mercoledì 13 agosto 2014

LA TRAGICA FINE DI ROBIN WILLIAMS. E ORA SONO IN MOLTI TRA QUELLI CHE L'HANNO AMATO A CHIEDERSI: “PERCHÉ?“

                       
È proprio vero, come adesso stanno dicendo un po' tutti i media: con i tanti, memorabili personaggi che ha interpretato, ci ha commosso intensamente, ci ha fatto ridere e piangere, attraversando tutti i generi della recitazione cinematografica, e adesso che è uscito di scena in quel modo tanto tragico, siamo tutti sgomenti e addolorati. Abituati a vedere lui, come tanti altri divi del grande schermo, come esseri speciali, privilegiati, ricchi e amati, non riusciamo a capire come un attore affermato, ricoperto di fiumi di denaro (almeno in passato) per ogni film girato, possa finire così, con la vita annegata nell'alcol, nella droga e nella disperazione. E come abbia potuto decidere la lasciare volontariamente per sempre l'amata figlia Zelda e la terza moglie, in una fresca e luminosa mattina di piena estate, nella solitudine della sua splendida casa di San Francisco. Solo un mese fa era stato dimesso da una clinica dove si era ricoverato per una disintossicazione dall'alcol, e non era certo la prima volta. Dipendenza da sostanze, dalla fama e dai soldi (che negli ultimi tempi erano sempre più scarsi), ma possibile, senza tuttavia voler dare giudizi in merito, che gli affetti familiari contassero così poco? E, poi, sorprende che persone intelligenti, aperte, sensibili, come era certamente Robin Williamson, per curare le insondabili ferite dell'anima non sappiano andare oltre l'uso di stupefacenti e psicofarmaci, come se oggi il mondo non potesse offrire altre soluzioni, decisamente non pericolose e, al contrario, liberatorie, capaci di dare una prospettiva completamente diversa dalla quale osservare la vita? Basterebbe forse, in certi casi, affidarsi al conforto di un credo che dia una nuova forza interiore, un nuovo slancio capace di passare un colpo di spugna sulle angosce interiori, sul senso di vacuità che per alcune persone circonda la vita, su quel malessere che corrode l'anima da dentro e spesso, come in questo caso, non lascia scampo.


In tanti casi, una filosofia di vita ispirata, per esempio, agli insegnamenti del buddhismo potrebbe essere una via d'uscita. E di certo negli Stati Uniti questi hanno avuto una larga diffusione, probabilmente più che in Europa. Ma il problema è che in certi ambienti della società molto competitivi, molto duri, come quello dello star system cinematografico americano, non è facile resistere a certi richiami autodistruttivi  e inoltre bisogna riconoscere che certe coscienze, a causa di una sensibilità diversa, non sono ancora pronte ad accogliere tali insegnamenti, un po' come la terra arida per una prolungata siccità non è capace di accogliere e far germogliare i semi portati dal vento.
Eppure, ci insegna un grande maestro spirituale, uno dei miei preferiti, come è Thic Nhat Hanh, ci indica una strada facile e ardua nello stesso tempo: portare consapevolezza nella nostra vita come unico rimedio all'infelicità esistenziale. «Per essere felici - afferma in uno dei suoi tanti, bellissimi e avvincenti libri (Camminando con il Buddha - Zen e felicità, Oscar Mondadori, già citato nel precedente post e capitato ad hoc anche in questa occasione) - non serve una gran quantità di denaro, né di fama o di potere: per essere felici abbiamo bisogno di presenza mentale. Abbiamo bisogno di libertà – libertà dalle preoccupazioni, dall'avidità, dalle ansie – in modo da poter entrare in contatto con le meraviglie della vita che abbiamo a disposizione qui e ora».
È in fondo una concezione minimalista della vita,  che si affida a una presenza sensuale, al percepire, escludendo pensieri, giudizi e altri giochi della mente e dell'ego, tutto ciò che i sensi ci trasmettono a 360 gradi, così da essere in contatto diretto e continuo con la natura e il suo divenire, e in definitiva con la Vita e il suo scorrere. Parole che possono apparire scontate, una formula vuota, se le si esamina attraverso la mente stessa, invece in un certo senso rivoluzionarie vissute dal cuore.
E se Robin Williams, come tante altre persone tristi e depresse, avesse apprezzato con tutto se stesso le bellezze del mondo e della vita, se si attraverso fosse sentito vivo fino all'ultima fibra del suo corpo, sarebbe stato anche più propenso a scegliere di assistere in prima persona, anzi in prima fila, alla svolgersi del film della sua esistenza, fino alla parola “The End” scritta dalla vita stessa. Avrebbe potuto vivere altri momenti meravigliosi e altre sconfitte con lo stesso atteggiamento distaccato, ironico che fa dire “Ah, è così? Anche questo passerà”, anziché scegliere un finale diverso e, forse, non privo di conseguenza sul piano del karma individuale.
La vita di ciascuno è davvero come un film cui ognuno, ogni giorno, aggiunge una scena, è come un mosaico cui ciascuno ogni giorno unisce qualche tassello, ed è bello scoprire con il tempo come il film o il mosaico prendano forma, si arricchiscano e offrano sempre più un quadro d'insieme.
È vero, la vita non sempre è una compagna gradevole, non sempre ci appare amica, ma ci è comunque maestra, un po' come la morte. Come una madre severa ma comprensiva, dura ma caritatevole, ci pone davanti prove difficili (spesso conseguenza di nostre scelte sbagliate, di errori di condotta!) per farci capire dove abbiamo sbagliato, però ci offre anche la possibilità di rimediare, se lo vogliamo. Perché è indubbio che ogni giorno, consciamente o no, ciascuno di noi pone i semi di quello che ci accadrà domani o in futuro.




venerdì 8 agosto 2014

THICH NHAT HANH: «LA SICUREZZA E LA PACE NON SONO QUESTIONI INDIVIDUALI»


                                   

