lunedì 23 dicembre 2013

IL SOLE, SIMBOLO DEL TESTIMONE INTERNO CHE OSSERVA DISTACCATO GLI ALTI E BASSI DELLE DUALITÀ DELLA NOSTRA VITA

Fuori la temperatura è fredda, le tenebre hanno ancora il sopravvento sulla luce, ma un grande Sole sta per nascere: una grande forza che rappresenta l'origine e l'unificazione di ogni forza creativa. Una Forza che è simbolo di consapevolezza, di realizzazione, di illuminazione.
Nel Sole sta il centro assoluto, il centro del ciclone che, malgrado il costante movimento alla periferia, rimane calmo ed immutato. Questo Sole è il seme interiore, il testimone che rimane intoccato dagli alti e bassi della dualità che incessantemente si agita tra gioia e tristezza, tra paura e speranza, tra aspirazione e disperazione.
Se da questo punto centrale osservi la periferia della tua esistenza, tutto appare chiaro, tutto appare illuminato, anche le situazioni che prima ti sembravano inspiegabili e difficili, perché sei in grado di ricondurle alla loro origine vera.
La Vita ha per te nella mani regali inattesi e sorprendenti opportunità. Ciò che tu ora devi avere sono occhi attenti così da poterli percepire. Sei di fronte alla possibilità di una grande trasformazione ed hai tutte le potenzialità per realizzarla. Se nella tua esistenz
a ancora non accadono miracoli, significa che qualcosa non sta andando per il verso giusto!
Ripeti adesso, dolcemente, lasciando che la vibrazione delle parole raggiunga il tuo cuore ed ogni cellula dei tuoi corpi:
“Ora sono pronto per il miracolo della mia vita”.

(da Meditazioni quotidiane - Pensieri di trasformazione di Dede Riva, meditazione del 23 Dicembre, Edizioni Mediterranee)

giovedì 5 dicembre 2013

OSHO: LA MEDITAZIONE FERMA IL PENSIERO E IL TEMPO E CI INTRODUCE NELLA DIMENSIONE DELL'ETERNITÀ

Voglio citare alcuni, bellissime affermazioni di Osho, raccolte nello stupendo, nel fondamentale volumetto intitolato  Che cos'è la meditazione, Mondadori editore. Li ho scelti a caso, perché sono davvero tutti sono profondi e commoventi e tutti da leggere con emozione. Si tratta di semplici frasi che però aprono spiragli incredibili sulla nostra dimensione spirituale oltre che… sulla grande saggezza e sensibilità di Osho, il più grande tra i maestri che amo, quello che sento più vicino. Mi auguro che queste sue parole possano insegnarci a meditare e soprattutto aprire i nostri cuori e le nostre esistenze.

La meditazione è FARE UN SALTO

Non potrai mai andare al di là della mente se continui a usarla. Devi fare un salto, e meditazione significa questo: fare un salto. Ecco perché la meditazione è illogica, irrazionale. E non può essere logica, non può essere ridotta alla ragione. Devi sperimentarla, solo se ne fai esperienza la conosci.
Quindi prova questo: non pensarci, provalo – prova a essere testimone dei tuoi pensieri. Siediti, rilassato, chiudi gli occhi, e lascia scorrere i tuoi pensieri proprio come le immagini scorrono su uno schermo. Guardali, osservali, fanne gli oggetti della tua attenzione. Se un pensiero affiora, osservalo profondamente. Non pensarci, semplicemente osservalo. Se inizi a pensarci, allora non sei un testimone – sei caduto in trappola.
Si sente un clacson da fuori – oppure abbaia un cane, o succede qualcosa – ed ecco che un pensiero affiora: «Sta passando una macchina». Non pensarci, semplicemente osserva quel pensiero: è affiorato e ha preso forma. Ora è davanti a te. Presto passerà, e un altro pensiero lo rimpiazzerà. Continua a osservare questo processo. Se sarai capace di osservare questo processo senza pensarci, anche per un solo momento, avrai fatto un primo passo, saprai qualcosa di ciò che vuol dire essere testimone. E questa è una cosa che ha un sapore diverso dal pensare – totalmente diverso. Ma occorre sperimentarla.
La religione e la scienza sono agli antipodi, ma in una cosa sono simili e mettono la stessa enfasi: entrambe si basano su esperimenti, tanto la religione quanto la scienza. Soltanto la filosofia è non-sperimentale. La filosofia si basa solo sul pensiero. Religione e scienza si basano entrambe su esperimenti: la scienza sperimenta sugli oggetti, la religione sulla tua soggettività. La scienza si basa su esperimenti con cose altre da te, e la religione su esperimenti direttamente con te.
È difficile, perché nella scienza c'è colui che fa l'esperimento, c'è l'esperimento e c'è l'oggetto su cui si compie l'esperimento. Ci sono tre cose: il soggetto, l'oggetto e l'esperimento. Nella religione tu sei tutte e tre queste cose nello stesso tempo. Sei tu che sperimenti su te stesso. Tu sei il soggetto, tu sei l'oggetto e tu sei il laboratorio. Non continuare a pensare. Comincia, da qualche parte, a sperimentare. Allora potrai sentire direttamente cosa sia pensare e cosa sia essere testimone. Allora ti renderai conto che non puoi fare entrambe le cose contemporaneamente, proprio come non puoi correre e stare seduto nello stesso momento. Se corri non puoi sederti, non sei seduto. E e sei seduto, non puoi correre. Ma sedersi non è compito delle gambe, piuttosto è un loro non-compito. Quando le gambe stanno funzionando, allora non sei seduto. Sedersi è un non-compito delle gambe; correre è un loro compito. Per la mente è la stessa cosa: pensare è un compito della mente, essere testimone un suo non-compito. Quando la mente non funziona, sei un testimone, e allora sei consapevole.

La meditazione è UN ESPERIMENTO

Non credi in Dio? Questo non è un ostacolo alla meditazione. Non credi nell'anima? Questo non è un ostacolo alla meditazione.
Non credi a niente? Questo non è un ostacolo alla meditazione. Puoi meditare lo stesso, perché la meditazione dice semplicemente come entrare dentro di sé: che ci sia o no un'anima, non importa; che ci sia o no un Dio, non importa.
Una cosa è certa: ci sei tu. Se ci sarai o meno dopo la morte, non importa. Una sola cosa ha importanza: in questo preciso momento tu ci sei, ma chi sei? Questo è meditazione: addentrarti nel tuo essere più profondo. Forse è una cosa momentanea, forse tu non sei eterno, forse con la morte finisce tutto. Noi non poniamo alcun presupposto a cui credere. Noi diciamo solo che devi sperimentare. Prova. Un giorno accadrà: i pensieri non ci saranno più! E improvvisamente, quando i pensieri spariscono, tu e il tuo corpo siete separati – poiché i pensieri fungono da ponte. Sei collegato al tuo corpo attraverso i pensieri, essi sono il legame. Improvvisamente il legame sparisce, allora ci sei tu, c'è il corpo, e c'è un abisso infinito tra voi due. A quel punto tu sai che il corpo morirà, ma che tu non puoi morire.
Quindi la meditazione non è qualcosa di simile a un dogma, non è un credo, è un'esperienza – evidente in se stessa.
Quel giorno la morte sparisce; quel giorno il dubbio sparisce, perché tu non devi più continuare a difenderti. Nessuno ti può distruggere, sei indistruttibile. Allora cominci ad avere fiducia, una fiducia traboccante. E avere fiducia significa essere in estasi; significa essere in Dio; significa sentirsi appagati.
Pertanto io non dico: coltiva la fiducia. Io dico: sperimenta la meditazione.

La meditazione è IL PARADISO

La meditazione è uno stato naturale dell'essere, uno stato che abbiamo perduto. Essa è un paradiso perduto… ma il paradiso può essere riconquistato! Guarda negli occhi dei bambini, guarda, e ci vedrai un silenzio e un'innocenza straordinari. Ogni bambino nasce in stato meditativo, ma poi bisogna iniziarlo alla società e ai suoi modi; bisogna insegnargli come pensare, come contare, come ragionare, come discutere; bisogna insegnargli parole, linguaggi, concetti. E piano piano egli perde il contatto con la sua innocenza. Viene contaminato e inquinato dalla società. Diventa un efficiente meccanismo, non è più un essere umano.
C'è solo bisogno di conquistare ancora una volta quello spazio. L'hai conosciuto in passato, per cui, quando incontri per la prima volta la meditazione, ti stupisci – perché hai la sensazione fortissima di averla già conosciuta. E questa sensazione corrisponde al vero: l'hai già conosciuta, ma l'hai dimenticata. Il diamante si è perso sotto mucchi di spazzatura. ma se riesci a eliminarli troverai di nuovo il diamante – esso è tuo.
Non lo si può davvero perdere, si può solo dimenticare. Noi nasciamo come meditatori, poi impariamo le vie della mente. Ma la nostra vera natura rimane nascosta da qualche parte nel profondo di noi, come una corrente sotterranea. Un giorno, basta scavare un po'… e troverai la sorgente, acqua fresca che sgorga ancora dalla sorgente. E trovarla è la gioia più grande della vita.

La meditazione è RICORDARSI DI SÉ

Ovunque tu sia, ricordati di te stesso, che esisti: questa consapevolezza di esistere deve diventare costante. Non il tuo nome, la tua appartenenza, la tua nazionalità, queste cose sono futili, assolutamente inutili. Ricorda solo: «Io sono». Questo non deve essere dimenticato. Questo è ciò che gli indù chiamano «ricordarsi di se stessi», che Buddha ha chiamato la «giusta attenzione», che Gurdjieff di solito chiamava «rimembranza di sé», e Krishnamurti «consapevolezza».
Questa è la parte essenziale della meditazione, ricordare che «Io sono». Mentre cammini, siedi, mangi o parli, ricorda: «Io sono». Non dimenticarlo mai. Sarà difficile, molto difficile. All'inizio continuerai a dimenticarlo; solo in alcuni momenti ti sentirai illuminato, poi ti sfuggirà. Ma non essere infelice: anche un solo momento è già molto. Continua: ogni volta che puoi ricorda di nuovo, afferra di nuovo quel filo di consapevolezza. Quando dimentichi, non ti preoccupare – ricorda di nuovo, afferra di nuovo quel filo sottile, e a poco a poco gli intervalli si ridurranno, cominceranno a diminuire, ci sarà continuità. E ogniqualvolta la tua consapevolezza diventa continua, non hai bisogno di usare la mente. A quel punto, non c'è alcune pianificazione, agisci a partire dalla tua consapevolezza, non dalla tua mente. Non c'è bisogno di chiedere scusa, non c'è bisogno di dare nessuna spiegazione. Sei quello che sei, qualsiasi cosa tu sia. Non puoi fare nient'altro. Puoi solo ricordarti di te stesso continuamente. Attraverso questo ricordo, questa attenzione cosciente, si ha l'autentica religione, l'autentica moralità.

La meditazione è SENSIBILITÀ

È la luce della consapevolezza che rende le cose preziose, straordinarie… così le piccole cose non sono più piccole. Quando un uomo, sulla spiaggia, tocca un semplice sassolino con attenzione, sensibilità e amore, quel sassolino diventa una pietra preziosa. Mentre se tocchi una pietra preziosa senza esserne consapevole, essa è un semplice sassolino, anzi nemmeno quello. La tua vita sarà tanto più profonda e avrà tanto più significato quanto più sarai consapevole.
Oggi, ovunque nel mondo, la gente chiede: «Qual è il significato della vita?». Il significato si è perso, è ovvio, perché hai perso la strada per trovarlo – e la strada per trovarlo è la consapevolezza.

