lunedì 23 marzo 2020

RISVEGLIAMO IL GUARITORE CHE È DENTRO DI NOI


Riporto qui un interessante articolo della Book Blogger Stefania Massari. Ci parla di un libro recentemente pubblicato nel quale si spiega, giustamente, come il funzionamento del nostro organismo non sia riconducibile solo a processi meccanicistici e che l'essere umano costituisca invece un armonico connubio di psiche, energia e corpo. Vale la pena considerare anche questo aspetto così determinante nelle guarigioni o nei fallimenti terapeutici cui assistiamo su larga scala in questo momento di estrema emergenza sanitaria che investe pressoché tutto il mondo. Ecco cosa scrive Stefania Massari: 

Spesso, dopo la diagnosi di una malattia grave o dopo un lutto, ci sentiamo svuotati, smarriti, incapaci di ridare un senso alla nostra vita. La cultura occidentale ci ha portati a credere che l’unica cura possibile sia quella operata dal medico attraverso la diagnosi prima e i medicinali poi, ignorando che l’essere umano sia formato anche da energia e che il corpo sia l’espressione di un sistema complesso che comprende emozioni e sentimenti che fanno a pugni con la razionalità che detta regole per mettere a tacere la nostra parte sensibile. In quest’ottica ogni evento traumatico che ci accade ha bisogno di sedimentare per poi farci ritrovare, col tempo, l’equilibrio che avevamo perduto e che inevitabilmente aveva sconvolto sia la nostra salute mentale che fisica.
A questo proposito, Maria Giovanna Luini, medico e scrittrice, impegnata presso l’Istituto Europeo di Oncologia da anni, molti dei quali a fianco di Umberto Veronesi nella lotta contro il tumore al seno, integrando il suo percorso medico con un approccio curativo che include contributi provenienti da altre culture, ha scritto un libro intitolato La via della cura - Ventitré passi per superare le prove della vita e ritrovare l’equilibrio, pubblicato da Mondadori. 
Lei, unendo alla medicina tradizionale rimedi scientifici, sciamanici, filosofici orientali e sudamericani, cerca di accompagnare i suoi pazienti verso la guarigione, facendo dell’ascolto, della comprensione e dell’empatia degli strumenti indispensabili per affrontare il percorso della malattia. Ed è proprio grazie al suo sguardo olistico, secondo cui l’essere umano è un armonico connubio di psiche, energia e corpo, che nel libro traccia un vademecum per chi, di fronte al dolore, è chiamato a intraprendere un percorso tortuoso che ha bisogno il più delle volte di un sostegno adeguato.
Questo percorso è piuttosto un viaggio interiore che richiede lo sviluppo di una risorsa spesso trascurata, l’ascolto, che ci dona la possibilità di guardarci dentro, di perdonarci e di raggiungere la piena consapevolezza delle proprie emozioni per superare i blocchi che si nutrono di paura e del timore di non farcela, diventando alla lunga nocivi. Tocca a noi dunque risvegliare il Guaritore che abbiamo dentro, la nostra voce guida, l’intuito per riuscire a trovare la nostra personale via della cura.
Per farlo possiamo anche stimolare la voce guida con degli esercizi pratici che la scrittrice propone e che possono aiutarci a ristabilire un contatto con la parte più profonda di noi stessi e farci ritrovare la calma e la serenità, soprattutto in questo periodo difficile che siamo costretti tutti ad affrontare. La via della cura ha in chiusura le testimonianze di rinascita di Maria Grazia Cangelli, Lia Dubini, Barbara Garlaschelli e di Faustin Chiragarula che ci donano un messaggio positivo e di speranza perché le parole hanno il potere di cambiare il nostro stato d’animo. Nel libro, infatti, ne sono citate tantissime: fare, dire, ascoltare, fermarsi, conoscersi, amare. Ognuna ha un suo preciso valore e può parlarci di noi, della nostra esperienza, di ciò che sentiamo.
Ecco perché dobbiamo prenderci del tempo per leggere questo libro, soffermandoci soprattutto su quelle pagine che sentiamo più affini al nostro sentire e aspettare che passi la tempesta per ritornare a vedere quel sole che avevamo perduto da troppo tempo.

