giovedì 26 dicembre 2019

LA CULTURA DIGITALE MINACCIA ANCHE IL NATALE



Sul Natale, su che cosa rappresenta per una gran parte dell'umanità e su come viene vissuto ormai a livello planetario, ecco di seguito l'interessante opinione del giornalista e scrittore Corrado Augias, raccolta dal blogger Nicola Mirenzi in un'intervista pubblicata su Huffingtonpost Italia, che mi sembra davvero utile leggere per una profonda riflessione. Tra alcuni anni, potremmo anche dimenticarci cosa stiamo festeggiando a Natale: “Per esempio, quasi nessuno ricorda più che il primo dell’anno, il giorno – anzi, la notte – del veglione, dei brindisi, degli auguri, dei fuochi d’artificio, nel calendario sacro è il giorno nel quale si celebra la circoncisione di Gesù. Quanti sono quelli che oggi lo festeggiano per questo?”
Da anni, Corrado Augias – scrittore e giornalista – studia e racconta le figure, le storie e i simboli della religione cristiana, pur essendo egli un laico e un non credente. Alla materia, ha dedicato vari libri, l’ultimo dei quali è Il grande romanzo dei Vangeli (Einaudi), scritto insieme allo storico del cristianesimo Giovanni Filoramo. Come è successo al capodanno, Augias teme che anche il Natale, prima o poi, possa prosciugarsi completamente del suo senso spirituale: “Io apprezzo il Natale, anche al di là del suo significato religioso. Mi piace il presepe. Sono attratto dai suoi personaggi, da Giuseppe e Maria, fino all’ultimo pastorello. Le loro storie sono storie che vanno raccontate. Ciò che detesto, invece, è la deriva consumistica del Natale, che credo andrebbe contrastata anche a costo di farsi nemici i commercianti che, in questi giorni, incrementano considerevolmente il proprio fatturato”.

Augias, ma se alla nascita di Cristo togliamo Dio, non è inevitabile che accada?
Nient’affatto. La figura di Gesù è grandiosa, anche se si fa a meno della teologia. Cristo è un profeta. È l’annunciatore di una spiritualità nuova. È una figura drammatica. Il suo messaggio è rivoluzionario, a tratti utopistico. Considerarlo semplicemente un uomo non toglie nulla alla sua figura. Al contrario, rende ancora più notevole ciò che ha fatto.

Cioè?
Cristo sfida le più grandi autorità del tempo, il potere dell’Impero romano e quello dei sacerdoti del suo tempo, sapendo che lo uccideranno. Il suo sacrificio segue la dinamica del capro espiatorio. Per questo, è l’agnello di Dio. Ora: se noi consideriamo Cristo allo stesso tempo Dio e uomo, sappiamo che come uomo morirà, mentre come Dio sopravviverà; se, invece, noi lo consideriamo come uomo soltanto, il suo sacrificio risulterà ancora più potente. Perché, per testimoniare il suo messaggio, egli ha messo in gioco tutto se stesso. Letteralmente.

E cosa ci dice di non religioso?
Ci dà una visione del mondo, una testimonianza che può essere meditata da chiunque, anche da chi non crede. Credo che, in una fase storica come quella che viviamo, in cui sono scomparsi tutti i punti di riferimento politici, ideologici, morali e giuridici, le scritture sacre possano essere lette alla ricerca non delle verità, ma di un senso.

Leggo Marco: “Va’, vendi quello che hai e dàllo ai poveri; poi vieni e seguimi”. Secondo lei, un messaggio così radicale è veramente compatibile con il nostro mondo?
Forse, non è possibile essere veramente cristiani. Però, è possibile il tentativo di essere cristiani. Gli obiettivi che Gesù Cristo indica sono irraggiungibili e utopici. Non è vero che i miti erediteranno la terra. Eppure, dopo la profezia di Cristo, noi sappiamo che anche quella possibilità esiste. E che ad essa possiamo tendere.

Anche il Natale dovrebbe recuperare l’utopia?
Nel mondo occidentale, non credo sia più possibile. La religiosità cristiana è diventata marginale. E non so se anche i cattolici che vanno a messa la notte di Natale ci vadano per entrare in contatto con l’avvento della radicalità del messaggio cristiano, oppure se prevalga anche in essi l’aspetto rituale e liturgico. I valori spirituali del Natale sono ridotti oggi, nei casi migliori, all’affetto familiare e ai regali. Che va bene, intendiamoci. Ma il mio timore è che con il progredire della cultura digitale, la storia di Cristo, come la storia di molti altri miti, avrà un posto sempre più piccolo nella nostra vita.

Fanno bene allora quei leader, come per esempio Salvini, che insistono sull’identità cristiana per opporsi proprio a questo?
Trovo blasfemo che un richiamo spirituale sia mescolato, anche parzialmente, a un messaggio politico. Mi dà pena e provo fastidio, che lo faccia Salvini, come ha fatto, oppure che lo faccia chiunque altro. La spiritualità è una dimensione che si coltiva di nascosto, da soli con se stessi. Nel momento in cui viene esposta in piazza, si inquina.

Lei cosa festeggia a Natale?
Faccio mio il canto che gli angeli elevano a Dio quando nasce Gesù: “Pace in terra agli uomini di buona volontà”. Credo sia una frase magnifica. Racchiude un messaggio universale, che vale per tutti: cattolici e laici.