«Sono molto preoccupata, per non dire angosciata, perché in tutto il Medio Oriente e nel Mediterraneo, proprio a poche centinaia di chilometri da noi, ci sono conflitti che minacciano la pace mondiale» mi scrive Sara. «Basta un niente perché si allarghino e arrivino a coinvolgere altri Paesi, compreso il nostro, come in una sorta di scacchiera. E poi mi angoscia la sorte di quelle migliaia e migliaia di cristiani profughi in Iraq a causa di fanatici terroristi che, in nome di Allah, seminano terrore e morte tra chi non è della loro religione. Io li accoglierei, tutti quei profughi, in Italia, in Europa, non foss'altro per bilanciare l'arrivo cui stiamo assistendo di quella massa enorme di immigrati, per la totalità musulmani, che né il nostro Paese né l'Europa vuole respingere e che un giorno, quando saranno la maggioranza, decreteranno la nascita di un nuovo continente, l'Eurabia, e faranno di noi cristiani quello che stanno facendo in Irak. Del resto, l'hanno annunciato proprio recentemente di voler riconquistare l'Andalusia, “la terra dei loro avi” e conquistare Roma e il mondo intero... E la basilica di San Pietro diventerà una grande moschea come è avvenuto per quella di Santa Sofia a Costantinopoli?»
Non voglio e non posso in questa sede entrare nel merito delle catastrofiche previsioni di Sara né pronunciarmi su un fenomeno biblico che, certo, qualche preoccupazione può suscitare. Quello che vorrei puntualizzare, però, è la totale inconsapevolezza dei contendenti in questi conflitti, ognuno vittima del proprio ego e dei propri preconcetti e che fa sì che la follia umana non abbia mai fine, nonostante le innumerevoli distruzioni e le innumerevoli vittime causate in altrettante guerre da che l'umanità esiste. Ecco, per esempio le parole di grande attualità che il noto e amato monaco buddhista vietnamita Thic Nhat Hanh (nella foto in alto) esprime al proposito nel suo libro Camminando con il Buddha - Zen e felicità, Oscar Mondadori:
“Dire «O siete con noi o siete con i terroristi» dimostra che si è profondamente attaccati alla visione dualistica. È come dire «se non sei cristiano sei contro il Cristo»: non è certo teologia, questa, e non è corretto neanche dire «Se non sei con il Buddha sei contro il Buddha»: negli insegnamenti e nella pratica del buddhismo ci viene ricordato di continuo che il Buddha era un essere vivente e che non c'è distinzione alcuna fra il Buddha e gli altri esseri viventi. Se togli al Buddha la natura di “essere vivente”, quel che resta non è più un buddha. La sostanza di questo insegnamento si trova in tutte le tradizioni.
«O siete con noi o siete con i terroristi» non è una buona politica: non è neanche buona diplomazia, perché di certo i governi che la pensano diversamente non gradiranno un'affermazione del genere… Se davvero vogliamo che la pace sia possibile, dovremmo cercare di guardare alla realtà in modo che non generi separazioni. È così importante allenarci a una visione non-dualistica! Sappiamo per esperienza personale che se l'altro non è felice ci è molto difficile esserlo a nostra volta. L'“altro” può essere nostra figlia, il partner, un amico, nostra madre, nostro figlio, nostro padre, un nostro vicino; l'“altro”  può essere la comunità cristiana, la comunità ebraica, la comunità buddhista, la comunità islamica. Se ci rendiamo conto che la sicurezza e la pace non sono questioni individuali, agiamo spontaneamente in favore del bene collettivo. Tutto quello che facciamo per aiutare amici, vicini e altri paesi a essere più sicuri e più rispettati porta beneficio anche a noi. Altrimenti siamo prigionieri della nostra stessa arroganza: la visione dualistica ci porta ad agire sempre in modalità distruttive per noi stessi e per il mondo”.
Ma arriverà il giorno in cui l'uomo capirà finalmente queste semplici verità? Riuscirà un giorno a non identificarsi più con la propria emotività, i propri preconcetti e a diventare consapevole? Forse tra migliaia e migliaia di anni, ammesso che l'umanità o la Terra esista ancora? «Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno» disse Gesù, sulla croce, dei suoi torturatori. Parole che esprimono anche una drammatica accusa. «Non sanno quello che fanno» ossia «sono totalmente inconsapevoli, sia delle proprie azioni sia delle conseguenze cui queste porteranno». È la stessa, identica, posizione di molti capi politici o di Stato, di certi rappresentanti religiosi, di tutti quei militanti che in nome di Dio e della religione uccidono i loro simili, dimenticando che siamo tutti essere spirituali, scintille divine, che hanno preso sede in corpi impermanenti, anzi evanescenti come bolle di sapone. Tutti, indistintamente. Perché, allora, tanto egoismo, tanti soprusi, tante violenze, tanti massacri, tanto odio?

giovedì 22 maggio 2014

DA MASAMI SAIONJI, GRANDE MAESTRA SPIRITUALE GIAPPONESE, UN MESSAGGIO DI SPERANZA ALL'UMANITÀ CHE HA DIMENTICATO LA PROPRIA DIVINITÀ


Ana mi scrive da Segovia, in Spagna: «Viviamo in un mondo dominato dal consumismo, ma anche dalla violenza, dall'arroganza e dalla sopraffazione. Non solo tra uomini, ma anche da parte degli uomini sulla Terra, la nostra unica casa, il pianeta che ci dà la vita e che invece facciamo a gara per distruggere. E non è follia tutto questo? Davvero siamo diventati cattivi, spietati, disumanizzati? E davvero siamo ormai su una strada senza ritorno? Andando avanti così ci autodistruggeremo? Sono angosciata, ma non oso parlarne con nessuno, neppure con il mio partner perché temo d'essere incompresa e derisa. Perché so che tutti ormai sono assuefatti a questa mentalità e la trovano del tutto normale. Se ci penso mi sembra d'impazzire. Possibile che nessuno si accorga di questa follia generale?»

Ad Ana dico che la capisco molto bene e che sono assolutamente solidale con lei, perché in effetti l'umanità e il mondo sono incamminati su una cattiva strada che, se non interverrà qualcosa a cambiare la mente degli uomini, ci porterà a conseguenze gravissime per l'esistenza della Terra e per la nostra vita sul pianeta. Tra le varie personalità del mondo della cultura e dello spirito che si sono dimostrate più sensibili ai problemi della pace e al destino della Terra mi piace ricordare Masami Saionji, una maestra spirituale giapponese autrice di libri bellissimi, dai messaggi profondi, nei quali si è sforzata di instillare messaggi di pace, armonia, compassione tra gli uomini e di rispetto per il nostro pianeta. Saionji, allieva ed erede del messaggio di pace mondiale di Masahisa Goi, e a sua volta ambasciatrice della pace mondiale con incarichi prestigiosi come quello di Presidente del World Peace Prayer Society, ha dedicato la propria vita al risveglio e al conseguimento della coscienza globale per la pace personale planetaria. Ecco alcuni significativi brani tratti dal suo volumetto La felicità infinita, edito negli Oscar Mondadori, che a un quadro francamente preoccupante della condizione umana unisce un messaggio di speranza per il futuro.

