mercoledì 24 luglio 2013

NEL ROMANZO “L'AMORE BLU” DI CATHERINE SPAAK, LA PROTAGONISTA SARAH SEMBRA INCARNARE LE STRAORDINARIE ESPERIENZE SPIRITUALI VISSUTE DALL'ATTRICE-SCRITTRICE NEL CORSO DELLA SUA VITA

Una bellissima immagine dell'attrice-cantante-
scrittrice francese, naturalizzata
italiana, Catherine Spaak.  
Un bellissimo, ricco, profondo romanzo, scritto da un'attrice-cantante-scrittrice di origine francese ma naturalizzata italiana, che è famosa anche per la sua lotta a sostegno dei diritti della donna, ma soprattutto per il suo interesse per il buddhismo, la meditazione vipassana e tutto ciò che ruota attorno al mondo della ricerca spirituale e della consapevolezza. Il suo L'amore blu, edito da Mondadori, riassume un po' tutte le sue esperienze in questo ambito e ci dà l'idea della profondità e dell'impegno della sua ricerca interiore. È insomma la cifra altissima, esemplare di una vicenda personale complessa e straordinaria di cui è protagonista Sarah, personaggio nel quale certamente Catherine si rispecchia sotto tanti aspetti.
“L'incontro tra Davide e Sarah è l'unione di due anime gemelle, destinate a incontrarsi per completarsi l'una nell'altra – recita la presentazione che si legge nella copertina del libro.  –  Sarah, fino a quel momento persa, paralizzata da una “cosa” che la divora dall'interno, con un passato carico di ombre spaventose, trova finalmente l'uomo che la prende per mano in un percorso di consapevolezza interiore… Per Sarah, Davide è il maestro, l'amante, l'amico, il figlio che le era stato portato via appena nato, è l'uomo dai piedi piumati che incontra in sogno. Davide è il mistero più bello, che Sarah riuscirà a svelare solo alla fine del suo viaggio perché «la risposta giusta si trova nella zona del cuore ed è lì che parla la sapienza»”.
Ed ecco allora che cosa dice Sarah in un passo bellissimo del romanzo, in cui riecheggiano, tra gli altri, anche gli insegnamenti di quel grande maestro spirituale che è Eckart Tolle, autore del bellissimo Il potere di adesso e di altri libri illuminanti.

