sabato 18 aprile 2020

IL VIRUS È SFUGGITO DA UN LABORATORIO? HA ATTECCHITO PER COLPA DEL CLIMA?



Troppe reticenze, troppi atteggiamenti ambigui da parte della Cina sul Coronavirus. Da quando ha cercato di tenere nascosto l'insorgere dell'epidemia e messo alla berlina il medico che avvertiva sulla sua pericolosità (e per questo poi si è suicidato!), fino all'ultimo atto, quello di riconoscere il doppio di decessi a Wuhan, "non per nascondere la situazione, ma per errori di calcoli statistici". Paradossale veramente. Qualche dubbio, allora, può nascere sulla veridicità o meno che riguarda il cosiddetto complottismo, che addita a un laboratorio cinese (guarda caso di Wuhan!) la colpa di aver creato un virus poi sfuggito al controllo, e che da lì ha invaso il mondo. Non a caso c'è chi avanza l'ipotesi di voler chiedere i danni alla Cina per il disastro umano ed economico che avrebbe causato.
In questo dibattito, ecco l'ultimo atto: una dichiarazione del professor Luc Montagnier, lo scopritore del virus Hiv, che ha riattizzato la discussione. La scienza si schiera contro questa ipotesi “complottista”. La potenza cinese (politica ed economica) fa paura? Ci sono interessi più o meno sommersi da difendere? Difficile scoprirlo. Ecco comunque in proposito un articolo dell'Huffington Post su cui riflettere.

