediata la reazione degli altri scienziati alle parole di Montagnier. Sul riferimento agli elementi estranei al virus Etienne Simon-Lorière, dell’Istituto Pasteur di Parigi dice: “Non ha senso. Sono dei piccoli elementi che si trovano in altri virus della stessa famiglia. È aberrante”. Giuseppe Ippolito, direttore scientifico dello Spallanzani, più che a Montagnier risponde a Mike Pompeo: “Il virus non cambia, è stabile e non ci sono prove che sia stato creato in laboratorio. Se Pompeo ha altri dati scientifici, se li faccia pubblicare e chieda all’epidemiologo Anthony Fauci di farseli validare”. Anche il vertice dell’Iss, Silvio Brusaferro, ha ricordato che non ci sono evidenze sul fatto che il virus sia uscito accidentalmente da un laboratorio. “Da un po’ di tempo Montagnier è un po’ fantasioso nell’ipotesi scientifica. In ogni caso non abbiamo evidenze” che avvalorino la tesi, ha spiegato Gianni Rezza, direttore Malattie infettive dell’Iss.
La figura di Montagnier, negli ultimi anni, è diventata controversa. 35 premi Nobel, nel 2012, ne hanno chiesto la rimozione da direttore del Circb di Yaoundé con una lettera scritta da Richard Roberts, biologo molecolare premio Nobel, che si dimise in polemica dal consiglio scientifico. Nel documento si accusava Montagnier di aver abbracciato teorie lontane dalla ricerca scientifica. Il premio Nobel si è avvicinato anche ai novax, sostenendo la più volte smentita correlazione con l’autismo.
Dall’Università Federico II di Napoli arriva intanto lo studio “Clima Wuhan come quello della Lombardia. Virus si diffonde di più a certe temperature”, che mette in correlazione clima e diffusione del virus. La stagione invernale 2020 nella regione di Wuhan è stata molto simile a quella delle province del Nord Italia di Milano, Brescia e Bergamo, dove la pandemia, tra febbraio e marzo, è stata devastante. Ciò fa ipotizzare che il contagio sia più forte in presenza di temperature comprese tra i 4 C e gli 11 °C. È una delle conclusioni che emergono dallo studio su condizioni meteo e COVID-19 del professor Nicola Scafetta del Dipartimento di Scienze della terra, dell’ambiente e delle risorse dell’Università Federico II di Napoli, dove si individua una correlazione tra la diffusione del COVID-19 a livello mondiale e le condizioni meteo.
Sono state prodotte specifiche cartine del mondo isotermiche, allo scopo di localizzare, mese per mese, le regioni del mondo con variazioni di temperatura simili tra loro. Da gennaio a marzo, la zona isotermica che va principalmente dalla Cina Centrale verso l’Iran, la Turchia, il bacino mediterraneo occidentale (Italia, Spagna e Francia), fino agli Stati Uniti d’America, coincide con le regioni geografiche più colpite dalla pandemia nello stesso arco di tempo.
Le previsioni dicono che in primavera, quando il clima diventerà caldo, la pandemia probabilmente peggiorerà nelle zone settentrionali (Regno Unito, Germania, Europa Orientale, Russia e Nord America), mentre migliorerà radicalmente nelle zone meridionali (Italia e Spagna). In ogni caso, in autunno, la pandemia potrebbe ritornare a colpire nuovamente le stesse zone.
La Zona Tropicale e l’intero Emisfero Meridionale, tranne le zone più estreme, potrebbero scampare a una forte pandemia a causa del clima sufficientemente caldo durante l’intero anno.
Gli stessi motivi meteorologici possono spiegare il perché l’Italia Meridionale, un po’ più calda, è stata meno colpita dell’Italia Settentrionale, che invece rientra nell’intervallo di temperatura meteorologica più critica.