La meditazione è CRESCERE

Invecchiare è una cosa priva di valore, qualunque animale lo fa, non c'è bisogno dell'intelligenza. Crescere è un'esperienza completamente diversa. L'invecchiamento segue una linea orizzontale; la crescita una linea verticale, che ti porta in profondità e ti eleva.
E, cosa piuttosto strana, ti sorprenderà sapere che il tempo segue una linea orizzontale. Un momento passa, un altro momento arriva, poi un altro, e un altro ancora… in linea, una linea orizzontale. Il tempo segue una linea orizzontale e lo stesso fa la mente. Un pensiero è seguito da un altro pensiero, e poi da un altro, e da un altro ancora, ma in linea, in fila, in processione, o anche in un semplice viavai, ma comunque orizzontale.
La meditazione segue una linea verticale, va al di là della mente e al di là del tempo. Forse, alla fine, ti renderai conto che tempo e mente sono equivalenti, due nomi per lo stesso fenomeno – il susseguirsi orizzontale di momenti, o di pensieri. Meditazione significa fermare sia il tempo sia la mente, e d'un tratto cominci a elevarti nell'eternità. L'eternità non è parte del tempo e non è un pensiero. L'eternità è un'esperienza.


Continuerei ancora all'infinito a citare le parole di Osho, capaci di proiettarci sulle vette dell'eternità: non mi stancherei mai di farlo, anche perché abbiano la maggiore diffusione possibile e creino felicità scacciando l'infelicità, ma ovviamente non è possibile andare oltre. Vi consiglio semplicemente leggere il suo libro, è fondamentale per tutti coloro che vogliono approfondire l'esperienza della consapevolezza. E un piccolo consiglio: quando fate la meditazione “del ricordo di sé”, provate a dire, anziché “Io sono”,  “Io esisto” oppure “Io sono pura esistenza e dimentico tutto il resto di me”: su di me funziona meglio, e forse anche su di voi.

mercoledì 20 novembre 2013

ECCO CHE COSA DI GRANDE E MERAVIGLIOSO CI PUÒ INSEGNARE UNA ROSA

Mi scrive Lorenzo, un uomo molto sensibile, ormai in età matura: «Sempre più spesso penso alla transitorietà della vita e alla morte come limite, come qualcosa che annienterà la mia coscienza, e a volte sono preso dal panico, soprattutto la notte quando a volte m sveglio di soprassalto. Perché non riesco ad arrendermi alla realtà dei fatti, e cioè che tutti noi, prima o poi, lasceremo questa vita e continueremo, forse, il nostro percorso in una dimensione spirituale?»
Certo non è facile rispondere, perché ci vorrebbe tutta la saggezza dei tanti maestri che si sono succeduti nei millenni e hanno detto molto sui misteri della vita e della morte. Ma forse capita a proposito e mi può aiutare una delle bellissime “Meditazioni quotidiane” di Dede Riva (Edizioni Mediterranee) che cito spesso, e precisamente quella del 13 Novembre, intitolata La verità.
La dedico a tutti, ma in particolar modo proprio a Lorenzo. Eccola.

Questa è la storia di un uomo che si innamorò di una rosa, proprio come successe tanto tempo fa
– o ieri – ad un Piccolo Principe.
Il tutto cominciò con un'occhiata, terribilmente seduttiva, che un bocciolo gli lanciò una mattina. Da quel momento l'uomo provò un sentimento d'amore sempre crescente che passò dalla fase del corteggiamento (da parte sua e ritrosa civetteria da parte della rosa) a quella della fascinazione quando il bocciolo cominciò a chiudersi mostrando il colore scarlatto dei petali, “un colore incredibilmente armonico e pieno, equilibrato, mai eccessivo”, dell'innamoramento e della passione nel momento della “più sfolgorante e smaccata bellezza”, e dell'amore, quando il sentimento viscerale degli inizi si trasformò, in concomitanza con i primi segni di una splendida decadenza, in qualcosa di più dolce, più profondo e forse di più intenso.
Ma il momento più toccante della storia è, come sempre succede nelle storie d'amore, quello dell'addio che l'uomo descrive così:
Il tempo passava e nella sua sobria compostezza notai come fosse stata attenta a non lasciar mai cadere un petalo, neanche quelli più contorti o secchi. E non abbandonò mai il suo portamento fiero, nobile; non reclinò mai la testa, rimanendo sempre eretta, simbolo di una sua profonda aspirazione verso il cielo. Rimase eretta anche dopo un acquazzone notturno, molto violento. E quando quella mattina scendendo le scale non sentii il suo profumo, rimasi sorpreso. La trovai con alcuni petali che le ricoprivano il centro, come se avesse voluto proteggerlo dal temporale. Sospettando una sua debolezza nel raddrizzare quei petali, osai toccarla – per la prima volta! – per rimettere al loro posto i petali scomposti: ne crollarono al suolo la metà! Se ne era andata, così, in silenzio, senza avvertirmi, senza volermi creare preoccupazioni, dimostrandomi una volta di più una signorilità straordinaria anche in questo passaggio. Il ciclo della sua vita si era concluso e ormai era entrata nel ciclo dello spirito. Mi chiesi se esistesse un'anima di gruppo delle rose: mi piacque pensarlo. Rimasi a lungo a guardare quello stelo ormai spoglio; mi sentivo come uno spettatore che avesse avuto il privilegio di assistere a qualcosa di magico, con la paura di rovinare un'atmosfera irripetibile, testimone apparentemente distaccato eppure profondamente partecipe di questa ultima lezione di vita che la Mia maestra rosa mi aveva concesso. Respinsi la tentazione di raccogliere i petali caduti e lasciai che il vento gradatamente li disperdesse”*

“Al discepolo che gli chiedeva della verità, egli mostrò un fiore, senza parlare”.

*(da Insegnanti 3 di Lucio Baldini, su Psicodinamica N° 16, settembre-dicembre 1991)    

venerdì 15 novembre 2013

CHE COS'È LA CONSAPEVOLEZZA? E COME SI RAGGIUNGE? LO SPIEGA UN LIBRO APPENA USCITO


Che cos'è l'acqua?
Può accadere anche a noi di essere come questo pesce rosso, cioè di vivere senza consapevolezza dell'acqua in cui siamo immersi, intendendo come “acqua” tutto quello che incontriamo quotidianamente, in particolare le relazioni con le altre persone.

Come viviamo dentro l' “acqua”?
Abitudini, Pilota automatico, Schema mentale, Tendenza alla ripetizione, Riflesso condizionato, Influenza neurale “dall'alto verso il basso”, Lifetrap, Pregiudizio… sono molti i termini che si possono usare per descrivere quella tendenza a vivere in modo inconsapevolmente reattivo: questo accade frequentemente nelle relazioni con le altre persone, che spesso costituiscono una delle maggiori fonti di stress: d'altra parte senza relazioni non si può vivere, non si può lavorare.

Che fare allora?
Non sentire, non vedere, non udire… reagire come si è sempre fatto… distrarsi… negare che vi sia sofferenza… non la elimina ma anzi la aggrava. Solo se diventiamo pienamente consapevoli dell'acqua in cui viviamo, cioè di quel che è veramente la nostra esperienza, momento dopo momento, possiamo ridurre lo stress determinato dal modo in cui entriamo in contatto con le persone e con gli eventi della vita.

Che cos'è e come funziona la mindfulness
La mindfulness è un'attitudine umana universale: è l'intenzionale, non giudicante, modalità di essere attenti, con la mente e con il cuore, al dispiegarsi dell'esperienza nel momento presente. In tal modo una persona può interrompere i propri abituali automatismi di reazione. Si tratta di imparare a schiacciare il tasto “pausa”, per evitare  di continuare a mettere in atto reazioni comportamentali inadeguate o rappresentazioni del sé non autentiche: questo è un passaggio cruciale per recuperare il benessere psicologico e l'integrazione mente-corpo.

Questo è ciò che sta scritto nell'introduzione a un corso per la riduzione dello stress, il cui acronimo è MBSR (Mindfulness Based Stress Reduction), che sulla scia di altre iniziative analoghe inaugurate da Jon Kabat-Zinn presso l'Università del Massachussets sul finire degli anni '70, ora è svolto anche a Milano da Gherardo Amadei, medico, psichiatra, psicoanalista e professore associato presso la Facoltà di Psicologia dell'Università degli Studi di Milano-Bicocca. Amadei si è formato alla conduzione del programma MBSR direttamente presso il Center of Mindfulness della Facoltà di Medicina dell'Università del Massachussets. E recentemente ha pubblicato i libro Mindfulness - Essere consapevoli, presso la Casa editrice Il Mulino di Bologna, dal quale abbiamo tratto alcuni passi esplicativi sulla mindfulness:

“…L'espressione «portare la mindfulness nella vita di tutti i giorni» ha una duplice valenza: veicola infatti sia il significato di avere ogni giorno dei momenti in cui praticare secondo modalità formali sia il significato di cogliere ogni occasione come stimolo opportuno per praticare, secondo modalità informali, nei più diversi contesti, poiché come ha detto Thic Nhat Hanh (celebre monaco vietnamita buddista nella tradizione Zen Rinzai che vive in esilio a Plum Village, in Francia, a capo di una comunità di monaci e laici dove insegna l'arte di vivere in consapevolezza, n.d.r.), la mindfulness è sempre di qualcosa: del respirare, del camminare, del mangiare, dell'entrare in relazione…
La vita quotidiana è il punto di arrivo della pratica ed è anche il miglior terreno in cui esercitarsi, poiché è proprio lì che «il suono delle ruote della mente» può stordirci tanto da non permetterci di ascoltare
«i suoni che realmente ci sono», e questo può accadere senza che ce ne rendiamo conto. In tal senso il «quando e dove» è di secondaria importanza, poiché la risposta non può che essere: «quanto tu puoi, ovunque tu sia», al fine di contrastare gli automatismi mentali e le correlate abitudini comportamentali.
Nel mezzo della corrente della vita, per non essere travolti, bisogna trovare «un posto dove sostare» e questo può essere dovunque ci connettiamo al respiro, dovunque sentiamo che siamo arrivati, che siamo «a casa» (Hanh).
… L'attitudine alla mindfulness può caratterizzare ogni momento della nostra vita quotidiana, dal mangiare un panino seduti in un vagone della metropolitana al parlare con un amico incontrato per caso, ma per essere stabilmente mantenuta va coltivata sia occasionalmente sia metodicamente, con costanza, riuscendo quindi al alternare ogni giorno pratiche informali con altre formali… che creeranno dei feedback positivi le une con le altre.
Insomma, puoi portare la mindfulness proprio dove sei…

Momento dopo momento, giorno dopo giorno: «Se mantenete la consapevolezza continua di quello che sta accadendo, vedrete i problemi del momento stesso in cui si schiudono e potrete prevenirne gli sviluppi. Quando le cose esplodono è troppo tardi. Il punto principale è il confronto con la vita quotidiana» ed è il modo in cui ci rapportiamo ai sentimenti, alle parole, alle cose ordinarie di tutti i giorni può costituire oggetto di pratica meditativa in azione ed è per tale motivo che Thich Nhat Hanh invita ad «applicare la meditazione alla vita quotidiana».
Per tenere a bada il ritorno delle abitudini, della reattività, della dimenticanza di noi stessi, conviene pertanto che il fermarsi o il praticare in azione sia presente (in modo formale o informale) durante ogni giornata, feriale o festiva, anche per un tempo minimo”.