martedì 17 marzo 2020

SMOG E POLVERI SOTTILI HANNO ACCELERATO LA DIFFUSIONE DEL VIRUS


Anche l'inquinamento atmosferico che affligge in particolare modo la pianura padana potrebbe aver dato un contributo alla diffusione del Coronavirus Sars Cov2. Una solida letteratura scientifica descrive il ruolo del particolato atmosferico quale efficace carrier, ovvero vettore di trasporto e diffusione per molti contaminanti chimici e biologici, inclusi i virus. Il particolato atmosferico, oltre ad essere un carrier, costituisce un substrato che può permettere al virus di rimanere nell'aria in condizioni vitali per un certo tempo, nell'ordine di ore o giorni.
Il gruppo di ricercatori coinvolti nella ricerca ha esaminato i dati pubblicati sui siti delle Agenzie regionali per la protezione ambientale relativi a tutte le centraline di rilevamento attive sul territorio nazionale, registrando il numero di episodi di superamento dei limiti di legge (50 microg/m3 di concentrazione media giornaliera) nelle province italiane.
Parallelamente, sono stati analizzati i casi di contagio da Covid-19 riportati sul sito della Protezione Civile. Si è evidenziata una relazione tra i superamenti dei limiti di legge delle concentrazioni di PM10 registrati nei periodo 10-29 Febbraio e il numero di casi infetti aggiornati al 3 marzo (considerando un ritardo temporale intermedio relativo al periodo 10-29 febbraio di 14 giorni, approssimativamente pari al tempo di incubazione del virus fino alla identificazione dell'infezione contratta). In pianura padana si sono osservate le curve di espansione dell'infezione che hanno mostrato accelerazioni anomale, in evidente coincidenza, a distanza di due settimane, con le più elevate concentrazioni di particolato atmosferico, che hanno esercitato un'azione di boost, cioè di impulso alla diffusione virulenta dell'epidemia.
“Le alte concentrazioni di polveri registrate nel mese di Febbraio nella pianura padana hanno prodotto un boost, un'accelerazione alla diffusione del Covid-19. L'effetto è più evidente in quelle province dove ci sono stati i primi focolai”, afferma Leonardo Setti dell'Università di Bologna. Come conferma Gianluigi de Gennaro, dell'Università di Bari: “Le polveri stanno veicolando il virus. Fanno da carrier. Più ce ne sono, più si creano autostrade per i contagi. Non resta perciò che ridurre al minimo le emissioni e sperare in una meteorologia favorevole”.
Alessandro Miani, presidente della SIMA, Società italiana di Medicina ambientale, aggiunge: “L'impatto dell'uomo sull'ambiente sta producendo ricadute sanitarie a tutti i livelli. Questa dura prova che stiamo affrontando a livello globale deve essere di monito per una futura rinascita in chiave realmente sostenibile, per il bene dell'umanità e del pianeta. In attesa del consolidarsi di evidenze a favore dell'ipotesi presentata, in ogni caso la concentrazione di polveri sottili potrebbe essere considerata un possibile indicatore o 'marker' indiretto della virulenza dell'epidemia da Covid-19.