«Molti cambiamenti sono avvenuti in me da quando vivo con Davide. Guardo la mia vita con occhi nuovi. Ho compreso che la “cosa” non era una mia esclusività. La “cosa” appartiene – in minore o maggiore intensità – a tutti gli esseri umani. La “cosa” è la nostra immensa solitudine, il mal di vivere, il terrore della morte e l'oscura, insormontabile separazione dal tutto. Quando è volata via Lilli ero io che battevo le ali, quando recido un fiore sono dentro il suo stelo e avverto la fine, quando amo Davide divento l'amore che è in lui. Se sono malinconia oppure arrabbiata non cerco spiegazioni; individuo la parte del mio corpo dove l'emozione si annida e mi fa male e la accolgo, immergendomi totalmente in essa: divento quell'emozione. E senza che io lo voglia, la mia malinconia, la mia rabbia, il mio dolore scompaiono.
La copertina del romanzo L'amore
blu
che Catherine Spaak ha
pubblicato recentemente per la Casa
editrice Arnoldo Mondadori.
Spesso faccio il gioco del testimone. Appena sento che sto per reagire a qualcosa che ritengo spiacevole, mi porto mentalmente un passo indietro rispetto alla situazione che sto vivendo e chiamo in causa il testimone che mi vive dentro. Lui non è coinvolto, osserva semplicemente quello che mi accade. Eppure fa parte di me, sta dentro di me. Sono anche lui. O probabilmente sono lui. Quella presenza neutrale ma potente mi calma. Mi fa tornare in me. Chi stava per scattare, reagire? Il mio io. Il mio ego. Non certo me. Ero offesa, indignata, in collera, depressa, umiliata, delusa? No. Ero soltanto identificata con le mie emozioni, totalmente assorbita nell'illusione. È lui, il mio stupido, ottuso, insensato egocentrismo a farmi credere che sono schiava sua. La prova? Appena lo smaschero con la presenza del testimone silenzioso, ecco che si ribella e mi sbeffeggia.
“Credi forse ai miracoli? Sei così ingenua da pensare che puoi fare a meno di me? Senza di me non sei nessuno, senza di me sei priva di identità, di sostanza, di realtà. E chi sarebbe questo testimone? Ti sta imbrogliando, perché sei stupida, ignorante. Solo io posso dirigere la tua vita, solo io conto! Soltanto con la mia presenza sei in grado di sopravvivere e non farti schiacciare dagli altri. Sei in pericolo senza di me, una foglia al vento. Attacca, ribellati, calpesta; fatti rispettare e non rispettare nessuno. Solo così puoi farti strada! Coscienza? E di che cosa parli? Sciocchezza inventata dalle religioni per controllarti meglio e distruggerti, non lo capisci? Così va il mondo! Guarda la Chiesa, la politica, la gente: pedofili, faccendieri, corruttori e corrotti. Vuoi finire sotto i ponti con le tue belle azioni? Vuoi lasciare agli sciacalli il tuo bel boccone? Nessuno avrà cura di te se non pensi da sola a te stessa, ti calpesteranno come un fungo, approfitteranno della tua debolezza, ti disprezzeranno, ti metteranno alla gogna. Sai cos'è la gogna? Perdere potere, fallire, scomparire! E che figura ci faccio? Tu esisti perché io esisto. È da un po' di tempo che mi dai sui nervi!”
“Il testimone ti sta osservando” rispondo al mio ego. “Vedi, da quando ho scoperto la sua presenza sono cambiata. Intanto la 'cosa' è sparita e non è poco. Poi sono in pace, a mio agio, con me stessa e con gli altri. Riuscire a controllare la mia mente agitata da tutte le scimmie che si lanciano da un ramo all'altro nel mio cervello è molto piacevole. Non interpretare le cose ma vederle per quello che sono mi rende la vita più facile, più leggera. Non essere perennemente concentrata sul mio benessere o i miei profitti mi porta davvero tanti regali. Non lo avrei mai immaginato. Lasciar andare recriminazioni, lamentele, giudizi, aspettative, rivalse mi ha alleggerita di un peso enorme che non sapevo di portare sulle spalle. Non voglio offenderti ma penso di non aver nessun bisogno dei tuoi consigli. Esistevi perché ti nutrivo della mia ansia e delle mie paure; un'energia distruttiva e debilitante. Sei terribilmente limitato e prigioniero di te stesso. Ti ricordi Il piccolo principe di Antoine de Saint-Exupéry? No? Pazienza. Quello che voglio dirti è semplice: liberati di me! Di te! Affidati e fidati della vita, del suo fluire incessante, delle sue continue trasformazioni: miracoli e meraviglie. Non aggrapparti alle cose, non trattenere nulla, non cercare di controllare tutto e tutti, sii libero. Un'ultima cosa. Non mi hai mai amata, ti sei intromesso nella mia vita per limitarmi, bloccare la mia creatività, ridicolizzare le mie passioni, boicottare i miei amori, legittimare i miei dubbi, invalidare il mio coraggio. Mi hai divorata per anni bloccando la mia evoluzione, succhiando le mie energie in cambio di veleni. E sai perché hai fatto tutto questo? Abbassi gli occhi, vero? Perché eri tu ad aver paura, a dubitare. Eri tu a non saper amare. Tu ad aver bisogno di me. Ora, caro ego, ti saluto e per favore non andare a far danni da un'altra parte.”
“Tornerò, tornerò! Quando meno te lo aspetti. Non credere che sia così semplice liberarsi di me” mi ha risposto.
Da tempo non mi chiedo come sarà domani, cosa avverrà della mia vita. Penso raramente al passato. Mi sembra di aver chiuso tutti i conti rimasti in sospeso con il perdono a me stessa e a chi mi ha ferita. Oggi vivo senza timore nel presente di ogni giorno prendendo il tempo necessario, senza affanno, per svolgere le mie attività e stare con me stessa. Davide e io meditiamo assieme la sera dopo che il pulmino del centro recupero si porta via i ragazzi. Mi ha insegnato a respirare, a lasciar andare i pensieri disturbanti e a godermi gli spazi “vuoti” che con la pratica costante sono diventati sempre più lunghi e frequenti fra un pensiero e quello successivo. A volte mi guida con la sua voce calma per itinerari color indaco improvvisati nel cosmo, nell'ametista profondo dei mari. Mi ha iniziata pratiche di grande potenza.
Devo a lui l'aver creato il mio santuario, luogo che ho posto in una foresta fitta di alberi giganteschi e di migliaia di fiori polposi profumatissimi. Vicino a una jacaranda centenaria scorre un ruscello limpidissimo frequentato da libellule, farfalle, uccelli tropicali dai colori dell'arcobaleno. In lontananza lo sciabordio delle onde che si frangono sulla sabbia rosa e più in là le dune plissettate e immense a nascondere l'imponente cancello di ferro nero che si staglia solitario sullo sfondo azzurro. Accanto, Leo, il maestoso leone fulvo, che seduto come le sfingi egizie fa la guardia all'infinito.
È lì, nel mio santuario, che ho conosciuto i miei genitori. Seduta sotto il fogliame lucente, nella pace, nella luce, chiamai mia madre per nome: Marie. Apparve una ragazza con i capelli arruffati e le gote chiare punteggiate da lentiggini. “Finalmente” mi disse, con una voce che non era quella di un'adolescente ma quella di una donna. “Abbiamo tante cose da dirci”, e mi ha sorriso. Si è seduta accanto a me e ha preso a raccontarmi della sua infanzia, triste e solitaria, nella casa di sua madre, di mia nonna Léontine, e di suo padre, che vide così poco da non averne ricordi, morto in guerra. Poi mi ha parlato della “cosa” che lei non era mai riuscita a comprendere né a superare. Parlava piano, dolcemente, ma prima di udire le sue parole sapevo già cosa avrebbe detto. Tutto appariva chiaro, evidente. Si riallacciava tra noi il filo perduto nel tempo. Provavo un'infinita tenerezza per lei.
“Perché sei morta, mamma? Perché siete morti, tu e papà?”
“Lo sai. Te lo ha spiegato anche Davide.”
“Ma allora è tutto vero?”
“Certo. È vero quello che la tua consapevolezza vede, è vero quello che l'amore sa prima della tua ragione.”
“Qual era il messaggio, perché questa scelta?”
“Per l'evoluzione spirituale; nostra, tua e di Davide.”
“Ma lo sapevate da vivi?”
“No. Lo abbiamo riconosciuto dopo. Lo sapevamo prima.”
“Sto facendo qualcosa di sbagliato, mamma?”
“No. Ti stai preparando, semplicemente.”
Mi ha abbracciato, ma non c'era nessuna consistenza nelle sue braccia.»

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