Il libro, poi, spiega nei dettagli una serie di tecniche da seguire e spiega come la pratica della mindufulness sia entrata di diritto nel terreno delle tecniche psicoterapiche moderne, delle quali è ritenuta ormai una valida alleata per vincere le nevrosi che imprigionano le vite di molti pazienti, con i loro automatismi, il loro continuo reagire (non agire) di fronte alle situazioni e alle persone. È un libro fondamentale per chi vuole imparare il modo per giungere a una maggiore comprensione di sé, a un maggiore equilibrio nella consapevolezza. A essere un “testimone” dei propri pensieri, delle proprie emozioni, degli avvenimenti, della vita.



Qui sopra, lo psicoanalista Gherardo
Amadei. Sotto, la copertina
del suo libro Mindfulness - Essere
consapevoli
, pubblicato recentemente
dalle edizioni Il Mulino.

giovedì 14 novembre 2013

CATASTROFI NATURALI? SE AMI LA TERRA, ECCO COME PUOI AIUTARLA A GUARIRE

“Perché di tanto in tanto accadono immani catastrofi come quella recente che ha riguardato in modo così drammatico le Filippine e centinaia di migliaia dei suoi abitanti?” mi scrive Amanda da una città dell'Abruzzo. “Sono rimasta sconvolta dalle immagini trasmesse dalle nostre tv, con tutte quelle persone disperate che hanno perso tutto. Io ho vissuto in prima persona il terremoto dell'Aquila e so che cosa vuole dire il terrore che può incutere la forza della natura, ma il tornado delle Filippine deve essere stato davvero qualche cosa di terrificante. Immagino solo vagamente come si senta annientata quella popolazione così sfortunata. E come se non bastasse, ogni giorno veniamo a conoscenza di terribili delitti he per vittime hanno soprattutto noi donne. Ma in che mondo viviamo?”
Anche se noi uomini di certo non capiamo la vera ragione che sta dietro tutto questo e restiamo attoniti e senza parole di fronte a fenomeni così devastanti o ad azioni che ci lasciano senza fiato, tutto questo non deve avere per noi un significato solo negativo. Ce lo spiega in modo esemplare Dede Riva, l'autrice del bellissimo libro Meditazioni quotidiane - Pensieri di trasformazione (Edizioni Mediterranee), che precisamente per la meditazione del 6 Novembre ha scritto:

“Tu racchiudi in te stesso tutti i regni della natura: il regno minerale nel tuo corpo fisico, il regno vegetale nel tuo corpo energetico ed il regno animale nel tuo corpo astrale. L'elemento che unifica queste dimensioni, che le allinea armonizzandole, è il Sé.
Quest'ultima componente è collegata alla sfera spirituale e rappresenta l'antenna rice-trasmittente che ad essa ti connette. Tramite il Sé ricevi l'energia cosmica che poi trasmetti attraverso le altre dimensioni più solide alla Terra. Attraverso gli altri tre corpi ricevi l'energia terrestre che trasmetti al Cielo. Il tuo ruolo è determinante, sei l'ufficiale di collegamento tra la Terra e il Cielo.
Pertanto se vedi compiere intorno a te – o se i mass media ti informano di – azioni così tremende da rasentare o superare la pazzia, se vieni a conoscenza di catastrofi e sciagure terribili, non lasciarti andare a giudizi negativi o a una sterile compassione; ricorda piuttosto il tuo ruolo.
Puoi usare questa tecnica: attira in te l'energia celeste ed inviala a quelle persone o in quel luogo della Terra dove l'armonia e l'equilibrio sono stati così pesantemente alterati. Visualizza questa energia come un raggio di luce che entra in te attraverso il chakra della testa, il loto dai mille petali; falla scendere attraverso il terzo occhio fino al chakra della gola. Da qui fanne fluire una parte verso le spalle, le braccia e le mani, ed un'altra verso il centro del cuore. Inspirando carichi questi punti di energia luminosa; espirando la effondi attraverso il cuore e le mani nei punti in cui la Terra sta soffrendo. Continuando per il tempo che ritieni necessario.
Tieni sempre presente questa tua potenzialità ed utilizzala ogni volta che lo ritieni opportuno se la guarigione del tuo Pianeta ti sta veramente a cuore”.

IL SAGGIO? È CHI SEGUE IL TAO, IL DISTACCO NEI CONFRONTI DELLA VITA. PAROLA DI LAO TZU


Dice Lao Tzu*:

Per questo l'uomo saggio
s'adegua alla vita con la non-azione
insegna senza parlare
lascia che le cose nascano e si sviluppino 
senza opporsi a esse
né forzarle
né trarne vantaggio
agisce senza attaccarsi a ciò che fa 
e proprio grazie a questo suo distacco
non accade mai che venga escluso dalle cose. 


*Lao Tzu, transillerato anche nelle forme Lao Tze, Lao Tse, Lao Tzi e altre ancora, è stato uno delle maggiori figure della filosofia cinese, la cui esistenza reale è ancora dibattuta. Attenendosi alla tradizione cinese, egli visse nel VI secolo a.C., anche se molti storici collocano la sua vita nel IV secolo a.C., il periodo delle cento scuole di pensiero e degli Stati Combattenti. È considerato il padre del Taoismo (da Wikipedia).

giovedì 24 ottobre 2013

IL MESSAGGIO DI SANTA ILDEGARDA DI BINGEN, MONACA BENEDETTINA MEDIOEVALE: ESSERE COME PIUMA ABBANDONATA AL VENTO DELLA FIDUCIA IN DIO

                                     
Ecco di seguito il racconto di Elisa, una mia giovane allieva del corso di meditazione e mindfulness, che fino a poco tempo fa stava attraversando un periodo alquanto difficile a causa della rottura del legame sentimentale con il suo compagno, che durava da ben vent'anni. Anche se ultimamente il rapporto non era più idilliaco come un tempo, è stato il suo compagno a comunicarle la decisione di voler interrompere il loro legame, ed Elisa, che pure ha sofferto negli ultimi tempi per le continue incomprensioni con il partner, ha vissuto questa decisione come un vero abbandono. E avendo sempre vissuto, in questi vent'anni, un rapporto assolutamente esclusivo, nella massima fedeltà, dop questo abbandono si sentiva tremendamente sola e, a un'età non più verde, incapace di ricominciare a credere nell'amore e di ricostruirsi una vita sentimentale. Tanto che a volte era assalita da una sensazione di panico che solo la meditazione e i colloqui con me (oltre alla lettura delle mie dispense in cui ho raccolto una parte dei miei modestissimi insegnamenti) riuscivano ad attenuare. Ma ecco che un pomeriggio è stata protagonista di un piccolo avvenimento, davvero minimalista agli occhi di una persona che non sta vivendo la sua drammatica esperienza, ma che per lei ha assunto il significato di una vera, incontestabile, tangibile rivelazione, capace di ridarle una speranza e fiducia nella vita.
«Durante uno dei miei momenti tristi e solitari sulla spiaggia, in cui ero vicina alla disperazione, ho camminato a lungo sul bagnasciuga, poi, esausta, mi sono seduta ai piedi di un'alta duna. - ricorda - Era pomeriggio e si era alzato un po' di vento. Ho lanciato un'occhiata al mare, che in quel momento aveva un colore bellissimo, alle dune che fanno da cornice alla lunghissima spiaggia e, poi, alle persone che stavano allungate a una certa distanza da me. Poi i miei occhi si sono posati sui tantissimi, piccoli avvallamenti formati dalla sabbia, la cui ombra era resa più evidente dal fatto che i raggi del sole li colpivano sempre più obliquamente. In uno di questi, a un paio di metri da me, ho notato chiaramente una piccola piuma bianca, persa evidentemente da qualcuno dei piccoli uccelli che sorvolano la sabbia e saltabeccano sul bagnasciuga specialmente al tramonto. Era ancora assorta nei miei cupi pensieri quando, sospinta da una folata di venticello, e la piccola piuma ha attirato la mia attenzione come se stesse chiamandomi. Ha cominciato a danzare nell'aria e, dopo una serie di acrobatiche evoluzioni, mi è saltata letteralmente addosso, sul mio petto all'altezza del cuore. Quel piccolo fatto che parrebbe quasi insignificante mi è sembrato immediatamente un attimo magico, irripetibile. È come se avessi sentito dentro di me, in modo forte e inequivocabile, il messaggio che tacitamente quella piccola piuma voleva comunicarmi: “Fai come me, lasciati trasportare dal vento, ossia dalla vita. Non opporle resistenza, accetta di danzare: un giorno anche tu come me arriverai in un porto sicuro”. Quel piccolo ma importante messaggio è entrato dentro di me come un ciclone, è diventato parte di me all'istante, come una verità eterna, che prima avevo letto tante volte nei libri dei maestri yoga o dei filosofi più illuminati, ma che non avevo mai fatta mia veramente, con tutta me stessa. Ricordo che ho stretto nella mia mano quella piccola piuma bianca, bellissima, un piccolo capolavoro della natura, come fosse un tesoro inestimabile e le lacrime hanno cominciato a rigarmi il volto. Era come un fiume in piena che non riuscivo a fermare. La spiaggia, le persone, mi apparivano tutte deformate, ma io piangevo di gioia e di sollievo, stringendo nella mano la piccola piuma. Se qualcuno attorno mi avesse osservata avrebbe pensato che ero impazzita. Ma che cosa mi importava? La disperazione si stava sciogliendo, stavo riacquistando fiducia nella vita perché in quel momento avevo capito che non siamo soli in questa vita, che c'è qualcuno che in silenzio, con discrezione, che ci osserva e ci guida, preoccupandosi sempre del nostro destino. L'angelo custode? Uno spirito guida? In fondo, che importa saperlo. Ma da allora non mi sento più sola, anche se fisicamente lo sono tuttora. E naturalmente ho conservato la piccola piuma bianca. Ogni tanto la riguardo con tenerezza, la accarezzo, la bacio, le parlo come a un'amica. Chissà, forse un po' pazza lo sono veramente, ma almeno, adesso, sono una pazza felice. Ho rifatto pace con la vita. E non mi pongo più domande sul mio futuro. Come mi ha suggerito la piccola piuma bianca ho accettato di danzare nella vita, di lasciarmi portare dove vuole lei. E so che un giorno arriverò in un porto sicuro, dove non avrò più paura di nulla e sarò felice. Per l'eternità».
Un racconto che mi ha commosso, perché davvero toccante, converrete con me. Ma che mi ha fatto subito venire in mente, per la straordinaria coincidenza che presenta, l'affermazione di una grande santa del passato, la monaca benedettina e mistica medioevale Ildegarda di Bingen. Molti di voi conosceranno la sua vita e le sue opere straordinarie o ne avranno almeno sentito parlare. Nacque nel 1098 in Germania e fu tra l'altro protagonista di molte "visioni dall'anima” e, cosa straordinaria appunto, definì se stessa più volte “una piuma abbandonata al vento della fiducia in Dio”. Quando qualche settimana fa l'ho detto a Elisa, per lei è stata una vera rivelazione. Mi ha abbracciato commossa e felice, e da allora la sua fiducia nella vita e nella forza straordinaria di quella Forza che possiamo chiamare Dio, Energia Pura, Coscienza cosmica o in mille altri modi è aumentata a dismisura. Da allora non l'ho vista più soffrire ed essere triste. Al contrario, è sempre serena e aiuta gli altri a esserlo. Credo che un avvenimento così rivoluzionario, pur nel suo apparente minimalismo, possa capitare a chi forse è già incamminato sulla strada della realizzazione spirituale, come credo lo sia appunto Elisa. 
Per chi non sa nulla di Ildegarda di Bingen o vuole approfondire la conoscenza sulla sua vita e sulle sue opere, ecco di seguito, per cominciare, una breve ma illuminante biografia tratta da sito www.ilcerchiodellaluna.it


«Ildegarda fu unica, irripetibile, profetessa e musicista (probabilmente la prima donna musicista della storia cristiana), mistica e donna di potere, visionaria, filosofa e donna di medicina, scienziata e poetessa, umile e famosa in tutta Europa, anticonformista, instancabile organizzatrice e donna dalla salute fragilissima, aristocratica confidente di papa e imperatori e fiera sostenitrice della vicinanza al popolo. Ildegarda nelle sue visioni incontrava Sophia, la sapienza divina femminile, e da essa ispirata diede forma a una descrizione dell'universo, del mondo e dell'uomo pervase da un'armonia e una bellezza profonde. Seppe essere delicata, autorevole, concreta, accogliente, ispirata, coraggiosa e paziente.
Ildegarda di Bingen, anzi, santa Ildegarda di Bingen - il suo culto è ancora oggi assai vivo in Germania - monaca e badessa nel monastero femminile Benedettino, visse nel XII secolo, nell'epoca medioevale cui risalgono le grandi cattedrali gotiche, Chartres in primo luogo.