IL VIRUS SI INDEBOLIRÀ E DIVENTERÀ MENO CONTAGIOSO


Guida una squadra di ricercatori concentrata sullo studio del Coronavirus: Elisa Vincenzi, capo della ricerca scientifica dell'Ospedale San Raffaele di Milano, in un'intervista al quotidiano italiano La Stampa spiega che “il virus si indebolirà col passare del tempo per sopravvivere e diventerà meno contagioso: ha questa intelligenza”,  afferma. E fa la sua “previsione” sui contagi: “Si tratta di una situazione complessa e ancora in evoluzione, ma le cose dovranno andare peggio prima di andare meglio e il caldo non è detto che aiuti”.
“Contro il Sars-CoV2, questo il nome scientifico del virus, vogliamo approfondire il ruolo dell'immunità innata, che è costituita da molte componenti sia cellulari sia del sangue e di altri tessuti e liquidi corporei, ed è la prima difesa dell'organismo contro i virus. Si tratta di un sistema che agisce rapidamente, a differenza dell'immunità specifica dei linfociti che per produrre anticorpi impiegano settimane. Il nostro progetto si concentra su alcune molecole dell'immunità innata, scoperte dal professor Mantovani, e considerate antenati degli anticorpi, che potrebbero prevenire l'infezione del Coronavirus”.
La scienza si sta focalizzando su farmaci già in uso nella pratica clinica come nella terapia dell'Hiv, che hanno dimostrato qualche efficacia contro il Coronavirus, oltre alla ricerca di un vaccino. Ma è difficile prevedere se e quando arriverà. Questo “perché il ruolo degli anticorpi nella protezione o nell'eliminazione del virus non è ancore ben noto”. Gli scienziati lavorano instancabilmente per conoscere meglio il Coronavirus.
“È stata risolta la struttura tridimensionale della proteina virale che lega il recettore specifico sulle cellule bersaglio dell'apparato respiratorio. Conoscendo questo legame si possono cercare le molecole, come gli anticorpi, che possono interferire all'entrata del virus nelle cellule”.
È escluso, comunque, il complottismo secondo cui si possa trattare di un prodotto da laboratorio sfuggito di mano. 
“Sì, perché non esiste niente di simile da cui partire. L'origine più probabile è una delle 1200 specie di pipistrello, quella a ferro di cavallo. Con un probabile ospite intermedio, che secondo il consorzio di ricerca Next strain, ha la stessa sequenza genetica del pangolino, un formichiere utilizzato dalla medicina cinese”.
Per sconfiggere il virus è bene seguire le regole, ma anche non farsi prendere dal panico.
“Oltre a seguire le regole bisogna ricordare che la paura è nemica della salute, perché genera stress e indebolisce il sistema immunitario. Sull'alimentazione le vitamine come la B12 o la D, che viene col sole, sono fondamentali. Una dieta varia e ricca di vitamina C aiuta. Vale la regola delle cinque porzioni di rutta o verdura al giorno”.
La Vincenzi ha elaborato la sua idea sulla curva dei contagi.
Alla base, “una sfortunata catena d'infezione iniziata da un asintomatico o con sintomi sottovalutati. Sono questi ultimi a preoccuparmi, perché continuano a trasmettere il virus”.
Dunque, bisognava quarantenare chi veniva dalla Cina da subito?
“Bloccare i voli diretti con la Cina non è bastato, anzi potrebbe aver aumentato le persone che hanno fatto scalo e sono arrivate in Italia senza controllo con un effetto boomerang”.

lunedì 16 marzo 2020

COSì LA GRANDE SICCITÀ CANCELLÒ GLI ASSIRI


Uno studio su Science Advances conferma: il crollo improvviso della civiltà assira fu innescato da un periodo di siccità eccezionale. Ecco che cosa ha scritto al riguardo Matteo Grittani, in un suo articolo pubblicato su La Repubblica Scienze.

Secoli di dominio spazzati via dalla siccità nel giro di pochi decenni. Circa 2700 anni fa l'Impero assiro dominava la Mezzaluna Fertile, arrivando a conquistare nel periodo di massima espansione la Siria, la Palestina e l'Egitto. Una società agricola, che pure seppe sviluppare scienze ed arti e sotto la guida di Re Assurbanipal fondò nella capitale Ninive una grande biblioteca, che per anni custodì il nucleo della tradizione numerica. Una supremazia esercitata a lungo ma che vide la fine in un lasso di tempo relativamente breve. Le cause di un crollo tanto repentino quanto violento sono da sempre motivo di dibattito tra gli storici, ma secondo un recente studio pubblicato sulla rivista Science Advances, il cambiamento del clima avrebbe avuto un ruolo decisivo.

Nelle stalagmiti i segreti del clima
“La caduta dell'Impero assiro è considerata 'la madre di tutte le catastrofi' dagli studiosi della Mesopotamia – spiega Harvey Weiss, archeologo dell'Università di Yale, tra gli autori dello studio – ma molte domande pendevano ancora su cosa l'avesse scatenata”. D'altronde, guerre ed instabilità politica nella zona hanno reso difficili indagini archeologiche approfondite fino alla fine degli anni '80. “I dati paleoclimatici disponibili finora erano scarsi e imprecisi”, sottolinea Ashish Sinha, paleoclimatologo dell'Università della California e coordinatore dello studio. Sinha e il suo gruppo hanno studiato gli spelotemi rinvenuti nella grotta di Kuna Ba, 300 chilometri a sud-est dell'odierna Mosul, dove un tempo prosperava Ninive.
Le stalagmiti offrono infatti un 'database naturale' in grado di registrare con estrema accuratezza le fluttuazioni del clima. Esse, crescendo, fossilizzano nella loro struttura calcare i rapporti isotopi di ossigeno ed uranio presenti nell'acqua percolante. La variazione del rapporto degli isotopi dell'ossigeno è correlata all'intensità delle piogge, mentre l'uranio decade con tempi facilmente calcolabili, permettendo una precisa datazione. In questo modo, il team di scienziati ha ricostruito circa 4000 anni di storia climatica della regione con una precisione senza precedenti.