«Oggi gli uomini hanno dimenticato il modo in cui deve pensare una persona sana. Una persona veramente sana coltiva sempre pensieri luminosi. Una persona veramente sana pronuncia soltanto parole che emettono onde luminose. Queste persone, poiché le loro menti emanano una salute perfetta, non concepiscono mai parole negative, né hanno necessità di utilizzarle…
Quando il vostro centro è sano, tutto intorno a voi è bello, giusto, amabile, gioioso e armonioso. Una luce chiara inonda la vostra mente e si irradia da voi. Senza sforzi particolari, siete grati naturalmente a tutto ciò che sostiene la vita e vi aiuta a crescere.
Gli uomini dotati di un animo sano non provano mai odio né gelosia verso gli altri. Non ne parlano male, non li feriscono, non li ridicolizzano. Non possono farlo. Non possono nemmeno immaginare simili cose, perché queste parole e queste azioni sono possibili soltanto alle persone che hanno animi sofferenti. Quando provate piacere nel fallimento di un altro, nella sua sventura o quando ne invidiate il successo, è segno che la vostra essenza non è più in buona salute. Vibrazioni negative hanno incominciato ad attaccarla.
Quando il cuore è in perfetta salute, voi fate e dite naturalmente cose che riflettono i vostri pensieri luminosi, salutari. Svolgete il vostro lavoro con zelo e gioia, e vi vengono in mente continuamente nuove idee. Sentite spontaneamente che lavorate non solo per voi, ma anche per gli altri. Poiché vi impegnate per il bene dell'umanità, i frutti dei vostri sforzi si moltiplicano.
Gli uomini dotati di un animo sano vivono naturalmente, senza pretese. Al contrario, molte persone immerse nella società materiale hanno cuori sofferenti. Si combattono, si maledicono, si odiano e si uccidono a vicenda. Anche loro avevano un tempo animi perfettamente sani. E i loro corpi erano in buona salute. Ma mentre le loro essenze si allontanavano gradualmente dalla salute, esse incominciavano consciamente ad interessarsi alle malattie fisiche.
Quando il vostro cuore è sano, desiderate stare in contatto con la natura. Aspirate ad essere uniti alla natura. I vostri pensieri sono sempre ariosi e chiari. Non potete fare a meno di amare gli altri e non siete soddisfatti finché non li avete aiutati. Seguite un sistema di vita positivo e i vostri pensieri sono colmi di luminose speranze. Evitate la disarmonia e i conflitti, e amate la pace. Potete percepire intuitivamente il divino. Poiché siete consapevoli della vostra divinità, siete grati a tutto ciò che vi permette di vivere…
Senza dubbio avrete sentito la frase: “Gli esseri umani sono figli di Dio”. Questo significa che gli uomini furono originariamente creati con animi sani. Essi non sono essenzialmente diversi da Dio, come invece molti credono erroneamente.
Se conservate un cuore sano, niente vi impedirà di cogliere la verità dell'esistenza. Il cuore sano è il vero Sé, una corrente di vita che fluisce dalla fonte dell'Universo. Il vostro vero Sé esprime naturalmente tutte le qualità illimitate dell'Universo: saggezza illimitata, energia illimitata e gratitudine illimitata. Le esprime nei pensieri, nelle parole e nelle azioni senza la minima difficoltà…
La nostra attuale situazione mondiale ci offre un quadro di guerre, di lotte, di fame, di epidemie e di disastri naturali che si verificano dappertutto. Non riusciamo a vedere la fine della paura, della sofferenza, della crudeltà e dell'indifferenza. Tutte queste condizioni ebbero origine quando gli uomini smarrirono le loro essenze sane.
L'umanità ha il cuore malato, ma, quando tutti recupereranno la loro salute originale, questo mondo sarà pieno naturalmente di pace e di armonia. Una società e una nazione composta di persone con spiriti sofferenti possono soltanto essere infelici, disarmoniche e distruttive, ma una società creata da persone con spiriti sani rifletterà sicuramente la pace, la felicità e la prosperità.
Lo stesso vale per gli individui. Un'esistenza creata da una persona con un animo malato o deteriorato sarà oscura e miserabile, ma persone con cuori sani seguiranno sistemi di vita floridi e pieni di pace e di felicità…
Questo è lo stato naturale di ogni essere umano. Tuttavia, quando l'animo è sofferente, ciò che è naturale non è più sentito come tale. Ogni cosa diventa deforme. Il modo in cui vedere e sentite le cose e il mondo in cui comunicate con la natura sono distorti…
Come possiamo conservare i nostri spiriti in salute? Quando sono afflitti, come possiamo ristabilire la loro felicità? Ognuno di noi deve attentamente ascoltare la verità che risuona dentro di sé.
Il Sé interiore ci fornisce continuamente le esatte informazioni che ci sono necessarie: la verità si riflette direttamente dal cuore dell'Universo. Proprio come gli uccelli migratori possono puntare con precisione, volando nel grande cielo, verso la loro destinazione, e come i giovani salmoni che sono nati in un fiume nuotano verso il mare e alla fine ritornano nello stesso fiume, così tutte le esistenze sono guidate dalla Legge Universale. Ogni cosa nella Grande Natura, mentre vive in armonia con le altre, dà piena espressione alla sua originaria saggezza divina seguendo il disegno universale.
Gli esseri umani, benché siano in grado di distinguere ciò che dà vita da ciò che dà morte, si sono dimenticati della loro illimitata saggezza divina. Ignorano le direttive dei loro Sé superiori e conducono esistenze prive di scopo e disperate, non afferrando nemmeno la minima verità sulla vita e sulla morte…
Un animo malato non può che produrre parole e azioni malate. Per quanto cerchiate, per quanto possiate resistere, il vostro spirito malato non può produrre frutti sani.
La prima cosa che dobbiamo compiere è riscoprire la nostra essenza sana. Dobbiamo ricordarci di ciò che abbiamo perso di vista… di ciò che esiste nel fondo di ciascuno di noi…
Perché non tentare di credere, a poco a poco, nel vostro stesso potere? Vi prego di credere nell'illimitata energia vitale che fluisce continuamente dentro di voi. Credete nel vostro vero Sé.
Credete nel vostro spirito originariamente sano. Rimettetelo al posto giusto, il più presto possibile. Potete sicuramente farlo. Niente è più bello che credere in se stessi.
Tutto ciò che è nell'Universo è in voi. Soltanto quando conoscerete questo principio, potrete vivere con piena fiducia. Questa è la verità assoluta: il vostro essere interiore coincide con quello di Dio.
Quando la vostra consapevolezza avrà raggiunto questo punto, scoprirete che ogni disarmonia è svanita dal vostro cuore. E saprete che solo la divinità esiste».

                                             Possa la pace prevalere sulla Terra.



