lunedì 1 settembre 2014

IL MODO MIGLIORE PER PORTARE LA PACE IN NOI STESSI E NEL MONDO SECONDO THICH NHATH HANH


Ancora una volta soffiano venti di guerra. Vicino a noi, al confine della nostra Europa. Putin minaccia l'Ucraina e, quindi, anche noi. Nel vicino Oriente, gli islamici più estremisti minacciano di distruggere la civiltà dell'Occidente. È sete di potere? Desiderio di vendetta per veri o presunti atti di sopraffazione? Ovviamente ciascuno dei contendenti si dice dalla parte della ragione e, nel caso degli islamici, essi si dichiarano ispirati da Allah. Ma è sempre la lotta tra gli “ego” e il rifiuto di collaborare e trovare un accordo soddisfacente per tutti  a venire a galla. Così le posizioni estreme prevalgono, e assieme a queste la violenza, la barbarie, la morte, in nome di concetti e credenze che esistono solo nelle menti di chi li ha pensati, ossia di fumo. E solo per questo si uccidono individui che provengono dalla stessa origine degli assassini, che hanno la stessa matrice divina e sono una piccola parte della stessa Forza, Energia, che ha creato tutto e tutti noi. È la bestemmia più grande che possa esistere.
Sentiamo ancora una volta che cosa ci dice quel monaco illuminato che è Thich Nhath Hanh nel suo piccolo ma straordinario libro intitolato Paura - Supera la tempesta con la saggezza, Bis Edizioni, al capitolo “La comunicazione ci tiene al sicuro”.

«Se desideriamo la sicurezza, dovremo costruircela. Cosa ci serve per fabbricarla? Le fortezze, le bombe o gli aeroplani non servono ad allontanare la paura, anzi probabilmente la faranno aumentare. Gli Stati Uniti d'America hanno un esercito molto potente e le armi più avanzate del mondo, eppure gli americani non si sentono al sicuro: hanno paura e si sentono vulnerabili. Perché dev'esserci qualcos'altro, un modo per trovare davvero rifugio, per sentirsi davvero protetti… Aiutare gli altri a sentirsi al sicuro è la maggiore garanzia per la nostra sicurezza.
Il vostro Paese non vivrà in sicurezza se non fate niente per aiutare gli altri Paesi a sentirsi al sicuro con voi. Se gli Stati Uniti vogliono la sicurezza, devono occuparsi di quella degli altri Paesi. Se la Gran Bretagna desidera sentirsi al sicuro deve pensare a far sentire al sicuro le altre comunità. Chiunque di noi potrebbe essere vittima della violenza e del terrorismo: nessun Paese ne è immune. È più che evidente che la polizia, le forze armate e anche la massima potenza di fuoco non possono garantirci una vera sicurezza. Forse la prima cosa da fare è dire: “Caro amico, capisco che vuoi vivere in sicurezza, anch'io desidero la stessa cosa, perciò perché non lavoriamo insieme?” È una cosa molto semplice da fare, eppure non la facciamo.
La comunicazione è la pratica. Viviamo in un'epoca caratterizzata da tanti mezzi di comunicazione sofisticati - posta elettronica, cellulari, sms, Twitter, Facebook - eppure è molto difficile per gli individui, i gruppi e le nazioni
comunicare fra loro. Sembra che, per parlare, non riusciamo a usare le parole, così finiamo per usare le bombe. Quando arriviamo al punto di non riuscire più a comunicare con le parole e ricorriamo alle armi, significa che abbiamo ceduto alla disperazione…
Da quando è iniziata la cosiddetta guerra globale al terrorismo, abbiamo speso miliardi di dollari, ma abbiamo solo creato più violenza, odio e paura. Non siamo riusciti a eliminare la paura, l'odio e il risentimento, né nelle loro espressioni esteriori come il terrorismo né, cosa più importante, nella mente delle persone. È tempo di meditare e di trovare un modo migliore per portare la pace in noi stessi e nel mondo. Solo con la pratica dell'ascolto profondo e della comunicazione gentile potremo contribuire a eliminare le percezioni sbagliate, che sono alla base della paura, dell'odio e della violenza. Non si possono eliminare le false percezioni con un'arma da fuoco».

AIUTO! LA PLASTICA STA FORMANDO UN NUOVO CONTINENTE NEL NORD-PACIFICO!