“La siccità fu il datore decisivo”
Confrontano i dati acquisiti con la documentazione archeologica, i ricercatori hanno trovato assoluta corrispondenza: ascesa ed apice dell'Impero assiro (tra il 920 ed il 730 a.C.9), coincisero con un periodo di 200 anni di precipitazioni sopra la media che resero fertile la terra e determinarono una forte crescita demografica. Allo stesso tempo, secondo quanto 'scritto' nelle stalagmiti, la caduta dell'Impero avvenuta tra il 660 ed il 600 a.C. fu contemporanea ad un lungo periodo siccitoso compreso tra il 675 ed il 600 a.C..
Certamente il crollo di un'intera civiltà non avviene mai a causa di un singolo evento. Dopo la morte di Assurbanipal infatti, vi fu una lunga serie di conflitti interni che indebolì l'Impero e culminò con la presa di Ninive nel 612 a.C. ad opera di Medi e Caldei. Ma la crisi partì dai campi: “Quella assira era una società agricola elementare, che dipendeva dalle precipitazione stagionali”, osserva Weiss. E prosegue, “più a sud i babilonesi già utilizzavano l'irrigazione, ecco perché la loro società non fu altrettanto colpita”.

Una lezione per l'oggi 
Oltre all'indubbia rilevanza storica, tutto ciò ha molto da insegnare anche alla nostra civiltà così lontana nel tempo, a cui tuttavia tocca affrontare una crisi climatica molto più grave.
“Questo studio offre un contesto storico ai preoccupanti scenari odierni”, avverte Colin Kelley, climatologo della Columbia University. Il passato ci mostra di cosa è capace la Natura ed avverte il presente. Come allora, negli ultimi cento anni il Medio Oriente ha subìto quattro gravi eventi siccitosi. “Questo sta avvenendo con sempre maggior frequenza ed intensità”, conclude Keley. Cosa cambia rispetto ad allora? A differenza degli Assiri, oggi ne conosciamo la causa:
le emissioni antropiche di gas serra. Fenomeno su cui ancora possiamo agire, qualora lo vorremo.

(Nella foto in alto, un bassorilievo assiro che raffigura la caccia ai leoni del re Assurbanipal)

domenica 8 marzo 2020

LA VITA E LA MORTE AI TEMPI DEL CORONAVIRUS (E OLTRE)



Se c'è qualcosa di positivo innescato da questa improvvisa diffusione del Coronavirus (ribadisco, meglio non parlare dell'irrazionale panico che ha suscitato) è che ora si fanno tanti progetti per rivedere in Italia il Sistema sanitario nazionale, rimediando ai pericolosi tagli su tagli alle strutture e alle prestazioni che sono state perpetrati negli ultimi anni, ovviamente non tenendo conto dell'eventualità di un'emergenza come quella che si sta verificando in questi giorni. Altrettanti progetti (a parole) si fanno per una riorganizzazione del lavoro per renderlo più smart, cioè più flessibile perché fatto da casa, e della scuola, per creare similmente possibilità di fare lezione da remoto, con gli studenti piazzati davanti a un computer. Non mi meraviglia più di tanto il fatto che invece, nonostante la paura della morte che aleggia sul capo di migliaia e migliaia di persone, nessuno si sia azzardato a parlare dell'argomento. La paura c'è, ma è un tabù, si deve ignorare, non si deve affrontare, anzi possibilmente bisogna esorcizzarla, dicendo che con il coronavirus può interessare solo le persone molto anziane e con delle patologie concomitanti. Come a suggerire  un po' a tutti: coraggio, se siete ancora giovani o relativamente giovani potete sperare, tanto la morte può ancora tardare a venire. La morte come qualcosa scisso dalla vita, come qualcosa da rifuggire a ogni costo, da tenere assolutamente lontana dai nostri pensieri. Invece questa diffusione del virus, se davvero è così catastrofica, dovrebbe essere anche l'occasione per rivedere il nostro rapporto con questa realtà ineluttabile, ma così spaventosa. Tutti dobbiamo morire, prima o poi, vogliamo ammetterlo? E allora, intanto, dovremmo chiarirci che cosa rappresenta per noi la nostra morte: la fine dei nostri affetti? dei nostri progetti? dei nostri viaggi? dei nostri possessi? Tutte proiezioni, dopo tutto. Idee, fantasie. Non realtà. Perché la realtà è che, come diceva Epicuro, “quando ci siamo noi non c'è la morte, quando c'è la morte non ci siamo noi”. Certo, è un'impresa ciclopica creare in noi un distacco da tutto quello che la mente ci propone, da tutti i legami consci e inconsci che ci collegano alla vita d'ogni giorno. È il nostro mondo. Effimero, evanescente, in continua trasformazione, ma è il nostro mondo. E allora? Allora dovremmo davvero, nonostante tutto, cercare di non rimandare più in là la soluzione di questo problema-enigma della nostra vita, ma deciderci una volta per tutte ad affrontarlo, a calarcisi fino in fondo. Perché è là, all'orizzonte. Non potremo sfuggirgli. Analizzarlo potrebbe voler dire liberarcene e finalmente vivere senza questo incubo, più o meno sopito nella nostra mente. E in occasione del Coronavirus tornato prepotentemente alla luce della nostra coscienza.
Mi piace, a questo punto, riproporre un fondamentale brano di Osho, tratto dal suo libro (che io conservo come una reliquia perché pieno di spunti, non interessanti, ma molto, molto di più, dal titolo La danza della luce e delle ombre, Universale Economica Fetrinelli, sezione Oriente.