Un “lavoro da apprendisti stregoni”, un errore umano mentre si cercava il vaccino contro l’Hiv, sarebbe stato alla base della diffusione del Coronavirus nel mondo. È la tesi - da più parti avversata - di Luc Montagnier, che nel 1983 scoprì il virus dell’Hiv.
Il professore, premio Nobel per la Medicina nel 2008, non è il solo ad alludere a questa possibilità. Prima della sua uscita pubblica, altri avevano avanzato il dubbio che il Coronavirus non fosse passato dal pipistrello all’uomo - come sostengono moltissimi scienziati - ma fosse sfuggito da un laboratorio. Nulla di volontario, dunque, nessuna arma biologica - e su questo concordano praticamente tutti gli esperti - ma un catastrofico errore.
Non ci sono prove che garantiscano una qualche certezza alla teoria della svista in laboratorio, è bene precisarlo. E sono tanti gli scienziati, anche in Italia, che si sentono di scartare questa ipotesi. Ma il dibattito sulla vera origine del virus va avanti, e si arricchisce ogni giorno di nuove opinioni. Non solo di addetti ai lavori. Ieri Mike Pompeo aveva ricordato la vicinanza tra l’istituto di Virologia di Wuhan e il wet market.
Pochi giorni fa il Washington Post ha pubblicato un articolo con cui si puntavano i riflettori su un laboratorio di Wuhan, città da cui è partita la pandemia che il mondo si trova oggi ad affrontare. Due anni prima che scoppiasse la pandemia da coronavirus, diplomatici dell’ambasciata americana a Pechino visitarono diverse volte l’istituto di virologia di Wuhan (Wiv) e rimasero così preoccupati da mandare in Usa due messaggi in cui sottolineavano le inadeguate condizioni di sicurezza del laboratorio, che conduceva rischiose ricerche sui pipistrelli. Queste informative, spiega il quotidiano, negli ultimi due mesi hanno alimentato discussioni nel governo americano. Oltreoceano ci si chiede, per l’appunto, se questo o un altro laboratorio a Wuhan possa essere la fonte del Covid-19.
L’autore dell’articolo del Wp scrive che un alto dirigente dell’amministrazione Usa gli ha detto che queste informative forniscono un ulteriore elemento di prova della possibilità che la pandemia sia frutto di un incidente. E sostiene che la versione di Pechino che il virus è emerso dal wet market di Wuhan è debole. A questo proposito fa riferimento alle ricerche di esperti cinesi pubblicate su Lancet, secondo cui il primo paziente noto di Coronavirus, identificato il primo dicembre, non aveva legami con il mercato e neppure oltre un terzo dei contagiati nel primo grande cluster. Ma se il Wp avanza degli interrogativi sul mercato di Wuhan, Montagnier arriva a parlare di “bella leggenda”. E si augura che la Cina ammetta quelli che lui definisce “errori”.
La tesi del premio Nobel per la Medicina 2008: “Virus manipolato, forse per un vaccino contro l’Hiv. È sfuggito in laboratorio”.
Non il wet market, ma un laboratorio sarebbe stato il teatro dove è iniziata la tragedia, nell’ultimo trimestre del 2019. Luc Montagnier lo ha sostenuto ai microfoni di Pourquoi Docteur. Il professore spiega di aver fatto uno studio sul tema e di non essere stato il solo a raggiungere queste conclusioni: “Con il mio collega, il biomatematico Jean-Claude Perez, abbiamo analizzato attentamente la descrizione del genoma di questo virus Rna. Non siamo stati primi, un gruppo di ricercatori indiani ha cercato di pubblicare uno studio che mostra il genoma completo di questo virus che ha all’interno delle sequenze di un altro virus, quello dell’Aids. Il gruppo indiano ha ritrattato dopo la pubblicazione. Ma la verità scientifica emerge sempre. La sequenza dell’Aids è stata inserita nel genoma del Coronavirus per tentare di fare il vaccino”.
Gli elementi alterati del virus andranno via man mano che si diffonderà, spiega ancora Montaigner: “La natura non accetta alcuna manipolazione molecolare, eliminerà questi cambiamenti innaturali e anche se non si fa nulla, le cose miglioreranno, ma purtroppo dopo molti morti”. Ci sarebbe addirittura una soluzione: “Con l’aiuto di onde interferenti, potremmo eliminare queste sequenze e di conseguenza fermare la pandemia. Ma ci vorrebbero molti mezzi a disposizione”.
E ancora: “Quindi la storia del mercato del pesce è una bella leggenda ma non è possibile che sia solo un virus che si è trasmesso da un pipistrello, probabilmente è questo che hanno modificato. Forse volevano fare un vaccino contro l’Aids utilizzando un Coronavirus come vettore di antigeni. Un lavoro da apprendisti stregoni si può dire. Perchè non bisogna dimenticare che siamo nel mondo della natura, ci sono degli equilibri da rispettare. La natura elimina la sequenza del genoma del Coronavirus”.
A chi gli chiede se non si tratti di complottismo risponde: “No, il complottista è quello che nasconde la verità. Credo però che in questo caso è il governo di Pechino che ha nascosto le cose. Ma la verità pero viene fuori come ho detto. Ma ‘Errare humanum est’, e non è il caso di fare accuse ora né di aprire inchieste. La Cina è un grande Paese e spero che sia in grado di riconoscere un errore”, ha concluso.
La replica degli scienziati: “Non ha senso”, “Mi pare fantasiosa”, “Nessuna prova”.
Immediata la reazione degli altri scienziati alle parole di Montagnier. Sul riferimento agli elementi estranei al virus Etienne Simon-Lorière, dell’Istituto Pasteur di Parigi dice: “Non ha senso. Sono dei piccoli elementi che si trovano in altri virus della stessa famiglia. È aberrante”. Giuseppe Ippolito, direttore scientifico dello Spallanzani, più che a Montagnier risponde a Mike Pompeo: “Il virus non cambia, è stabile e non ci sono prove che sia stato creato in laboratorio. Se Pompeo ha altri dati scientifici, se li faccia pubblicare e chieda all’epidemiologo Anthony Fauci di farseli validare”. Anche il vertice dell’Iss, Silvio Brusaferro, ha ricordato che non ci sono evidenze sul fatto che il virus sia uscito accidentalmente da un laboratorio. “Da un po’ di tempo Montagnier è un po’ fantasioso nell’ipotesi scientifica. In ogni caso non abbiamo evidenze” che avvalorino la tesi, ha spiegato Gianni Rezza, direttore Malattie infettive dell’Iss.
La figura di Montagnier, negli ultimi anni, è diventata controversa. 35 premi Nobel, nel 2012, ne hanno chiesto la rimozione da direttore del Circb di Yaoundé con una lettera scritta da Richard Roberts, biologo molecolare premio Nobel, che si dimise in polemica dal consiglio scientifico. Nel documento si accusava Montagnier di aver abbracciato teorie lontane dalla ricerca scientifica. Il premio Nobel si è avvicinato anche ai novax, sostenendo la più volte smentita correlazione con l’autismo.
Dall’Università Federico II di Napoli arriva intanto lo studio “Clima Wuhan come quello della Lombardia. Virus si diffonde di più a certe temperature”, che mette in correlazione clima e diffusione del virus. La stagione invernale 2020 nella regione di Wuhan è stata molto simile a quella delle province del Nord Italia di Milano, Brescia e Bergamo, dove la pandemia, tra febbraio e marzo, è stata devastante. Ciò fa ipotizzare che il contagio sia più forte in presenza di temperature comprese tra i 4 C e gli 11 °C. È una delle conclusioni che emergono dallo studio su condizioni meteo e COVID-19 del professor Nicola Scafetta del Dipartimento di Scienze della terra, dell’ambiente e delle risorse dell’Università Federico II di Napoli, dove si individua una correlazione tra la diffusione del COVID-19 a livello mondiale e le condizioni meteo.
Sono state prodotte specifiche cartine del mondo isotermiche, allo scopo di localizzare, mese per mese, le regioni del mondo con variazioni di temperatura simili tra loro. Da gennaio a marzo, la zona isotermica che va principalmente dalla Cina Centrale verso l’Iran, la Turchia, il bacino mediterraneo occidentale (Italia, Spagna e Francia), fino agli Stati Uniti d’America, coincide con le regioni geografiche più colpite dalla pandemia nello stesso arco di tempo.
Le previsioni dicono che in primavera, quando il clima diventerà caldo, la pandemia probabilmente peggiorerà nelle zone settentrionali (Regno Unito, Germania, Europa Orientale, Russia e Nord America), mentre migliorerà radicalmente nelle zone meridionali (Italia e Spagna). In ogni caso, in autunno, la pandemia potrebbe ritornare a colpire nuovamente le stesse zone.
La Zona Tropicale e l’intero Emisfero Meridionale, tranne le zone più estreme, potrebbero scampare a una forte pandemia a causa del clima sufficientemente caldo durante l’intero anno.
Gli stessi motivi meteorologici possono spiegare il perché l’Italia Meridionale, un po’ più calda, è stata meno colpita dell’Italia Settentrionale, che invece rientra nell’intervallo di temperatura meteorologica più critica.

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