                                                         

La sua vita
Ildegarda è la decima e ultima figlia di nobile famiglia. Nasce in epoca di crociate: il nome Ildegarda significa proprio vincitrice delle battaglie. Fin da piccola era una bambina 'speciale' (oggi diremmo 'indaco'): intelligente, acuta, di salute assai instabile; anche la sua natura di visionaria comparve molto presto, verso i cinque anni. I genitori decidono di affidarla, all'età di otto anni, alla maestra Jutta, una giovane di nobile lignaggio che si era appena ritirata in clausura presso il monastero benedettino di Disibodenberg.
Giunta all'adolescenza Ildegarda decide di porre la sua vita al servizio di Dio; pronuncia i voti dell'ordine benedettino e riceve il velo. Passano trent'anni senza che si verifichino grandi eventi, ma intanto: "La reverenda madre (Jutta) scopriva piena di meraviglia come la sua allieva fosse divenuta a sua volta maestra ...".
Così, alla morte di Jutta le monache la eleggono badessa. Per cinque anni ancora la vita
al monastero prosegue il suo corso tranquillo, ma quando Ildegarda arriva ai quarantadue anni, in un momento di crisi fisica e pichica, la voce di Dio insistentemente le intima di rendere pubbliche le sue visioni scrivendone.
Da quel momento le forze le ritornano e Ildegarda inizia a comunicare le visioni: scrive la sua prima grande opera, lo Scivias (Conosci le vie). Intanto la sua fama si spande nella regione, giungendo anche alle orecchie del Papa che, su consiglio di S. Bernardo, dà a Ildegarda il permesso di rendere noto ciò che lo Spirito le ispira incoraggiandola a scrivere. La sua fama comincia ad espandersi: Ildegarda inizia a intrattenere scambi di epistole con numerosissimi e potenti personaggi in tutta Europa (fra cui l'imperatore Barbarossa), dissertando di politica, filosofia e teologia.
Ildegarda scrive, compone musica sacra, si occupa di varie scienze, di medicina e fitoterapia in particolare. Detta ciò che le sue visioni le indicano e ne fa dipingere immagini.
Sempre più numerose sono le fanciulle che bussano alla sua porta per essere accolte in monastero. Ildegarda decide di fondare un nuovo convento sulla collina di Rupertsberg, vicino alla città di Bingen, alla confluenza di due fiumi. Dopo una fase travagliata, con rapporti difficili con la comunità monastica maschile, il nuovo convento si consolida lentamente finché Ildegarda ottiene la protezione dell'arcivescovo di Magonza e dello stesso imperatore, Federico Barbarossa.
Con l'imperatore la santa ha avuto buoni rapporti fin da quando egli, colpito dalla sua fama, l'ha invitata nel suo castello di Ingelheim. Ciò non le impedisce di prendere risolutamente posizione contro di lui (con parole di fuoco), a favore del Papa legittimo Alessandro III, quando l'imperatore entra in contrasto col papato facendo eleggere due successivi antipapi.
Sotto la saggia guida di Ildegarda, la comunità di Rupertsberg vive nella gioia e nella concordia, suscitando ammirazione ovunque. Così scrive il monaco fiammingo Viberto: "La madre circonda le figlie con tale amore, e le figlie si sottomettono alla madre con tale reverenza, che si stenta a distinguere se siano le figlie o la madre a riportare la vittoria. Praticano con zelo letture e canti e le si può vedere intente a scrivere libri, a tessere paramenti sacri o dedite ad altri lavori manuali".
Il convento di Rupersberg attira sempre più giovani, così che dopo dieci anni dalla fondazione Ildegarda fonda un altro convento sulla riva opposta del Reno, ad Eibingen. Gli aumentati impegni non le impediscono comunque di continuare nella produzione delle sue opere, fra cui il Liber divinorum operum (Il libro delle opere divine). Ormai anziana, ma piena di energie, Ildegarda non manca di portare la sua parola, fatto straordinario per una donna, lontano dal suo convento, compiendo quattro grandi viaggi di predicazione nelle principali città dell'Europa centrale. Negli ultimi anni (raggiungerà gli 81, età assai ragguardevole per il medioevo, nonostante la salute sempre cagionevole) non cessano i contrasti anche col clero locale, nei confronti del quale Ildegarda si mostra inflessibilmente decisa.
Un anno prima della sua morte, Ildegarda dà prova della sua forza, opponendosi ai prelati di Magonza che le hanno ordinato di disseppellire e gettare il cadavere di un nobile scomunicato, sepolto nel suo monastero, pena la scomunica del monastero stesso; con il suo bastone traccia una croce nell'aria sulla tomba, poi fa in modo che sul terreno non resti alcun segno che possa farla identificare e ordina di far tacere canti e melodie nel suo monastero.
"Vidi nell'anima mia che se avessi obbedito e buttato il cadavere fuori dal cimitero, tale azione avrebbe minacciato la nostra dimora come una grande nube nera, ci avrebbe avvolto come un nembo tonante che preannuncia la tempesta".
Viene, poi, provato che, prima di morire, al nobile era stata tolta la scomunica, e la questione si risolve, ma intanto Ildegarda ha offerto una nuova testimonianza della sua forza interiore.
                                                    

Le visioni

Nonostante nel medioevo vi sia una fioritura di fenomeni mistici e di monaci e monache visitati da visioni, furono in realtà rarissimi i casi in cui tali visioni vennero accreditate come veritiere e profetiche, come per Ildegarda. Fra i criteri importanti, allora come ora, l'assenza di narcisismo: Ildegarda non si auto-nomina profetessa e non pubblica il contenuto delle sue visioni fino ai suoi 45 anni, quando le giunge l'ordine esplicito di farlo. Sottopone alle autorità ecclesiastiche le sue parole e attende di essere esaminata dalla commissione nominata dal Papa per questo. Ricevuto l'assenso, inizia a dettare pagine e pagine su ogni aspetto dello scibile, dall'astronomia alla medicina, dalla fisica alla teologia, dalla filosofia alla cristalloterapia. In ogni campo, emerge l'aspetto dinamico delle visioni, che le si presentano innanzitutto come immagini in movimento.
Le visioni la accompagnano fin da piccolissima. Come racconta lei stessa:
"Nel mio quinto anno di vita vidi una luce così grande che la mia anima ne fu scossa, però, per la mia tenera età, non potei parlarne..."
Le visioni coincidono spesso con momenti di grande sofferenza fisica e psichica. Non sono momenti di estasi e tanto meno di trance: per ammissione sua e dei testimoni, durante la visione ella non perde mai il controllo, mantiene sempre il contatto con la realtà ed è pienamente consapevole, pur nelle sofferenze che accompagnano quelle singolari esperienze. Le sue visioni sono dunque un modo speciale di "vedere", un modo particolare di entrare in rapporto con la realtà, un modo diretto, capace di andare nel profondo, di intuire il vero, di cogliere nessi e relazioni, di immaginare possibilità e perciò a volte anche di prevedere vicende future. Ildegarda ormai anziana ne dà una lunga descrizione in una lettera a Gilberto di Gembloux:
"Fin dall'infanzia, quando ancora i miei nervi, le ossa e le vene non avevano raggiunto la pienezza della forza, e sino al tempo presente, ho sempre avuto nell'anima queste visioni, ed oggi ho più di settantadue anni; in queste visioni la mia anima, secondo il volere di Dio, ascende fino agli estremi del firmamento e segue le correnti dei diversi venti, e raggiunge genti diverse, anche lontane e sconosciute. E poiché nell'anima vedo tutte le cose in questo modo, nella mia visione soffro la mutevolezza delle nubi e degli altri elementi del creato. Queste cose non le percepisco con le orecchie esteriori, né le penso segretamente fra di me, né le apprendo mediante l'uso congiunto dei cinque sensi; posso dire soltanto che le vedo nell'anima, e che i miei occhi esteriori sono aperti, cosicché mai in esse ho subito il mancamento dell'estasi; io le vedo di giorno e di notte, ma sempre da sveglia. E sempre sono oppressa dalle infermità, e spesso soffro di così gravi dolori, che mi pare che minaccino di uccidermi; ma fino ad oggi Dio mi ha guarita. La luminosità che vedo non è racchiusa in un luogo, ma risplende più della nube che sta davanti al sole; non so distinguere in essa altezza, lunghezza e larghezza; ed essa per me ha nome 'Ombra del Vivo Splendore'. E come il sole, la luna e le stelle appaiono riflessi nell'acqua, così le scritture, i discorsi, le virtù e le opere degli uomini risplendono per me in essa. Tutto quello che vedo e apprendo nelle visioni lo conservo nella memoria per lungo tempo, cosicché ricordo quello che un tempo vidi; e vedo, ascolto e apprendo nello stesso istante, e quasi istantaneamente comprendo ciò che ho appreso; ma quello che non vedo non lo conosco, perché sono ignorante ed ho imparato a malapena a leggere. Le cose che scrivo delle visioni sono ciò che ho visto e udito; e non aggiungo altre parole oltre a quelle che sento e che riferisco in un latino imperfetto, come le ho udite nella visione; poiché nelle mie visioni non mi si insegna a scrivere come scrivono i filosofi, e le parole udite nella visione non sono come quelle che risuonano sulla bocca degli esseri umani, ma come fiamma che abbaglia o come una nube che vaga nella sfera dell'aria più pura. Di questa luminosità non posso conoscere la forma, non più di quanto si possa guardare direttamente la sfera del sole. Talvolta - ma non accade di frequente - vedo all'interno di questa luminosità un'altra luce, che chiamo 'Luce Vivente'. Non so dire quando e come io la veda; ma, allorché la vedo, si allontano da me tristezza e dolori, e mi comporto allora con la semplicità di una fanciulla, e non come una donna ormai vecchia".
Fra le visioni, fin dalle prime le appare Sophia, sapienza divina, che le trasmette l'amore e il disegno del creato.
"E vidi come nel centro dell'aria australe un'immagine nel mistero di Dio bella e mirabile, di forma simile a quella umana, il cui volto era così bello e splendente, che è più facile fissare il sole che non quel volto... Così parlò l'immagine, che comprendiamo essere l'amore, che rivela il suo nome come vita di fuoco della sostanza divina..."
E le visioni sono accompagnate da una musica celestiale, che Ildegarda trascrive, componendo (lei che non ha alcuna cultura musicale) canti e musiche all'avanguardia nel panorama gregoriano dell'epoca (rigorosamente opera di compositori uomini) e che sono anche ai giorni nostri brani di notevole successo, realizzati dai più quotati cori e orchestre.