                      

A proposito di bottiglie e altri oggetti di plastica abbandonati incautamente qua e là sul territorio, sugli argini dei fiumi, sulle spiagge e in mille altri posti, vorrei invitarvi a leggere questo articolo, non recentissimo ma molto esplicativo, su un grave fenomeno che si sta verificando in particolare nell'Oceano Pacifico del Nord, ma anche in altri mari, e sul quale Patrick Deixonne, esploratore e navigatore francese, sta cercando in tutti i modi di sensibilizzare l'opinione pubblica. 

da Il Fatto Quotidiano del 21 Maggio 2013

PLASTICA, SPEDIZIONE NELLA DISCARICA DEL PACIFICO PIÙ GRANDE DEL MONDO 
di Leonardo Martinelli   

Dopo vari incidenti di percorso è partita il 20 maggio da Oceanside, nel sud della California, la spedizione di Patrick Deixonne, esploratore francese, per analizzare in maniera scientifica il “settimo continente” e tracciarne una prima mappa. Di cosa stiamo parlando? Del “continente di plastica”, un’enorme isola galleggiante che si è formata nel corso del decenni nel Nord del Pacifico a causa del gioco delle correnti. Parte delle bottiglie, spazzolini, reti, imballaggi di ogni tipo scaricati in mare, praticamente 5 milioni di pezzi di plastica al giorno a livello mondiale, secondo i dati del’Onu, si addensano proprio lì. Così si è formato una sorta di nuovo continente, più grande dell’India, esteso su 3,4 milioni di chilometri quadrati, secondo le stime del Cnes, l’agenzia spaziale francese, che patrocina, assieme alla Nasa, l’iniziativa di Deixonne.
Il settimo continente non può essere individuato con i satelliti. Bisogna andare sul posto per studiarlo, con un’imbarcazione e particolari strumenti di misurazione. Ed è un po’ incredibile che i primi a farlo siano dei francesi, non proprio direttamente toccati dal problema. 48 anni, membro della Società degli esploratori francesi, ex pompiere, originario della Guyana, Deixonne si imbatté nel problema nel 2009, attraversando il Nord del Pacifico durante una traversata a remi in solitaria. Da allora ha deciso di farne una crociata personale. Domani parte con un’imbarcazione in compagnia di specialisti, una biologa in particolare, mentre un’équipe di ricercatori li assisterà da terra. “Vogliamo effettuare misurazioni in più punti, per paragonare la concentrazione e la natura dei rifiuti”, ha precisato. In 6-7 giorni, partendo dalla costa californiana, dovrebbe raggiungere l’area più interessata dal fenomeno. Tutti via Internet potranno seguire in tempo reale la spedizione. Sarà anche installata una sonda su una boa derivante, per permettere una prima cartografia del problema. La spedizione, in realtà, avrebbe dovuto partire già l’anno scorso. Ma l’imbarcazione di Deixonne era stata bloccata in partenza da un guasto alla pompa dell’acqua, prodotto da una busta di plastica. Sistemato quel problema, in seguito una rete di pesca aveva provocato la rottura del timone. “Ma problemi del genere, dovuti all’eccesso di plastica in acqua – ha sottolineato l’esploratore –, sono sempre più frequenti in questa parte del mondo”.
Quella “zuppa di plastica”, come venne definita dall'oceanografo americano Charles Moore, il primo che, nel 1977, casualmente la scoprì, raggiunge in certi punti lo spessore di una trentina di metri. Ma in tutti questi anni pochi studi seri sono stati effettuati sulla più grande discarica galleggiante del mondo, “anche perché è situata in acque, fra le Hawaii e la California, poco interessate dalla navigazione mercantile o dal turismo – ha sottolineato nei giorni scorsi Deixonne – : il fenomeno, per il momento, riguarda solo gli scienziati e gli ambientalisti”. Peccato, perché non si tratta solo di un problema estetico. Quell'amalgama, in preda alle correnti del vortice subtropicale del Pacifico del Nord, si addensa sempre più e si trasforma in pezzetti sempre più piccoli, cordiandoli di plastica che vengono scambiati per cibo da cetacei, uccelli, pesci, tartarughe, che si ritrovano bloccato il sistema digestivo. Non solo: quell'ambiente si è rivelato propizio per la riproduzione di un emittero, l'Halobate sericeus, predatore di zooplancotn e di uova di pesce, ulteriore minaccia a uno squilibrio dell'ecosistema. 

Tutte le informazioni riguardanti questo fenomeno e sugli interventi attuati da Patrick Deixonne e da altri che assieme a lui tentano di farlo conoscere al pubblico e possibilmente porvi rimedio, sono su www.septiemecontinent.com.


Sopra, Patrick Deixonne.
 Sotto, il video da YouTube sull'argomento.