Ed ecco ora, cara Ana, nella tua bellissima lingua, il castigliano, un toccante omaggio di Masami Saionji alla nostra amata Madre Terra, alla Natura e a Dio che le ha create:


«La tie­rra azul está viva.
La tie­rra mís­tica está des­per­tando.
Mon­ta­ñas, ríos y océa­nos,
Toda la natu­ra­leza está pul­sando y dan­zando con las vibra­cio­nes de Dios.
Incluso las pie­dras, rocas y mine­ra­les
Están res­pi­rando lenta y pro­fun­da­mente.
Así lo vean otros ó no,
Yo encuen­tro cla­ra­mente a Dios en luga­res como estos.
Ani­ma­les, plan­tas y peces, incluso peque­ños insec­tos
Des­bor­dan con las ale­gres vibra­cio­nes de Dios.
En celes­tial tran­qui­li­dad, el sol bri­lla alre­de­dor.
En terres­tre quie­tud, la tie­rra está descansando.
Nues­tros cuer­pos y todas nues­tras célu­las están bri­llando,
Y todas las cosas vivas están bri­llan­te­mente lle­nas de vida
Con la gran armo­nía del Universo.
Mon­ta­ñas y ríos,
Bos­ques y par­ques
Están bebiendo el bri­llo del sol.
En un campo, en una granja, en el cés­ped de un jar­dín,
El amor del sol en abun­dan­cia, le da vida a la natu­ra­leza.
La gra­cia del amor de Dios, rees­trena el futuro.
Yo veo a Dios viviendo en la Natu­ra­leza.
Los ani­ma­les obtie­nen ali­men­tos de la Natu­ra­leza,
Justo lo sufi­ciente para man­te­ner sus vidas.
Yo tam­bién encuen­tro a Dios en todos los ani­ma­les.
Adonde sea que mira­mos,
Si segui­mos mirando,
Dios aparecerá.
Yo ofrezco infi­nita gra­ti­tud a los ani­ma­les y las plan­tas.
Des­pierto con una tor­menta eléc­trica y una copiosa llu­via.
Nubes pesa­das cuel­gan sobre la tie­rra.
Un velo de oscu­ri­dad envuelve todo.
No es una mañana de sol.
Sin embargo, mi cora­zón des­pierta bri­llan­te­mente del plá­cido sueño,
Y se eleva al cielo.
Yo amo la llu­via. Amo la nieve tam­bién.
El aire cálido, el viento frío, o una ráfaga repen­tina,
Cada fenó­meno natu­ral es un men­saje del cielo.
Mis manos natu­ral­mente se unen en ora­ción,
Cuando ofrezco infi­nita gra­ti­tud a todos los fenó­me­nos celes­tia­les. Sólo enton­ces,
La tor­menta eléc­trica suena como el canto de las divi­ni­da­des.
El rugido del océano,
El mur­mu­llo de las olas.
El océano nos invita al reino de lo infi­nito.
El océano nos guía hacia la eterna libertad. Eterno mar!
Mar crea­tivo!
Mar que flu­yes libre­mente!
Los rit­mos del mar revi­ta­li­zan nues­tras vidas.
En nom­bre de la huma­ni­dad, yo agra­dezco a nues­tro que­rido mar.
El sol canta. El sol cele­bra.
El sol se rego­cija.
El sol es mi alma.
El sol es mi piel.
El sol es mi san­gre.
El sol es mi vida misma.
El sol existe pro­fun­da­mente den­tro de mí,
Así como tam­bién en el cielo azul.
Yo te agra­dezco, que­rido sol.
Cuando toqué el alma de la Madre Tie­rra,
Ella vibró y me sos­tuvo en sus bra­zos.
Calma y tier­na­mente,
Ella me guió hacia la pro­fun­di­dad de su espíritu.
Mi res­pi­ra­ción se fun­dió en las vibra­cio­nes de la tie­rra.
Fui uno con la Madre Tie­rra.
Esto fue cuando estaba en el campo.
Fue sólo un momento, mien­tras estaba cami­nando a solas.
Des­cu­brí que la tie­rra estaba viva.
La tie­rra estaba rego­ci­ján­dose, feliz». 

giovedì 10 aprile 2014

OSHO: ESISTE UNA SOLA MEDITAZIONE, E CIOÈ ESSERE TESTIMONI

Una ri-letttura, una rivisitazione che mi ha emozionato tantissimo. Ecco che cosa ha scritto Osho (parole semplici e magnifiche, fondamentali nella vita!) a proposito dell'importanza della consapevolezza e dell'essere testimone di tutto ciò che, di apparentemente banale oppure importante, facciamo nell'arco della giornata. Leggiamo attentamente:

Prima o poi è inevitabile che la mente si chieda: «Essere semplici osservatori, testimoni di tutto ciò che accade nel corpo, nella mente, nel regno delle sensazioni e delle emozioni non toglie ogni pensiero esistenziale? Un semplice testimone potrà mai cantare, danzare, gustare la vita?». Questo interrogativo sorge perché la mente teme moltissimo il tuo diventare un testimone. Come mai ne ha tanta paura? Perché il tuo diventare un testimone implica la morte della mente.
La mente vive nell'agire, nel fare, mentre essere un testimone è una condizione di non- fare. La mente teme di non essere più necessaria, se tu diventi un testimone. E in un certo senso ha ragione.
Quando in te sorge il testimone, la mente deve scomparire: allo stesso modo in cui, quando fai luce nella tua stanza, l'oscurità se ne deve andare: è inevitabile. La mente può esistere solo se tu resti profondamente addormentato, in quanto essa è uno stato onirico, e i sogni possono esistere solo nel sonno.
Diventando un testimone tu non dormi più, sei sveglio. Diventi consapevolezza, e sei assolutamente limpido, giovane e fresco, vivo e forte. Diventi una fiamma vivida, quasi ardessi da entrambe le estremità. In quell'intensità, in quella luce, in quella consapevolezza, la mente muore, si suicida. Per questo la mente ha paura e ti creerà ogni sorta di problemi, di dubbi. Porrà domande a non finire. Ti farà esitare di fronte a quel balzo nell'ignoto: cercherà di farti indietreggiare. Cercherà di convincerti: «Con me sei sicuro, protetto; con me vivi al riparo, ben custodito. Io mi prendo cura di te, sotto tutti i punti di vista. Con me puoi essere un esperto, abilissimo. Se mi lascerai, dovrai lasciare ogni tua conoscenza, dovrai abbandonare tutte le tue sicurezze, le tue certezze. Dovrai abbandonare la tua corazza e addentrarti nell'ignoto. Stai rischiando inutilmente, senza alcun motivo». La mente ti metterà davanti razionalizzazioni splendide, per non perdere la sua posizione di dominio: questo dubbio fa parte di quel gioco.
Di fatto, solo la consapevolezza di un testimone può ballare, danzare e gustarsi veramente la vita. Sembrerà un paradosso - lo è - ma tutto ciò che è vero è paradossale, ricordalo.
Quando sei nella mente, come puoi cantare? La mente crea infelicità: da quell'infelicità non può nascere canto alcuno. Quando sei nella mente, come puoi danzare? Certo, puoi compiere gesti definiti “ballo”, ma non si tratterà di una vera danza…
La vera danza accade solo quando sei diventato un testimone. Allora sei così beato che quella stessa beatitudine straripa dal tuo essere: quella è danza! La beatitudine stessa inizia a cantare, un canto si alza spontaneo. E solo quando sei un testimone puoi gustare la vita.
Un testimone non è uno spettatore, non vive slegato dalla vita.
Allora, cos'è un testimone? Un testimone è una persona che partecipa e tuttavia resta all'erta. Un testimone non è una persona in fuga dalla realtà. Vive in maniera di gran lunga più totale, con passione molto più intensa, tuttavia in profondità resta un osservatore, continua a ricordare: «Io sono la consapevolezza».
Provaci. Camminando per strada, ricorda di essere la consapevolezza. Continui a camminare, ma si aggiunge qualcosa di nuovo, un elemento che ti arricchisce, una bellezza nuova. Qualcosa di interiore viene aggiunto all'azione esteriore.
Diventi una fiamma di consapevolezza, e in questo caso il camminare avrà una felicità totalmente diversa: sei sulla terra e tuttavia i tuoi piedi non toccano affatto il suolo.
È ciò che diceva Buddha: attraversa il fiume, ma non lasciare che le acque tocchino i tuoi piedi.
Vivi sulla piazza del mercato, ma non permettere che il mercato entri nel tuo essere, vivi nel mondo e tuttavia non farne parte: ecco che cosa si intende con “consapevolezza testimoniante”.
Ecco cosa intendo quando vi ripeto, e lo faccio in continuazione: siate consapevoli! Io non sono contrario all'azione, ma le vostre azioni devono essere illuminate dalla consapevolezza. E dove potrai essere un testimone, se ti allontani dal mondo dell'azione? Il mondo dell'azione è l'opportunità migliore per essere consapevoli. Ti offre una sfida, rimane una sfida costante.
Puoi addormentarti o diventare un uomo d'azione, in questo caso sarai un uomo del mondo, un sognatore, una vittima delle illusioni; oppure puoi diventare un testimone pur continuando a vivere nel mondo. In questo caso le tue azioni avranno una qualità diversa: saranno vere azioni. Chi non è consapevole non agisce realmente, le sue azioni non sono realmente tali, sono re-azioni. Tale persona si limita a reagire.
Qualcuno ti insulta e tu reagisci. Insulta un Buddha: egli non reagisce, egli agisce. La reazione dipende dall'altra persona: preme un bottone e tu resti una semplice vittima, uno schiavo; funzioni come una macchina.
La persona reale che conosce cosa sia la consapevolezza non reagisce mai; agisce in base alla propria consapevolezza. L'azione non è prodotta dall'atto altrui; nessuno può premere un bottone dentro quella persona. Se sente, per sua spontanea volontà, che questa è la cosa giusta da fare, la fa; se sente che non è necessario fare nulla, resta quieta. Non reprime nulla; è sempre aperta, espressiva. La sua espressione è multidimensionale: canta, scrive poesie, danza, ama, prega, è compassionevole, fluisce.
Essere un testimone si fonda sulla semplice osservazione, e il miracolo dell'osservazione è questo: osservando il corpo, l'osservatore acquista forza; osservando i pensieri, ne acquista ancor di più; osservando le sensazioni, l'osservatore diventa ancora più forte. E quando osserva gli stati d'animo, l'osservatore è così saldo da poter restare se stesso, per cui osserva se stesso, come fa una candela nel buio della notte: non illumina solo la zona circostante, illumina anche se stessa.
Scoprire l'osservatore nella sua purezza è la più alta realizzazione nella sfera della spiritualità, perché l'osservatore che esiste dentro di te è la tua stessa anima, l'osservatore che esiste dentro di te è la tua immortalità. Ma non pensare, neppure per un solo istante, di averlo afferrato, perché in quel momento ti sfugge.
L'osservazione è un processo eterno; scendi a profondità sempre maggiori, senza mai arrivare alla fine, al punto in cui puoi dire di averla compresa. In realtà, più scendi in profondità, più diventi consapevole di essere entrato in un processo eterno, che non ha principio né fine.
Ma la gente non fa altro che osservare gli altri; non si preoccupa mai di osservare se stessa. Tutti guardano ciò che fanno gli altri  - è la forma di osservazione più superficiale - guardano come si vestono, il loro aspetto. Tutti stanno a guardare: l'osservazione non è affatto una novità, è già presente nella tua vita; deve essere soltanto approfondita, trasferita dagli altri e orientata verso le tue sensazioni, i tuoi pensieri, i tuoi stati d'animo interiori per arrivare, infine, all'osservatore stesso.
Usa questa energia di osservazione per trasformare il tuo essere. Ti può portare una beatitudine immensa, e benedizioni che non hai mai sognato. È un processo elementare, ma quando inizi a usarlo su di te diventa una meditazione.
Si può trasformare tutto in meditazione.
Qualsiasi cosa ti riconduca a te stesso è meditazione. Ed è importantissimo trovare la propria meditazione, perché in quella scoperta sarai felice. E poiché sarà una scoperta - non un rituale che ti viene imposto - sarai felice di approfondirlo sempre di più. E più andrai a fondo, più ti sentirai felice, in pace, più silente, più integro, più aggraziato, acquisterai una dignità maggiore…
Osservate il vostro corpo, e rimarrete sorpresi. Posso muovere la mano senza osservarla, e posso muoverla osservandola. Voi non vedrete la differenza, ma io potrò percepirla. Quando la muovo con attenzione, osservandola, ha in sé grazia e bellezza, possiede una quiete e un silenzio profondi.
Si può camminare osservando ogni passo, quella passeggiata darà tutti i benefici di un esercizio ginnico e in più i benefici di una grande meditazione, pur nella sua semplicità.
Non dovreste compiere un solo gesto inconsapevolmente. L'osservazione affilerà la vostra consapevolezza. Questa è la religione essenziale, tutto il resto non è altro che parole. Se riesci a osservare, non occorrerà altro.
Non esiste altro da fare con quel servitore indisciplinato che è la mente, se non questo: stare a guardare. In apparenza sembra una soluzione troppo semplice per un problema tanto complicato. Ma questo fa parte dei misteri dell'esistenza. Il problema forse è troppo complesso, ma la soluzione può essere semplicissima.
Osservare, essere testimone, essere consapevole sembrano parole elementari per risolvere l'intera complessità della mente. Una eredità di milioni di anni, una tradizione, condizionamenti, pregiudizi, come potranno scomparire con la semplice osservazione? Tuttavia, scompaiono.
Come diceva sempre Gautama il Buddha, se le luci della tua casa sono accese, i ladri non entrano; sapendo che il padrone è sveglio, visto che le luci sono riflesse dalle finestre, dalle porte, il ladro giudica inopportuno entrare.
Quando, viceversa, le luci sono spente, i ladri sono attratti dalla casa: l'oscurità è un invito irresistibile. E come diceva Gautama il Buddha, la stessa situazione è vera per i tuoi pensieri, le tue immaginazioni, i tuoi sogni, le tue ansie, tutta la tua mente.
Se è presente il testimone, è simile alla luce: quei ladri svaniscono. Mentre se quei ladri scoprono che non esiste testimone alcuno, iniziano a chiamarne altri, e altri ancora, l'invito è aperto a tutti.
Si tratta di un semplice fenomeno luminoso. Nel momento in cui accendi la luce, l'oscurità scompare…
La presenza del testimone è assenza della mente e l'assenza del testimone è presenza della mente.
Nel momento in cui inizi a osservare, pian piano, con il rafforzarsi del testimone, la tua mente si indebolirà sempre di più. E nel momento in cui si rende conto che il testimone è giunto a maturità, si assoggetterà e sarà uno splendido servo. È un meccanismo, può benissimo essere utilizzato; ma se il padrone non è presente, oppure è profondamente addormentato, allora il meccanismo continua a funzionare, per quanto gli è possibile, da solo. Nessuno gli dà ordini, nessuno gli dice di fermarsi, per cui la mente, pian piano, si convince di essere il padrone, e per migliaia di anni lo è stata.
Quando cerchi di essere un testimone essa lotta, si sente messa in dubbio. E ha scordato completamente di essere solo un servitore. Da tempo immemorabile tu sei assente, non ti riconosce più. Ecco perché esiste tanto conflitto tra il testimone e i pensieri. Ma la vittoria finale non potrà che essere tua, perché sia la natura che l'esistenza vogliono che tu sia il padrone e che la mente sia il servitore. In questo modo le cose tornano in armonia, e la mente non può errare. In questo modo tutto è essenzialmente rilassato, silente, e fluisce verso il proprio destino.
Non devi fare altro che osservare: questa è l'essenza della meditazione. Esistono centododici metodi di meditazione. Io li ho visitati tutti, non dal punto di vista intellettuale. Mi ci sono voluti anni per sperimentare ognuno di quei metodi e per scoprirne l'essenza. E dopo averli sperimentati tutti, sono rimasto stupito, scoprendo che l'essenza è identica, ed è l'essere testimoni; ciò che non è essenziale in quei metodi varia, ma il centro di ognuno di loro è l'essere testimone.
Per questo vi posso dire che esiste solo una meditazione nel mondo intero, e cioè l'arte dell'essere testimone. È sufficiente questo: l'osservazione opererà l'intera trasformazione del tuo essere e ti aprirà le porte della verità, della divinità, della bellezza.