Le opere: musica, arte, poesia, scienza e fede
Fusione di testi, immagini e musiche qualcuno ha proposto di classificare le opere di Ildegarda come "multimediali".
Ildegarda ha utilizzato in modo potente lo strumento delle immagini, attingendo e riformulando il grande patrimonio dell'immaginazione medievale, che non era semplice frutto di fantasia ma era carica di significati e di valori. Le sue visioni sono infatti delle straordinarie figurazioni intellettuali e immaginifiche sviluppate sulla base dell'immaginario collettivo dell'epoca (poiché Dio le parlava dall'interno della sua cultura) nel quale erano attivi anche elementi naturalistici e astrologici ereditati dall'antichità precristiana. Le magnifiche miniature che raffigurano le sue visioni (quelle dello Scivias furono eseguite molto probabilmente sotto la sua guida diretta) sono immagini simboliche statiche; la santa vedeva invece immagini dinamiche.

                                                     

L'uomo, il mondo, la viriditas, l'armonia musicale
Microcosmo e macrocosmo, uomo e mondo si corrispondono, animati dallla stessa forza vitale, la viriditas, il verdeggiante spirito, il soffio che dà vita.
L'uomo "splendore di bellezza e di luce" è rappresentato come il nucleo centrale di un cosmo a cerchi concentrici, abbracciati da Dio uno e trino (rappresentato spesso nelle sue immagini come un cerchio di fiamme). Nell'uomo la testa corrisponde a sole, luna e stelle, il petto ai venti, l'addome alle acque e le gambe e i piedi alla terra. Il cosmo è in realtà l'uovo cosmico, immagine di fecondità di vita.
Uomo e universo sono composti nello stesso modo: aria, acqua, fuoco e terra ne sono gli elementi di base, la viriditas ne anima ogni cosa.
Diversamente dall'imperante disprezzo per il corpo della sua epoca, Ildegarda vi legge un aspetto essenziale del creato, portatore della possibilità di espressione del divino celeste. Ella ha la capacità di far coincidere aspetti spirituali e aspetti concreti tanto nelle sue opere quanto nel sua modalità unica di dirigere il suo monastero e di muoversi nel mondo del suo tempo. Come vedremo poco oltre, sapere ed esperienza non sono separabili per lei, così come nelle sue visioni le giunge contemporaneamente il "sapere" sul mondo e l'"esperienza" di tale sapere.
Armonia celeste e armonia musicale si corrispondono, nella visione di Ildegarda. Simphonia è un concetto chiave nell'universo spirituale di Ildegarda, che lo usa per indicare non solo l'armonia dei suoni creati dalle voci e dagli strumenti, ma anche l'armonia celeste e l'armonia intima dell'uomo. Secondo Ildegarda l'anima umana è simphonalis (sinfonica) e questa caratteristica si esprime, sia nell'accordo fra anima e corpo, sia nel far musica. La musica è celeste e terrestre insieme: essa evoca, almeno per un momento, la consonanza celeste che regnava in Paradiso prima del peccato originale, riproducendola nel giubilo delle voci e degli strumenti. Il primo uomo spontaneamente cantava, con voce simile a quella degli angeli.

Scienza e medicina
L'intera opera di Ildegarda si basa sull'uso dell'analogia e del simbolo: attraverso tali strumenti ella tenta di comunicare non solo le idee ma anche l'esperienza, incomunicabile a parole. Dalla fisica alla medicina, una stessa legge attraversa le scienze, una legge di corrispondenza.
La sua medicina ha due anime: quella mistica (le visioni rivelatrici divine, il veder dentro nella luce divina), e l'altra scientifica, quella che la porta ad osservare direttamente la natura, raccogliendo le erbe più rare, osservando i decorsi delle malattie delle sorelle e degli infermi dei dintorni di Bingen, elaborando rimedi, cure, ricette (l'alimentazione è un aspetto fondamentale per la salute), spesso validi ancora oggi. Conoscendo bene la sofferenza, a causa della sua salute malferma, Ildegarda, in straordinaria modernità d'intuizione, è convinta che, proprio per la corrispondenza di uomo e universo, inscindibilmente legati, il malessere dell'uno si ripercuota sull'altro; perciò, per raggiungere o
riacquisire il benessere psico-fisico, l'essere umano deve ri-attingere le energie necessarie dal mondo circostante, essendo parte del tutto, giacché i suoi disturbi dipendono proprio dalla perdita dell'armonia con l'ambiente esterno.
Nelle sue miniature, l'uomo-microcosmo è in armonia con Dio e con il creato (il cerchio di fuoco che circonda e contiene la figura è l'amore di Dio).
Ildegarda attinge al mondo vegetale, descrivendo anche la forma delle piante, le caratteristiche del rimedio, gli effetti prodotti, la diversa efficacia e i diversi utilizzi, personalizzando la cura a secondo che se a riceverlo era un uomo o una donna.
I suoi rimedi sono basati, secondo l'uso del tempo, sulla dottrina dei temperamenti, sul caldo e sul freddo, sull'umido e il secco e sul loro bilanciamento, in eccesso o in difetto per riequilibrare gli umori causa del disturbo.
Molti ancora oggi vengono usati nella fitoterapia contemporanea; ad esempio, per la cefalea e il mal di stomaco Ildegarda suggerisce la mentuccia, dove la fìtoterapia moderna adopera la menta; contro la nausea suggerisce il cumino, ancora oggi usato; per la tosse e il raffreddore trova efficace il tanaceto e, in caso di epistassi, l'aneto e l'achillea millefoglie, erbe similmente adoperate ai giorni nostri.
Ildegarda scrive anche di cristalloterapia; consapevole che pure nelle pietre risiede la viriditas, e attribuisce alle diverse pietre i loro poteri curativi. Dedica alle pietre un'opera specifica (il De lapidarum) e suggerisce diversi modi per utilizzarne i benefici effetti, indossandole o variamente preparandole.
Ad esempio, ai mentitori e alle persone inclini alla collera per guarire suggerisce di tenere in bocca un diamante; il topazio, invece, messo in una bevanda, neutralizza qualsiasi veleno; la perla, sciolta in poche gocce d'aceto, ingerita, è efficace contro il mal di testa; l'ametista, strofinata sulle zone interessate, elimina le macchie dal viso. Per il dolore al cuore è opportuno mettere una pietra di diaspro freddo sul petto fino a quando il calore del corpo non lo abbia riscaldato, poi toglierla e lasciarla raffreddare ancora, ripetendo il trattamento sino a quando non si riscontra il miglioramento; per i sogni agitati e gli
incubi, invece, suggerisce di tenere la pietra di diaspro accanto a sé mentre si dorme, perché la sua energia favorirà la serenità del sonno.
E per gli occhi dolenti, Ildegarda consiglia di mettere un topazio a bagno nel vino per tre giorni e tre notti e poi, prima d' andare a dormire, di appoggiare la pietra bagnata di vino sugli occhi. Anche nel terreno della cristalloterapia, come in quello fitoterapico, Ildegarda mostra la sua capacità di intuizione, comprensione del linguaggio simbolico e delle energie, unita ad una attenta osservazione degli effetti dei rimedi.

Le donne e il femminile
Ildegarda ha, naturalmente, uno sguardo speciale per il mondo delle donne, sia nelle opere che nella vita. Nonostante si descriva come "debole essere femminile", come voleva la cultura cristiana del tempo, è capace di valorizzare il femminile nei suoi aspetti principali e, soprattutto, di offrire una descrizione dei momenti più intimi del femminile in cui la donna è riconosciuta nell'integrità e nella completezza di sé sia sul piano corporeo che sul piano spirituale, un punto di vista davvero sorprendente per una monaca medioevale.
La riproduzione e l'amore sono per Ildegarda le manifestazioni della potenza divina creatrice, di cui uomo e donna sono i portatori.
Si occupa di diversi aspetti del femminile, fra cui il ciclo mestruale, che - secondo la concezione della corrispondenza microcosmo/macrocosmo - ritiene connesso con le fasi lunari.
Del piacere sessuale, scrive nel Liber causae et curae:
"Quando nel maschio si fa sentire l'impulso sessuale (libido), qualcosa comincia come a turbinare dentro di lui come un mulino, poiché i suoi fianchi sono come la fucina in cui il midollo invia il fuoco affinché venga trasmesso ai genitali del maschio facendolo bruciare ... Ma nella donna il piacere (delectatio) è paragonabile al sole, che con dolcezza, lievemente e con continuità imbeve la terra del suo calore, affinché produca i frutti, perché se la bruciasse in continuazione nuocerebbe ai frutti più che favorirne la nascita. Così nella donna il piacere con dolcezza, lievemente ma con continuità produce calore, affinché essa possa concepire e partorire, perché se bruciasse sempre per il piacere non sarebbe adatta a concepire e generare. Perciò, quando il piacere si manifesta nella donna, è più sottile che nell'uomo..."
E della maternità e del parto, nello stesso testo:
"Quando è vicino il parto, il vaso in cui è chiuso il bambino si apre e la forza dell'eternità, che trasse Eva dalla costola di Adamo, è lì, giungendo all'improvviso, e rivolta tutti gli angoli di quella casa che è il corpo femminile. La prima madre di tutta l'umanità fu fatta a somiglianza dell'etere, perché come l'etere contiene in sé tutte le stelle, così essa, integra e intatta, conteneva in sé tutto il genere umano, che avrebbe generato senza dolore, poiché le fu detto: Crescete e moltiplicatevi".
E concludo con una citazione che dà un 'assaggio' del linguaggio delle visioni di Ildegarda, nella descrizione che lo spirito divino le fa della viriditas:

Inno alla forza della vita

"... Io sono la suprema forza di fuoco che ho acceso tutte le scintille viventi, in nessuna cosa mortale ho posto il mio soffio, le distinguo nel loro essere, ed ho ordinato rettamente con le mie penne più alte - cioè con la sapienza che vola - il circolo che le circonda. Io, vita di fuoco, fiammeggio sulla bellezza dei campi, risplendo nelle acque e ardo nel sole, nella luna e nelle stelle, e con l'aereo vento suscito tutte le cose, vivificandole con la vita invisibile, che tutte le sostiene. Perché l'aria vive nella vegetazione e nei fiori, le acque scorrono come se vivessero, e il sole vive nella sua luce, e la luna, quando è quasi scomparsa, è riaccesa dalla luce del sole come per vivere di nuovo, e le stelle risplendono nel suo splendore come esseri viventi. Io ho posto le colonne che contengono tutto il globo terrestre e quei venti che hanno penne a loro sottomesse, cioè i venti più lievi, che con la loro levità fanno da sostegno ai più forti, affinché non si mostrino pericolosamente, come il corpo è a contatto dell'anima e la contiene, affinché non evapori. E come il soffio dell'anima tiene insieme con fermezza il corpo, affinché non muoia, così i venti più forti animano quelli a loro sottomessi, affinché essi possano svolgere debitamente il loro compito. Ed io, forza di fuoco, sono nascosta in essi, essi da me avvampano, come il respiro continuo dell'uomo, o come nel fuoco la fiamma che guizza.
Tutte queste cose sono vive nella loro essenza, non possono morire, perché io sono la vita.
E sono anche la razionalità, col vento della parola che risuona, da cui ogni creatura è stata fatta, ed in tutte ho immesso il mio soffio, affinché nessuna nel proprio genere sia mortale, perché io sono la vita.
Sono la vita nella sua integrità, non quella che manca alle pietre, non quella che fa nascere le fronde dai rami, non quella che ha radice nella forza virile, ma io sono la radice di ogni vivente.
La razionalità infatti è la radice, la parola che risuona fiorisce in essa. E poiché Dio è razionale, come potrebbe non operare? Le sue opere giungono a perfetta fioritura nell'essere umano, che fece a sua immagine e somiglianza, ponendo in esso il segno di tutte le creature secondo la sua misura.
Nell'eternità, da sempre, Dio volle fare l'essere umano, la sua opera, e quando ebbe fatto quest'opera le dette tutte le creature perché facesse le sue opere con esse, allo stesso modo in cui Dio aveva fatto la propria opera, l'essere umano. Ma sono io il suo ministro, perché tutte le cose vitali ricevono da me il loro ardore; sono la vita che permane uguale nell'eternità, che non ha avuto inizio e non avrà fine, e Dio è la vita stessa che si muove ed opera, una sola vita in un triplice vigore. L'eternità è il Padre, il Verbo è il Figlio, e il soffio che li connette è chiamato Spirito santo, e di ciò Dio ha posto il segno nell'uomo, in cui vi sono corpo, anima e razionalità."


lunedì 14 ottobre 2013

VIVI IL MOMENTO PRESENTE! (PRECETTI DI DUGPA RIMPOCE, DISCEPOLO DEL DALAI-LAMA)



1. La difficoltà non sta nel riflettere, ma nell'avere l'intenzione di riflettere. Inizia con l'accogliere sempre le occasioni che ti si offrono. Accettare volontariamente di riflettere conferisce l'abitudine di riflettere spontaneamente.