Come affronti la morte?
Io muoio ogni momento, non accumulo la morte; per cui non è un problema. Se vivi veramente, la morte non è affatto un problema: non hai bisogno di affrontarla, perché non esiste.
La morte è un problema creato artificialmente. Cerca di comprendere: se non permetti al tuo passato di morire, il passato continua ad accumularsi, diventa un peso, diventa un fardello. Se lasci morire il passato istante per istante, mentre il tempo scorre, se la fai finita immediatamente, rinasci ogni momento e non accumuli il peso morto del passato. Così facendo non accumuli la morte e quindi non c'è alcun problema da affrontare, nessun problema da risolvere; sei nuovo ogni momento, e sai che quella freschezza è eterna, è senza tempo. Anche quando arriverà la cosiddetta morte, non morirai: al momento della morte la vita diventa passato e tu non ti ci aggrappi. Nel corso della vita hai imparato una cosa: a non aggrapparti. Così, al momento della morte non ti aggrappi alla vita, e il problema non sussiste. Se ti aggrappi alla vita, avrai paura della morte; il problema nasce se ti aggrappi alla vita.
Perché ti aggrappi alla vita? Ti ci aggrappi perché non sai come viverla, non ti è mai stato insegnato a vivere la vita. Il danno che hai subìto è profondo, sei stato condizionato in modo tale che ora non sai vivere. Non vivi la vita, perciò nasce la paura. Non vivi mai niente con totalità. Non vivi totalmente, non piangi totalmente, non ridi totalmente, hai dimenticato il linguaggio della totalità. Non conosci più il significato della parola totalità: sei sempre parziale. Anche nell'amore non vai mai fino in fondo, non permetti all'amore di accadere totalmente; continui a opporgli resistenza.
Continui ad accumulare il passato, il che significa accumulare morte intorno a te. Quel passato congelato diventa sempre più pesante, perché cresce giorno dopo giorno. E la tua vita è molto delicata e vulnerabile, se le carichi addosso il peso morto di quel passato, la stronchi. E il passato non ti permetterà di vivere e nessun momento con totalità, ti frenerà sempre. Vorresti proseguire, invece ti trattiene, e anche se avanzi, non vai mai fino in fondo. È per questo che non provi appagamento in niente, non sei mai soddisfatto. Non hai mai amato, non hai mai riso. Certo, hai riso tante volte, ma la tua risata non è mai stata totale; è sempre stata parziale, incompleta.
Non sei ancora consapevole di cos'è la vita: non hai ancora danzato quella vita, non hai ancora cantato quella canzone. Quando vivi la vita nella sua totalità, momento per momento, non hai paura della morte, non hai paura di nulla. Hai vissuto la tua vita, hai goduto delle sue benedizioni, e ora ti senti grato; inizi a vedere la morte come un momento di riposo, nient'altro. La morte non riuscirà a portarti via nulla perché tutte le cose che potrebbe prenderti le hai già abbandonate prima del suo arrivo; non le hai mai accumulate. E la morte non distruggerà nulla perché sai come vivere ogni momento con totalità. Quando la morte arriverà, vivrai con totalità anche quel momento.