Direi che è davvero l'essenza della meditazione. E che non c'è altro da aggiungere. Stupefacente nella sua semplicità!




 

mercoledì 26 marzo 2014

LA FINE VITA SECONDO TAGORE: INIZIA UNA NUOVA FASE DI CRESCITA SPIRITUALE. L'ANIMA LASCIA L'UNIVERSO E RAGGIUNGE L'INFINITO


Mi scrive Lorenzo dalla provincia di Udine: «A sessant'anni, sono entrato ormai nella fase “decrescente” della vita e d'improvviso mi ritrovo alle prese con angosce che un tempo non mi sarei mai aspettato di provare. A dire il vero è già da una decina d'anni che ha fatto capolino nella mie mente il timore per la fine cui tutti siamo destinati, per quel limite che tutti noi ci ritroviamo davanti e al quale non potremo sfuggire. Tutto è cominciato con la morte di mio padre, un vero choc per me, anche perché lui era stato sempre un mito per me, soprattutto da bambino e ragazzo. Un uomo granitico, forte, invincibile nel vero senso della parola, e la sua triste fine mi ha obbligato a riflettere sulla transitorietà e caducità dell'esistenza. Mi sembra che tutto si sia svolto con grande velocità, che la mia vita sia scorsa rapida come un sogno, e mi ritrovo a pensare con ansia al futuro, alla vecchiaia, al tramonto che sento ormai imminenti. Non so se sono depresso e devo curarmi o se, invece, tutto ciò è benefico dal punto di vista spirituale. Ho intensificato le mie letture yoga, zen, buddhismo ecc. per riuscire a penetrare nel mistero della fine e, se qualche volta ne trovo sollievo, in altri casi, soprattutto la notte, quando mi ritrovo solo con me stesso, l'angoscia torna a galla e mi lascia atterrito…»
Ho un po' riassunto la lettera di Lorenzo mettendone comunque in luce i concetti principali. Può darsi che sia un po' depresso: chissà, magari sono un po' calati i livelli di testosterone (perché non sottoporsi a un semplice esame del sangue per escluderlo o confermarlo?), o forse il trauma per la morte del padre non è stato ancora completamente elaborato e anzi, forse, Lorenzo ha ancora qualche “conto in sospeso” con questa figura “mitica”, oppure si tratta semplicemente di un passaggio importante, fondamentale ed inevitabile nella sua evoluzione su questa Terra. Forse è il suo “Sé” che lo spinge a certe riflessioni e a trovare dentro di sé grandi verità, anche a costo di lottare, di soffrire, di provare angoscia. È un po' come quando bisogna decidersi a uscire dall'adolescenza per diventare adulti: in questo caso Lorenzo forse deve uscire dall'adolescenza spirituale per aprirsi a nuove verità, alla possibilità di abbracciare nuove realtà fondamentali, a “illuminarsi”. Il suo “io”, però, resiste e cerca degli appigli cui aggrapparsi per evitare di evolvere, forse di soccombere a favore del Sé. È una fase delicata, ma credo che nonostante tutto Lorenzo sia sulla buona strada. Ha solo bisogno di fare ancora passi decisivi sulla via della consapevolezza, dell'apertura e dell'abbandono di quell'angusto, miope mondo che è proprio dell'io: al di là c'è l'infinito, la gioia, la pace, la fine della sofferenza e delle angosce. Certo, non è facile sapere se e quando ce la farà, però sono sicuro che le letture dei testi cui ha accennato possano sostenerlo in questo processo evolutivo. La meditazione e la pratica della “mindfulness” o meditazione della consapevolezza gli potranno dare un grande aiuto. Auguro dunque a Lorenzo, come a tutti noi, di riuscire a intravedere la luce in fondo al tunnel, di farcela ad abbandonare i legami effimeri, solo apparentemente indissolubili, per compiere un balzo verso la realizzazione. Si tratta di rischiare, di spezzare definitivamente, seppure gradualmente, quel velo di ignoranza che ci impedisce di vedere che viviamo nell'illusione, nell'ignoranza di com'è la realtà vera, eterna, immutabile. Quel velo che nasconde ai nostri stessi occhi la nostra vera natura, la nostra vera origine. Mi piace citare qui un passo tratto dallo scritto The Religion dello scrittore e poeta indiano Rabindranath Tagore (chi non lo conosce?), risalente al lontano 1931. Tagore (nell'immagine in alto) accenna tra l'altro a una mancanza di educazione sull'atteggiamento di distacco che tutti noi dovremmo coltivare riguardo all'esistenza in generale, e in particolare alla fine naturale, con tutto ciò che questa comporta. È uno scritto davvero illuminante e spero possa dare forza a Lorenzo e a tutti quelli che vivono la sua stessa angoscia:

«… Così come il giorno ha punti di svolta in cui esistono un sorgere e un calare, così nell'uomo esiste un sorgere e un calare dei suoi poteri fisici. Riconoscendo tutto questo, l'India diede un significato conseguente alla diverse fasi della vita, dall'inizio alla fine.
Il primo stadio è il “brahmacharya”, un periodo di disciplina e di educazione nel quale l'essere umano entrava in contatto con le Leggi Universali; seguiva il “garhastya” in cui si sperimentava il mondo, e in esso le Leggi dell'Amore e del Lavoro; quindi il “vanaprasthya” in cui si iniziavano a sciogliere tutti i legami e infine il “pravrajya” in cui si attendeva la liberazione suprema, oltre la morte.
Noi oggi siamo arrivati a vedere la vita come in conflitto perenne con la morte – ritenuta un nemico indesiderato, infido, e non la naturale evoluzione della vita –, ma si tratta di una lotta senza speranza, che ci vede sempre e comunque sconfitti. Eppure, allorché il momento in cui la gioventù ci lascia, facciamo di tutto per trattenerla. Quando il fervore della passione si affievolisce, vorremmo ravvivarla con l'ausilio di un qualsiasi elemento. Quando i nostri organi di senso si affievoliscono, li spingiamo a non perdere terreno, usando tutte le nostre forze. E perfino allorché la nostra presa si è allentata, siamo riluttanti a lasciar andare i nostri averi.
Nessuno viene educato a riconoscere l'inevitabile come un fenomeno naturale, per cui non siamo capaci di rinunciare con gioia e dignità a ciò che comunque se ne deve andare, pertanto ecco che la morte viene a “portarci via la vita”.
La verità si presenta come un conquistatore solo perché abbiamo perso l'arte di riceverla e di accoglierla come un ospite benvoluto…
Il fiore deve lasciar sfiorire i suoi petali se vuol giungere alla maturazione dei frutti, e i frutti devono cadere dall'albero se si vuole che l'albero rinasca. Il bambino lascia il rifugio nel ventre per giungere a una crescita ulteriore, sia del corpo che della mente, che è poi il senso del suo esistere; come fase successiva, l'anima deve uscire dallo stadio di autoraccoglimento in questo “io” psico-somatico e giungere a piena fioritura, grazie alla varietà di relazioni con parenti e vicini, unita ai quali essa forma un corpo più vasto; in seguito sopraggiunge il declino del corpo e l'indebolimento del desiderio. Arricchita dalle esperienze del mondo, l'anima ora lascia la vita ristretta in cui è esistita e si orienta verso la vita universale, alla quale dedica la saggezza accumulata, ed entra così in relazione con la Vita Eterna, in modo tale che, allorché alla fine il corpo giunge al suo completo declino, l'anima veda questo distacco come qualcosa di semplice e privo di rimpianti, e lo viva come un ingresso nell'Infinito.
Dal corpo individuale alla comunità umana, e da questa all'universo, e dall'universo all'Infinito, questa è la normale evoluzione dell'anima.
I saggi hindu, pertanto, tenendo ben presente questa evoluzione possibie, non si limitavano nella prima fase della vita a dare una semplice educazione, fondata solo sull'apprendimento, ma instillavano uno stile di vita, fondato sull'addestramento all'intuizione, capace di percepire il Divino direttamente. In questo modo, l'allievo entrava nella vita con una determinazione attenta ed era in grado di conservare il fuoco della propria attenzione sul fine della vita.
Seguiva la vita nella comunità, nel mondo. Manu stesso dichiara: «Non è possibile una reale disciplina, restando lontano dal mondo, la disciplina più efficace si consegue adempiendo la vita del mondo con saggezza». Il che vuol dire che la saggezza non perviene alla propria piena realizzazione se non si vive la vita; e una disciplina separata dalla saggezza non è vera disciplina, ma un semplice seguire i costumi e le abitudini, cose che dissimulano solo stupidità.
Pertanto, dopo aver speso nella vita del mondo il secondo periodo della vita, allorché il declino dei poteri fisici comincia a farsi sentire, occorre cogliere questo passaggio come un ammonimento che esso sta avvicinandosi alla sua fine naturale. Non si tratta di qualcosa che va preso come un segno di sconfitta, ma va vissuto con gioia in quanto è un segno di maturità verso un'ulteriore realizzazione.
D'altro canto, così come un bambino, allorché lascia il ventre della madre, deve restarle ancora vicino per un po' – deve restarle attaccato, malgrado il sopravvenuto distacco – finché non si è adattato alla sua nuova libertà; allo stesso modo, nel terzo stadio della vita, sebbene l'uomo sia ormai distaccato dal mondo e dai suoi equilibri, vi resta attaccato ancora per un po' di tempo, mentre si prepara per lo stadio finale che culminerà nella libertà assoluta.
Egli dona al mondo la sua saggezza, e ancora ne accetta il sostegno; ma non si tratta di uno scambio passionale, come nella fase precedente, poiché in lui è insorto un nuovo senso di distacco.
E alla fine, viene un giorno in cui perfino quelle relazioni libere da attaccamenti giungono a conclusione, e l'anima emancipata si lascia alle spalle ogni legame e vincolo e si confronta con l'Assoluto…
Questa è una lezione di civiltà ancora aperta, poiché tale quadruplice sviluppo della vita in passato aiutava l'hindu a sintonizzarsi con la grande armonia dell'universo, e non lasciava spazio alla follia dei desideri o a un individualismo spasmodico, né permetteva loro di operare la loro potenza disgregante e distruttrice.
L'essere umano veniva aiutato a contenerne le funzioni, che venivano sempre armonizzate in sintonia con una sfera più elevata e con una più piena realizzazione: l'immersione nell'Assoluto, nel Sé Supremo».
                                                                                Rabindranath Tagore