2. Non esiste né passato né futuro. Quello che fai, lo fai sempre qui e ora. L'istante è il solo luogo dell'esperienza in cui la vita possa essere afferrata, provata, sentita. Il passato e il futuro appartengono al regno della fantasia e sono inconsistenti come i vapori della nebbia. Impara ad agire a partire dall'istante se vuoi cambiare la tua vita.

3. L'istante non ha limiti. Se riuscissimo a viverlo nella sua pienezza sapremmo cos'è l'eternità: perché il presente è eterno.

4. La parte più profonda dell'anima è quella che ti dà il potere di essere, nel bel mezzo della folla, a chilometri di distanza con lo spirito. Possiede la più nobile e la più rara delle libertà.

5. Puoi usare l'istante come una porta per spostarti nel tempo. Tutto è possibile. Ritrovarsi all'età di cinque anni, in una camera da bambini, o in un cortile di scuola, non è una fantasticheria vaga e nostalgica. Sei davvero in quella cameretta, in quella scuola, nel Presente cioè di quel periodo. È il segreto dell'Istante, la chiave d'oro che apre ogni porta: tutto accade nello stesso momento. Siamo davvero “laggiù”, e “laggiù” è “qui” .

6. I tibetani rappresentano l'Istante come un vuoto vorticante, al centro della ruota della vita e della morte. È il perno della ruota. Questo modo di essere non scompare mai. È la permanenza, il fondamento, e tuttavia si muove incessantemente, senza che per questo venga mai meno la sua immobilità irraggiante.

7. Veniamo da “qui”, e questo “qui” non si è mai mosso.

8. Dove saremo tra un milione di anni ? Tra un milione di anni, ogni cosa sarà cambiata. Tutta la storia passa e ripassa dallo stesso punto, che è l'istante. Ritorniamo sempre, non nel “prima” o nel “poi”, ma nell'Istante che è il misterioso territorio centrale dell'Essere.

9. Impara ad afferrare l'istante. Non nasconderti, non fuggire nella fantasmagoria del passato o del futuro. Chiama a raccolta il tuo spirito, là dove sei, con un'acuta consapevolezza dell'istante. Esso è là dove siamo noi. Non c'è altro luogo che questo.

10. Liberati dal passato e dal futuro, ma sta' attento all'istante che passa. Solo l'istante è reale. Tutto il resto è fantasmagoria.

11. Quanti anni hai sprecato, rifugiandoti in inutili fantasticherie ? La felicità non aspetta, ma si dà qui e ora.

12. Sii felice ora. Non c'è altra occasione per amare. 

13. Ti lamenti dell'incomprensione degli altri, della solitudine e della mancanza di amore. Ma non pensare che domani andrà meglio. “Domani” è solo un modo di vedere dello spirito e non ha più realtà di un sogno. Impara ad afferrare l'istante. Tutte le risposte ti sono date in ogni istante che viene. Non accontentarti di restare sulla riva a osservare l'acqua che scorre: immergiti nel fiume.

14. Per afferrare l'istante che passa è sufficiente che tu apra il cuore.

15. Non pensare di poter godere domani di circostanze favorevoli, che ti cambieranno la vita. Il domani non va mai in soccorso di chi soffre. Non c'è altra realtà che l'adesso.

16. Tutto comincia oggi.

17. Non aspettare domani. Approfitta dell'istante per regolare i conti in sospeso con gli altri. Non fissarti sui tuoi sogni e sulle tue delusioni. Impara a dare nell'istante, senza aspettare.

18. L'amore esige una risposta in ogni istante.

19. Se vuoi distruggere la tua paura del tempo e della morte immagina la vita come un cerchio senza inizio né fine. Considera l'istante presente come il punto che indica l'inizio e la fine nello stesso tempo.

20. Il guerriero spirituale non lascia mai l'istante presente. Per lui, l'istante presente resta eterno. È lo stato originario del mondo. Il suo splendore, la sua fonte.

21. Vivere l'istante presente richiede una grande attenzione alle cose più semplici. Sii disponibile, libero dai pregiudizi e dalle opinioni comuni. Ritrova l'innocenza dello sguardo e una volontà di diamante nel cuore. Allora l'istante non passerà più, ti proteggerà nella sua luce.

22. La semplicità è la chiave del presente. Dà accesso a ricchezze meravigliose.

23. Vivere in accordo con la vita non vuol solo dire seguire precetti e comandamenti rigidi, che soffocano il cuore e incatenano a forza le passioni. È un errato modo di vedere la disciplina spirituale. Impara ad ascoltare i fruscii dell'aria, i battiti del secondo che passa. Torna a essere il bambino stupito dalla vita, e la vita ti colmerà dei suoi doni.

24. Quando ci esercitiamo a restare seduti, immobili, attenti a noi stessi ci riconciliamo con l'istante presente. È allora che siamo in grado di agire su di noi e aiutare gli altri.

25. La pratica della meditazione da seduti ferma i movimenti disordinati del mondo. Permette di fare una profonda esperienza dell'istante.

26. Un'esperienza vissuta, forte, intensa non appartiene al passato. È con te in ogni istante. Non lasciare l'istante.

27. Tutto si compie qui e ora. Pensa all'istante come a un gioiello puro, a partire dal quale tutto comincia. Non c'è altro luogo che l'istante. Nell'esperienza dell'istante siamo realmente “laggiù”, e “laggiù” è sempre “qui”.

28. Quello che crediamo realtà non è, nell'universo, neppure stabile. Ogni secondo che passa, il mondo non è più lo stesso. Turbini, emozioni, cellule, atomi, molecole.... Tutto si muove, tutto cambia.

29. Non c'è opposizione fra giorno e notte, fra passato e futuro. Il sole e la luna brillano nello stesso momento.

30. Non rimandare a domani quello che puoi vivere oggi. L'istante passato, che non hai saputo trattenere, è un istante perduto.

31. Anche le cose che non si vedono hanno una loro luce. 

32. Si parla dei potenti del mondo: lo siamo tutti. I tesori dell'universo ci appartengono e possiamo offrirli in dono agli altri.

33. Se, discutendo animatamente, sei trascinato dalle parole la loro violenza soffoca tutto e non senti il torrente che scava da vicino il cuore della pietra. L'essenziale si trova all'interno. Serviti soprattutto dei tuoi occhi per guardare dentro te. Accostati all'arte di lasciar passare quello che passa e di ritrovare in te stesso, nella fuga rapida delle cose, il solo punto fisso.

34. Perdersi non vuol dire fuggire da se stessi, separarsi da se stessi, ma essere incatenati a sé, come un condannato ai lavori forzati, e insieme ritrovarsi in un confronto continuo.

35. Tutto quello che passa non esiste più e diventa ricordo. Tutto quello che deve accadere non esiste ancora. Il solo spazio reale in cui puoi fare esperienza della vita si chiama presente: non ci sono altre realtà.

36. Medita su questa immagine, che permette di afferrare il segreto dell'Istante: 
«Io sono il ponte e - meraviglia ! - non è il fiume che scorre, ma il ponte che procede sul torrente!» 
Il ponte è l'istante, a partire dal quale fai esperienza del mondo. L'istante non passa. Si sposta. Appartiene al flusso eterno.

37. Vedere le proprie tenebre significa possedere una luce intensa.

38. Non si costruisce l'avvenire sognando il futuro, ma concentrando il desiderio e la volontà sull'istante presente. Non c'è altra via. L'istante presente è la fonte di tutte le cose, il cuore del mondo.

39. Lo stress e la stanchezza hanno origine nel tuo spirito che vagabonda e si affatica tra i giochi dell'immaginazione. Il pensiero si orienta sempre verso il rimpianto del passato, o verso le immagini di un futuro ideale. Sono fantasmagorie che portano solamente sofferenza e solitudine perché si svolgono in dimensioni inesistenti. Solo il presente è reale, è la tua forza vitale: a partire da esso puoi iniziare, costruire e realizzare la tua vita.

40. Impara a vivere l'istante presente con il tuo corpo e i tuoi desideri.

41. Quando incontri qualcuno non accontentarti di vivere istanti superficiali. Se lo ami prova quello che lui sente nella sua interiorità. Impara a viaggiare nei tuoi sogni e nei tuoi desideri. Non confondere l'istante presente con gli istanti quotidiani che la gente crede di poter misurare con l'orologio.  

42. È così che il presente rivela la sua profondità: abbandonando il mondo della superficie. Poi, supera i tuoi desideri, cerca l'unione, che è il vuoto benedetto in cui si compie l'incontro.

43. Cambia il tuo modo di sentire e vedrai che l'istante presente è infinito.

44. Pensa all'istante come alla tua unica sicurezza. Impara a scoprirne le ricchezze, le potenzialità: contiene tutto. È dall'istante che nascono il passato e il futuro. È il cuore del tuo cuore.

45. Quando l'azione è condotta a partire dall'istante presente essa conserva una visione lucida del proprio fine, del proprio obiettivo. Raggiunge il bersaglio, come la freccia scagliata con uno sguardo fermo. Chi vive l'istante presente non conosce fallimento.