La morte fornisce un contesto, diventa lo sfondo, la lavagna sulla quale viene scritta la vita. Mentre sei vivo non riesci a sentire la vita così chiaramente, così nitidamente, con tanta sensibilità, ma al momento della morte, per via del contrasto, questo diventa possibile. È come vedere le stelle di notte. Più la notte è buia, più le stelle appaiono brillanti. Durante il giorno le stelle sono ancora lì, non sono andate da nessuna parte, non possono spostarsi; dove potrebbero mai andare? Sono ancora lì, ma a causa della luce del sole non riesci a vederle. La loro brillantezza si perde nella luce del sole. Di notte puoi vederle: belle, brillanti. La stessa cosa accade nella morte; la vita diventa una stella che brilla luminosa.

Mi chiedi: Come affronti la morte?
Io non so cosa sia la morte perché continuo a morire momento per momento, continuo a morire al mio passato attimo dopo attimo. Io non vivo nel passato, e dato che non vivo nel passato non vivo nemmeno nel futuro: il futuro è sempre una proiezione del passato. Un passato morto e sepolto crea un falso futuro; e soltanto questo momento è reale.
Io sono qui: assapora questo momento – dov'è il problema della morte? Come potresti morire in questo momento? La morte è sempre un problema di proiezione – un giorno morirai, è solo una deduzione –, un giorno accadrà. Qualcuno è morto oppure hai visto una persona morire, e ora hai paura pensando che un giorno accadrà anche a te. Ma hai veramente assistito a quella morte? No, ne hai semplicemente visto l'espressione esteriore; non hai visto cos'è successo all'interno di quella persona.
Nessuno è mai morto, la morte è la più grande menzogna; la morte non esiste, esiste soltanto la vita. La vita è eterna. Se abbandoni il passato, scompare anche il futuro, e nel presente non c'è la morte, nel presente c'è soltanto la vita.