  • Tratto da: 500 precetti per una vita felice, Oscar Mondadori.

sabato 12 ottobre 2013

OSSERVARE IL RESPIRO: ECCO IL SEGRETO PER UNA MAGGIORE AUTOCONSAPEVOLEZZA E UN PIÙ STABILE EQUILIBRIO INTERIORE

Ho già avuto modo di scrivere di Jon Kabat-Zinn, il medico statunitense fondatore e direttore della Clinica per la riduzione dello stress dell'Università del Massachussets (nella foto in alto). È una persona straordinaria che, grazie al metodo di meditazione che ha elaborato, ha aiutato migliaia e migliaia di persone sia negli Stati Uniti sia nel resto del mondo a conquistare una maggiore autoconsapevolezza, premessa indispensabile per vedere e vivere la realtà e la vita in modo più sereno e distaccato. Nel suo metodo, in fondo, non c'è nulla di veramente nuovo: si rifà alla meditazione della tradizione buddhista, che Kabat-Zinn ha semplificato e “adattato” allo stile di vita occidentale. Ne è risultato uno strumento accessibile e adottabile da chiunque per raggiungere un più alto livello di benessere e salute.
Kabat-Zinn ha scritto numerosi libri che sono diventati autentici best-seller, alcuni anche in Italia come Dovunque tu vada ci sei già, Vivere momento per momento e Riprendere i sensi. Da Vivere momento per momento mi piace citare il passo che si riferisce alla meditazione sul respiro, un momento fondamentale nella ricerca di una maggiore autoconsapevolezza e nel cercare di vincere quegli automatismi che spesso ci spingono a re-agire a dei condizionamenti interni, anziché ad agire autonomamente, esattamente come fossimo dei burattini comandati dalla nostra mente, con le inevitabili ripercussioni sul nostro equilibrio e sulle relazioni con gli altri. Ecco allora che cosa scrive Kabat-Zinn in Vivere momento per momento, edizioni Tea Pratica:

«Il modo più facile e più efficace per iniziare una pratica di meditazione è quello di concentrare semplicemente l'attenzione sul respiro, e vedere che cosa succede quando cerchiamo di mantenervela… Ci sono vari punti del corpo dove possiamo osservare il respiro. Uno di questi è, ovviamente, le narici: quando osservi il flusso del respiro attraverso le narici, nota la sensazione prodotta dall'inspirazione e dall'espirazione. Un altro punto è il petto, di cui puoi osservare l'espansione e la contrazione. Un altro ancora è la pancia, che quando è rilassata si solleva e si abbassa con il respiro… Consapevolezza del respiro significa soltanto questo: semplicemente fare attenzione. Non significa cercare di forzare il respiro in alcun modo, di renderlo più profondo, di rilassarlo o di cambiarne il ritmo. Il respiro entra ed esce dal tuo corpo perfettamente da anni senza che tu ci abbia mai pensato: non c'è bisogno di controllarlo ora, solo perché hai deciso di prestargli attenzione… Fare attenzione al respiro non significa pensare al respiro; significa sentire le sensazioni che accompagnano il respiro e seguirle nei loro mutamenti… Il solo fatto di osservare il respiro nella pancia ha un effetto calmante. Come la superficie del mare si increspa quando soffia il vento, così anche la mente tende ad agitarsi e a divenire reattiva in presenza di turbolenze esterne. Ma se scendi quattro o cinque metri sotto la superficie del mare trovi solo un lievissimo movimento: a quella profondità l'acqua è calma anche quando la superficie è tempestosa. Lo stesso accade quando “scendiamo” nella pancia: ci sintonizziamo su una regione del corpo sottostante all'agitazione della mente pensante e intrinsecamente più calma. Questo è un buon metodo per ristabilire l'equilibrio e la calma quando ci sentiamo turbati o siamo agitati da molti pensieri.
Nella meditazione il respiro funge da àncora per l'attenzione. Concentrando l'attenzione sul respiro, in qualsiasi punto del corpo, ti cali al di sotto dell'agitazione superficiale della mente ed entri in una regione di rilassamento, calma e stabilità. La superficie resta agitata, come la superficie del mare quando è increspata dalle onde; ma tu, semplicemente facendo attenzione al respiro per qualche istante, vieni a trovarti al riparo dall'azione dei venti della mente. Questo è un metodo estremamente efficace per trovare un centro di pace al tuo interno e ha un effetto stabilizzante sulla mente…
La consapevolezza del respiro ci aiuta a calmare il corpo e la mente. Ci aiuta a osservare i nostri pensieri e sentimenti con più distacco e con occhio più discriminante. Vediamo le cose con più chiarezza e da una prospettiva più vasta, perché siamo più consapevole e più svegli. E a questa consapevolezza si accompagna la sensazione di avere più scelte a disposizione, di essere più liberi di scegliere risposte efficaci e appropriate in condizioni di stress, anziché essere sopraffatti dalle nostre reazioni automatiche, perdendo l'equilibrio e il senso della nostra identità. Tutto questo si sviluppa dalla semplice pratica di osservare il respiro, quando ti ci dedichi regolarmente. Inoltre scoprirai che è possibile indirizzare il respiro verso parti specifiche del corpo, per portare energia di guarigione a parti malate o lenire io dolore, oltre a calmare e stabilizzare la mente… E il fatto di restare con il respiro, qualsiasi esperienza interna si presenti, ci porta a lungo andare a stati di grande pace e consapevolezza. È come se il respiro contenesse in sé un potere segreto, a cui possiamo attingere semplicemente seguendone il cammino.
Questo potere si manifesta quando manteniamo sistematicamente l'attenzione concentrata sul respiro per periodi di tempo prolungati.
Gradualmente, con la pratica, acquistiamo una crescente fiducia nel respiro come nostro fedele alleato.… È la semplicità stessa della pratica di osservazione del respiro che le conferisce il potere di svincolarci dalla presa abituale e compulsiva delle preoccupazioni della mente. Gli yogi lo sanno da molti secoli: il respiro è il fondamento universale delle tecniche di meditazione… Ce ne serviremo durante la meditazione seduta, durate l'esplorazione del corpo e la camminata meditativa, che sono tutte pratiche strutturate. Ce ne serviremo anche in vari momenti della giornata per sviluppare una continuità di consapevolezza nella nostra vita. Se perseveri nella pratica, non è lontano il giorno in cui sarà divenuto per te un vecchio amico e un potente alleato nel processo di guarigione.

Esercizio 1

1.  Assumi una posizione comoda, sdraiato sulla schiena o seduto. Se sei seduto, tieni la colonna vertebrale diritta e rilassa le spalle.
2.  Chiudi gli occhi, se la cosa non ti mette a disagio.
3.  Porta l'attenzione alla pancia, sentendola sollevarsi o espandersi leggermente.
4.  Mantieni l'attenzione concentrata sul respiro, restando con ciascuna inspirazione per tutta la sua durata e con ciascuna espirazione per tutta la sua durata, come se cavalcassi le onde del tuo respiro.
5.  Quando noti che la tua mente si è allontanata dal respiro, nota cosa l'ha distratta e poi, delicatamente, riporta l'attenzione alla pancia e alla sensazione del respiro che entra e che esce.
6.  Se la tua mente si allontana dal respiro mille volte, il tuo compito è semplicemente quello di ricondurla al respiro ogni volta, qualsiasi sia la natura della preoccupazione che l'ha distratta.
7.  Fai questo esercizio per quindici minuti al giorno, a un'ora che ti è comoda, ogni giorno, che tu ne abbia voglia o meno, per una settimana. Sperimenta com'è per te includere una disciplina di meditazione nella tua vita. Fai attenzione anche a com'è per te passare quindici minuti al giorno semplicemente in compagnia del tuo respiro, senza fare nulla.

Esercizio 2

1.  Sintonizzati sul respiro in vari momenti della giornata, osservando il movimento del respiro nella pancia durate due o tre cicli respiratori.
2.  Fai attenzione ai tuoi pensieri e sentimenti in quel momento, osservandoli semplicemente, senza giudicarli e senza giudicare te stesso.
3.  Nello stesso tempo, sii consapevole di eventuali cambiamenti nel modo in cui le cose ti appaiono e nel modo in cui ti senti con te stesso»
     

venerdì 26 luglio 2013

L'IRA? UN SENTIMENTO DA NON REPRIMERE MA DA OSSERVARE MENTRE NASCE, CRESCE E SVANISCE

Ha scritto Marco Aurelio* nei suoi Ricordi o Pensieri, uno scritto di meditazioni e di pensieri, appunto, rivolti “a se stesso”, che ebbe modo di scrivere in greco negli intervalli delle numerose guerre combattute:

Gli scatti d'ira e i dispiaceri che ne seguono producono in noi danni di gran lunga più gravi delle stesse cose per cui ci adiriamo e ci affliggiamo.
Busto marmoreo che raffigura
l'imperatore romano
Marco Aurelio. 

Ed ecco come commenta questo aforisma Claudio Lamparelli** nel suo volumetto L'arte della serenità, Piccola Biblioteca Oscar Mondadori:  

La calma è il primo dei requisiti necessari a realizzare se stessi, ad essere se stessi. «Chi è in preda all'ira è come un pazzo» scrive Seneca***, e, in effetti, anche nel linguaggio comune, si dice che è “fuori di sé”. Non è più lui che agisce, ma un altro individuo che emerge dalle profondità della preistoria.
L'ira è insomma una forma di regressione, almeno quando si configura come una perdita di controllo.
«Nessun'altra passione è costata così cara all'umanità» dice ancora Seneca, che si riferisce evidentemente agli spropositi, alle liti, alle guerre e ai disastri di ogni genere che ne sono venuti.
Per evitare di cadere nella sua trappola, sono stati escogitati diversi stratagemmi. Consiglia per esempio Pitagora****: «Quando sei in preda all'ira, non fare e non dire niente».
Le tecniche di meditazione insegnano ad osservarne la nascita nel momento stesso in cui si innesca: bisogna notare la causa che la scatena e la reazione interna.
Quando ci si abitua ad esercitare la consapevolezza su questo impulso – e sugli analoghi moti interni (odio, rabbia, collera, ecc.) –, si crea già una prima distanza e si dà l'avvio ad un processo di trasformazione. Si può anche marcare mentalmente: “Questa è ira, questa è rabbia, questo è odio…”
L'osservazione distaccata di queste potenti ondate emotive, negative o positive, costituisce il fondamento della “conoscenza di sé”. Chi arriva a contemplarne il sorgere, la crescita, la diminuzione e lo svanire, si trova di fronte allo stesso spettacolo dello scorrere di una giornata, con la sua alba, il suo mezzogiorno, il suo pomeriggio e il suo tramonto.
Ogni fenomeno naturale, esterno o interno, segue questa evoluzione.
Una simile comtemplazione può diventare una vera e propria “cura di sé”. L'ira va evitata – come scrive Seneca – «non solo per ottenere la moderazione, ma anche per acquisire la salute». Infatti, giungere a controllare ciò che Publilio Siro***** definisce «il più grande dei nemici» significa acquisire notevoli benefici sul piano della salute fisica e su quello della salute psicologica, due condizioni strettamente collegate.
Una forte ira sfocia nel furore, il quale provoca sia una tempesta ormonale che danneggia il corpo, sia uno squilibrio psicologico che per un certo tempo oscura il nostro stato di benessere…
Lo scopo della meditazione non è tanto quello di reprimere un sentimento che può anche essere giustificato (per esempio quando si reagisce a un'ingiustizia), quanto quello di evitarne i danni e di utilizzarne nello stesso tempo la carica emotiva.
Il saggio non è un uomo che non prova sentimenti (e risentimenti), bensì un individuo che non si fa travolgere e guidare dalle opposte emozioni, riconoscendo che il comportamento giusto non può che scaturire da una mente calma e limpida. Quale giudice potrebbe essere equo se si facesse ispirare dall'odio o dall'amore?
Dichiara Seneca: «La maggior prova di saggezza è non cedere all'ira».

* Marco Aurelio (Roma, 121 d. C. – Vindobona [odierna Vienna] o Sirmio, 180 d. C., imperatore romano dal 161 al 180). Fu impegnato in numerose guerre per stroncare rivolte (in Britannia, Germania, Armenia, Mesopotamia occidentale) e arginare le invasioni dei Barbari, specialmente Marcomanni e Quadi. Singolare figura di imperatore che portò, come si suol dire, la filosofia sul trono, assolse con scrupolo e successo i gravosi compiti di un'incessante guerra difensiva e nella politica interna sperimentò l'attuazione di principi informati a grande umanità.