Fa sì che questo momento sia il momento. Non vivere nel passato perché nessuno può veramente vivere nel passato, non esiste più. E non costruire il tuo palazzo nel futuro; non può essere fatto, il futuro non esiste. Vivi in questo momento.
Gesù dice ai suoi discepoli: “Guardate i gigli nei campi come sono belli. Persino re Salomone, in tutta la sua gloria, non era così splendido”. E qual è il segreto dei gigli nel campo? Vivono nel momento presente. Il giorno è oggi, la notte è stanotte; questo momento è tutto ciò che esiste.
Allorché inizi a vivere nel momento presente, sei costantemente in contatto con la vita. La vita ti rinnova, la vita ti ringiovanisce in ogni momento.
Sì, il corpo un giorno sparirà, ma quella non è morte – è semplicemente un corpo stanco che va a riposare. Certo, la mente si dissolverà, perché l'hai usata a lungo è si è logorata. Cosa vorresti? Vorresti forse usare la mente per sempre? Non ti sei già stufato della tua mente? Lavora dal giorno in cui sei nato e continuerà fino al giorno in cui muori – settanta, ottanta, novant'anni… La mente è uno strumento. Mostra un po' di compassione verso questo povero strumento; piano piano invecchia, piano pian inizia a non funzionare più così bene – hai bisogno di uno strumento nuovo.
Questo corpo invecchia, questo corpo si deteriora; è uno strumento. Ed è uno strumento incredibilmente intricato e complesso; la scienza non è ancora riuscita a inventare niente di simile. Il corpo ha così tanti automatismi… Pensi che l'automazione sia qualcosa di nuovo? Il tuo corpo possiede infiniti automatismi da milioni di anni.
Quando mangi, il cibo viene digerito automaticamente; non sei tu a doverlo digerire. Quando respiri, il sangue si arricchisce di ossigeno e rilascia anidride carbonica; non te ne devi occupare tu personalmente. Pensa se fossi tu a dover fare tutte queste cose! Impazziresti in un solo giorno; non riusciresti a sopravvivere. Nel corpo quasi tutto viene automaticamente, e per settanta, ottanta o novant'anni lo strumento del tuo corpo funziona perfettamente. Sì, qualche volta ti ammali, qualche volta non stai bene, qualche volta soffri di questo o di quello, ma non significa niente. Di fronte a uno strumento talmente complesso e delicato, qualsiasi malattia è irrilevante; il fatto stesso che tu esista è già un miracolo, essere a volte sano è già un miracolo.
Ma qualsiasi strumento si logora, persino il metallo si stanca – gli scienziati asseriscono che il metallo si stanca. Mentre ti parlo, si stancherà non soltanto il mio corpo, anche questo microfono si stancherà. Tutto si stanca e tutto ha bisogno di un po' di riposo.
Morire vuol dire semplicemente riposare, niente di più; il corpo si dissolve negli elementi, ritorna alla terra per riposare ma rinascerà di nuovo in migliaia di altri corpi, ritornerà alla vita. Non riesci a vedere che succede ovunque? Quando arriva la primavera gli alberi si riempiono di boccioli, poi i fiori appassiscono, ritornano alla terra. Poi arriva l'autunno, le foglie cadono al suolo e diventano concime: entreranno a far parte del ciclo vitale di qualche altra pianta, faranno parte di un altro albero, torneranno a godere del sole, torneranno a godere del vento, della luna, delle stelle, torneranno a sorridere, a ridere, a cantare la loro canzone – gli uccelli torneranno fra i loro rami e le persone potranno goderne la vista.
È un ciclo che continua a ripetersi. La vita è un'alternanza di azione e riposo, azione e riposo. La vita non è soltanto ciò che tu chiami vita; anche la morte fa parte della vita. La morte non è la fine della vita, è parte della vita; infatti, è grazie alla morte che la vita può esistere, perché tramite la morte la vita entra in una fase di riposo dove si ricarica di energia e vitalità prima di tornare. È come andare a dormire quando cala la notte: è così, dormire è una piccola morte; muori per alcune ore. Se di notte dormi bene, la mattina seguente sei fresco, ringiovanito, nei tuoi occhi c'è di nuovo una scintilla, i tuoi piedi sanno nuovamente danzare, ti senti nuovamente pieno di gioia e di brio. Se invece non hai dormito bene, ti sentirai stanco.
Quindi impara a vivere bene e morire bene. Quando è il tuo momento di morire, muori totalmente così quando rinasci, rinascerai pieno di vitalità. E, in definitiva, perché preoccuparsi della morte, allora? Sei passato attraverso molte morti, ma non ti interessano più. Chissà, potresti essere stato Alessandro Magno… Ci sono in giro tanti pazzi: forse sei stato Gengis Khan opere Adolf Hitler… qui ci sono tanti tedeschi! Chissà?
A questo mondo succede di tutto, ma tu non ti preoccupi. Anche se qualcuno ti dicesse che sei stato Alessandro Magno, diresti che la cosa per te non significa niente. Cosa importa infatti? Ma mentre eri Alessandro Magno, ti importava, e avevi il terrore della morte.
Morirai, e allo stesso tempo non morirai. Il corpo si stanca, la mente si stanca, l'ego si stanca… e la realtà dentro di te, il vero padrone – la consapevolezza – fa un balzo, cerca di trovare un altro capo, di entrare un altro utero e continuare il suo viaggio.
Poi arriva un momento in cui ti senti stanco di questi continui cicli della vita. Inizi sentendoti stanco di un ciclo, ma poi ne cominci un altro al quale ne segue un altro e un altro ancora – ruota della vita dopo ruota –, ma arriva un momento in cui diventi sempre più cosciente di quello che accade. Ti senti stanco, non soltanto di quella vita, ma della vita in sé, di questo costante andare e venire, quello che gli hindu chiamano awagaman: andare e venire.
Il giorno in cui ti stanchi sul serio di questo andare e venire, diventi una persona religiosa. Un nuovo elemento è entrato nella tua consapevolezza, un nuovo raggio di luce, è il momento in cui cominci a pensare al nirvana.
Normalmente la morte significa terminare una vita così che tu possa iniziarne un'altra; il nirvana è liberarsi di tutte le vite e non dover più vivere in quanto individuo – inizi a vivere in quanto universo, inizi a vivere in quanto essenza divina. Allora non c'è più bisogno di tornare di nuovo ad abitare un corpo, una mente, un ego.