** Claudio Lamparelli: scrittore, traduttore e studioso di storia delle religioni, ha scritto numerosi libri che in particolare hanno come argomento la meditazione.

*** Seneca: scrittore e filosofo latino (Cordova, 5-4 a. C. – Roma, 65 d. C.).

**** Pitagora: filosofo greco (Samo, 571-570 a. C. – Metaponto, 497-496 a. C.).

***** Publilio Siro: mimografo latino (prima metà del I secolo a. C.).  
 

mercoledì 24 luglio 2013

NEL ROMANZO “L'AMORE BLU” DI CATHERINE SPAAK, LA PROTAGONISTA SARAH SEMBRA INCARNARE LE STRAORDINARIE ESPERIENZE SPIRITUALI VISSUTE DALL'ATTRICE-SCRITTRICE NEL CORSO DELLA SUA VITA

Una bellissima immagine dell'attrice-cantante-
scrittrice francese, naturalizzata
italiana, Catherine Spaak.  
Un bellissimo, ricco, profondo romanzo, scritto da un'attrice-cantante-scrittrice di origine francese ma naturalizzata italiana, che è famosa anche per la sua lotta a sostegno dei diritti della donna, ma soprattutto per il suo interesse per il buddhismo, la meditazione vipassana e tutto ciò che ruota attorno al mondo della ricerca spirituale e della consapevolezza. Il suo L'amore blu, edito da Mondadori, riassume un po' tutte le sue esperienze in questo ambito e ci dà l'idea della profondità e dell'impegno della sua ricerca interiore. È insomma la cifra altissima, esemplare di una vicenda personale complessa e straordinaria di cui è protagonista Sarah, personaggio nel quale certamente Catherine si rispecchia sotto tanti aspetti.
“L'incontro tra Davide e Sarah è l'unione di due anime gemelle, destinate a incontrarsi per completarsi l'una nell'altra – recita la presentazione che si legge nella copertina del libro.  –  Sarah, fino a quel momento persa, paralizzata da una “cosa” che la divora dall'interno, con un passato carico di ombre spaventose, trova finalmente l'uomo che la prende per mano in un percorso di consapevolezza interiore… Per Sarah, Davide è il maestro, l'amante, l'amico, il figlio che le era stato portato via appena nato, è l'uomo dai piedi piumati che incontra in sogno. Davide è il mistero più bello, che Sarah riuscirà a svelare solo alla fine del suo viaggio perché «la risposta giusta si trova nella zona del cuore ed è lì che parla la sapienza»”.
Ed ecco allora che cosa dice Sarah in un passo bellissimo del romanzo, in cui riecheggiano, tra gli altri, anche gli insegnamenti di quel grande maestro spirituale che è Eckart Tolle, autore del bellissimo Il potere di adesso e di altri libri illuminanti.

«Molti cambiamenti sono avvenuti in me da quando vivo con Davide. Guardo la mia vita con occhi nuovi. Ho compreso che la “cosa” non era una mia esclusività. La “cosa” appartiene – in minore o maggiore intensità – a tutti gli esseri umani. La “cosa” è la nostra immensa solitudine, il mal di vivere, il terrore della morte e l'oscura, insormontabile separazione dal tutto. Quando è volata via Lilli ero io che battevo le ali, quando recido un fiore sono dentro il suo stelo e avverto la fine, quando amo Davide divento l'amore che è in lui. Se sono malinconia oppure arrabbiata non cerco spiegazioni; individuo la parte del mio corpo dove l'emozione si annida e mi fa male e la accolgo, immergendomi totalmente in essa: divento quell'emozione. E senza che io lo voglia, la mia malinconia, la mia rabbia, il mio dolore scompaiono.
La copertina del romanzo L'amore
blu
che Catherine Spaak ha
pubblicato recentemente per la Casa
editrice Arnoldo Mondadori.
Spesso faccio il gioco del testimone. Appena sento che sto per reagire a qualcosa che ritengo spiacevole, mi porto mentalmente un passo indietro rispetto alla situazione che sto vivendo e chiamo in causa il testimone che mi vive dentro. Lui non è coinvolto, osserva semplicemente quello che mi accade. Eppure fa parte di me, sta dentro di me. Sono anche lui. O probabilmente sono lui. Quella presenza neutrale ma potente mi calma. Mi fa tornare in me. Chi stava per scattare, reagire? Il mio io. Il mio ego. Non certo me. Ero offesa, indignata, in collera, depressa, umiliata, delusa? No. Ero soltanto identificata con le mie emozioni, totalmente assorbita nell'illusione. È lui, il mio stupido, ottuso, insensato egocentrismo a farmi credere che sono schiava sua. La prova? Appena lo smaschero con la presenza del testimone silenzioso, ecco che si ribella e mi sbeffeggia.
“Credi forse ai miracoli? Sei così ingenua da pensare che puoi fare a meno di me? Senza di me non sei nessuno, senza di me sei priva di identità, di sostanza, di realtà. E chi sarebbe questo testimone? Ti sta imbrogliando, perché sei stupida, ignorante. Solo io posso dirigere la tua vita, solo io conto! Soltanto con la mia presenza sei in grado di sopravvivere e non farti schiacciare dagli altri. Sei in pericolo senza di me, una foglia al vento. Attacca, ribellati, calpesta; fatti rispettare e non rispettare nessuno. Solo così puoi farti strada! Coscienza? E di che cosa parli? Sciocchezza inventata dalle religioni per controllarti meglio e distruggerti, non lo capisci? Così va il mondo! Guarda la Chiesa, la politica, la gente: pedofili, faccendieri, corruttori e corrotti. Vuoi finire sotto i ponti con le tue belle azioni? Vuoi lasciare agli sciacalli il tuo bel boccone? Nessuno avrà cura di te se non pensi da sola a te stessa, ti calpesteranno come un fungo, approfitteranno della tua debolezza, ti disprezzeranno, ti metteranno alla gogna. Sai cos'è la gogna? Perdere potere, fallire, scomparire! E che figura ci faccio? Tu esisti perché io esisto. È da un po' di tempo che mi dai sui nervi!”
“Il testimone ti sta osservando” rispondo al mio ego. “Vedi, da quando ho scoperto la sua presenza sono cambiata. Intanto la 'cosa' è sparita e non è poco. Poi sono in pace, a mio agio, con me stessa e con gli altri. Riuscire a controllare la mia mente agitata da tutte le scimmie che si lanciano da un ramo all'altro nel mio cervello è molto piacevole. Non interpretare le cose ma vederle per quello che sono mi rende la vita più facile, più leggera. Non essere perennemente concentrata sul mio benessere o i miei profitti mi porta davvero tanti regali. Non lo avrei mai immaginato. Lasciar andare recriminazioni, lamentele, giudizi, aspettative, rivalse mi ha alleggerita di un peso enorme che non sapevo di portare sulle spalle. Non voglio offenderti ma penso di non aver nessun bisogno dei tuoi consigli. Esistevi perché ti nutrivo della mia ansia e delle mie paure; un'energia distruttiva e debilitante. Sei terribilmente limitato e prigioniero di te stesso. Ti ricordi Il piccolo principe di Antoine de Saint-Exupéry? No? Pazienza. Quello che voglio dirti è semplice: liberati di me! Di te! Affidati e fidati della vita, del suo fluire incessante, delle sue continue trasformazioni: miracoli e meraviglie. Non aggrapparti alle cose, non trattenere nulla, non cercare di controllare tutto e tutti, sii libero. Un'ultima cosa. Non mi hai mai amata, ti sei intromesso nella mia vita per limitarmi, bloccare la mia creatività, ridicolizzare le mie passioni, boicottare i miei amori, legittimare i miei dubbi, invalidare il mio coraggio. Mi hai divorata per anni bloccando la mia evoluzione, succhiando le mie energie in cambio di veleni. E sai perché hai fatto tutto questo? Abbassi gli occhi, vero? Perché eri tu ad aver paura, a dubitare. Eri tu a non saper amare. Tu ad aver bisogno di me. Ora, caro ego, ti saluto e per favore non andare a far danni da un'altra parte.”
“Tornerò, tornerò! Quando meno te lo aspetti. Non credere che sia così semplice liberarsi di me” mi ha risposto.
Da tempo non mi chiedo come sarà domani, cosa avverrà della mia vita. Penso raramente al passato. Mi sembra di aver chiuso tutti i conti rimasti in sospeso con il perdono a me stessa e a chi mi ha ferita. Oggi vivo senza timore nel presente di ogni giorno prendendo il tempo necessario, senza affanno, per svolgere le mie attività e stare con me stessa. Davide e io meditiamo assieme la sera dopo che il pulmino del centro recupero si porta via i ragazzi. Mi ha insegnato a respirare, a lasciar andare i pensieri disturbanti e a godermi gli spazi “vuoti” che con la pratica costante sono diventati sempre più lunghi e frequenti fra un pensiero e quello successivo. A volte mi guida con la sua voce calma per itinerari color indaco improvvisati nel cosmo, nell'ametista profondo dei mari. Mi ha iniziata pratiche di grande potenza.
Devo a lui l'aver creato il mio santuario, luogo che ho posto in una foresta fitta di alberi giganteschi e di migliaia di fiori polposi profumatissimi. Vicino a una jacaranda centenaria scorre un ruscello limpidissimo frequentato da libellule, farfalle, uccelli tropicali dai colori dell'arcobaleno. In lontananza lo sciabordio delle onde che si frangono sulla sabbia rosa e più in là le dune plissettate e immense a nascondere l'imponente cancello di ferro nero che si staglia solitario sullo sfondo azzurro. Accanto, Leo, il maestoso leone fulvo, che seduto come le sfingi egizie fa la guardia all'infinito.
È lì, nel mio santuario, che ho conosciuto i miei genitori. Seduta sotto il fogliame lucente, nella pace, nella luce, chiamai mia madre per nome: Marie. Apparve una ragazza con i capelli arruffati e le gote chiare punteggiate da lentiggini. “Finalmente” mi disse, con una voce che non era quella di un'adolescente ma quella di una donna. “Abbiamo tante cose da dirci”, e mi ha sorriso. Si è seduta accanto a me e ha preso a raccontarmi della sua infanzia, triste e solitaria, nella casa di sua madre, di mia nonna Léontine, e di suo padre, che vide così poco da non averne ricordi, morto in guerra. Poi mi ha parlato della “cosa” che lei non era mai riuscita a comprendere né a superare. Parlava piano, dolcemente, ma prima di udire le sue parole sapevo già cosa avrebbe detto. Tutto appariva chiaro, evidente. Si riallacciava tra noi il filo perduto nel tempo. Provavo un'infinita tenerezza per lei.
“Perché sei morta, mamma? Perché siete morti, tu e papà?”
“Lo sai. Te lo ha spiegato anche Davide.”
“Ma allora è tutto vero?”
“Certo. È vero quello che la tua consapevolezza vede, è vero quello che l'amore sa prima della tua ragione.”
“Qual era il messaggio, perché questa scelta?”
“Per l'evoluzione spirituale; nostra, tua e di Davide.”
“Ma lo sapevate da vivi?”
“No. Lo abbiamo riconosciuto dopo. Lo sapevamo prima.”
“Sto facendo qualcosa di sbagliato, mamma?”
“No. Ti stai preparando, semplicemente.”
Mi ha abbracciato, ma non c'era nessuna consistenza nelle sue braccia.»