lunedì 23 dicembre 2013

IL SOLE, SIMBOLO DEL TESTIMONE INTERNO CHE OSSERVA DISTACCATO GLI ALTI E BASSI DELLE DUALITÀ DELLA NOSTRA VITA

Fuori la temperatura è fredda, le tenebre hanno ancora il sopravvento sulla luce, ma un grande Sole sta per nascere: una grande forza che rappresenta l'origine e l'unificazione di ogni forza creativa. Una Forza che è simbolo di consapevolezza, di realizzazione, di illuminazione.
Nel Sole sta il centro assoluto, il centro del ciclone che, malgrado il costante movimento alla periferia, rimane calmo ed immutato. Questo Sole è il seme interiore, il testimone che rimane intoccato dagli alti e bassi della dualità che incessantemente si agita tra gioia e tristezza, tra paura e speranza, tra aspirazione e disperazione.
Se da questo punto centrale osservi la periferia della tua esistenza, tutto appare chiaro, tutto appare illuminato, anche le situazioni che prima ti sembravano inspiegabili e difficili, perché sei in grado di ricondurle alla loro origine vera.
La Vita ha per te nella mani regali inattesi e sorprendenti opportunità. Ciò che tu ora devi avere sono occhi attenti così da poterli percepire. Sei di fronte alla possibilità di una grande trasformazione ed hai tutte le potenzialità per realizzarla. Se nella tua esistenz
a ancora non accadono miracoli, significa che qualcosa non sta andando per il verso giusto!
Ripeti adesso, dolcemente, lasciando che la vibrazione delle parole raggiunga il tuo cuore ed ogni cellula dei tuoi corpi:
“Ora sono pronto per il miracolo della mia vita”.

(da Meditazioni quotidiane - Pensieri di trasformazione di Dede Riva, meditazione del 23 Dicembre, Edizioni Mediterranee)

giovedì 5 dicembre 2013

OSHO: LA MEDITAZIONE FERMA IL PENSIERO E IL TEMPO E CI INTRODUCE NELLA DIMENSIONE DELL'ETERNITÀ

Voglio citare alcuni, bellissime affermazioni di Osho, raccolte nello stupendo, nel fondamentale volumetto intitolato  Che cos'è la meditazione, Mondadori editore. Li ho scelti a caso, perché sono davvero tutti sono profondi e commoventi e tutti da leggere con emozione. Si tratta di semplici frasi che però aprono spiragli incredibili sulla nostra dimensione spirituale oltre che… sulla grande saggezza e sensibilità di Osho, il più grande tra i maestri che amo, quello che sento più vicino. Mi auguro che queste sue parole possano insegnarci a meditare e soprattutto aprire i nostri cuori e le nostre esistenze.

La meditazione è FARE UN SALTO

Non potrai mai andare al di là della mente se continui a usarla. Devi fare un salto, e meditazione significa questo: fare un salto. Ecco perché la meditazione è illogica, irrazionale. E non può essere logica, non può essere ridotta alla ragione. Devi sperimentarla, solo se ne fai esperienza la conosci.
Quindi prova questo: non pensarci, provalo – prova a essere testimone dei tuoi pensieri. Siediti, rilassato, chiudi gli occhi, e lascia scorrere i tuoi pensieri proprio come le immagini scorrono su uno schermo. Guardali, osservali, fanne gli oggetti della tua attenzione. Se un pensiero affiora, osservalo profondamente. Non pensarci, semplicemente osservalo. Se inizi a pensarci, allora non sei un testimone – sei caduto in trappola.
Si sente un clacson da fuori – oppure abbaia un cane, o succede qualcosa – ed ecco che un pensiero affiora: «Sta passando una macchina». Non pensarci, semplicemente osserva quel pensiero: è affiorato e ha preso forma. Ora è davanti a te. Presto passerà, e un altro pensiero lo rimpiazzerà. Continua a osservare questo processo. Se sarai capace di osservare questo processo senza pensarci, anche per un solo momento, avrai fatto un primo passo, saprai qualcosa di ciò che vuol dire essere testimone. E questa è una cosa che ha un sapore diverso dal pensare – totalmente diverso. Ma occorre sperimentarla.
La religione e la scienza sono agli antipodi, ma in una cosa sono simili e mettono la stessa enfasi: entrambe si basano su esperimenti, tanto la religione quanto la scienza. Soltanto la filosofia è non-sperimentale. La filosofia si basa solo sul pensiero. Religione e scienza si basano entrambe su esperimenti: la scienza sperimenta sugli oggetti, la religione sulla tua soggettività. La scienza si basa su esperimenti con cose altre da te, e la religione su esperimenti direttamente con te.
È difficile, perché nella scienza c'è colui che fa l'esperimento, c'è l'esperimento e c'è l'oggetto su cui si compie l'esperimento. Ci sono tre cose: il soggetto, l'oggetto e l'esperimento. Nella religione tu sei tutte e tre queste cose nello stesso tempo. Sei tu che sperimenti su te stesso. Tu sei il soggetto, tu sei l'oggetto e tu sei il laboratorio. Non continuare a pensare. Comincia, da qualche parte, a sperimentare. Allora potrai sentire direttamente cosa sia pensare e cosa sia essere testimone. Allora ti renderai conto che non puoi fare entrambe le cose contemporaneamente, proprio come non puoi correre e stare seduto nello stesso momento. Se corri non puoi sederti, non sei seduto. E e sei seduto, non puoi correre. Ma sedersi non è compito delle gambe, piuttosto è un loro non-compito. Quando le gambe stanno funzionando, allora non sei seduto. Sedersi è un non-compito delle gambe; correre è un loro compito. Per la mente è la stessa cosa: pensare è un compito della mente, essere testimone un suo non-compito. Quando la mente non funziona, sei un testimone, e allora sei consapevole.

La meditazione è UN ESPERIMENTO

Non credi in Dio? Questo non è un ostacolo alla meditazione. Non credi nell'anima? Questo non è un ostacolo alla meditazione.
Non credi a niente? Questo non è un ostacolo alla meditazione. Puoi meditare lo stesso, perché la meditazione dice semplicemente come entrare dentro di sé: che ci sia o no un'anima, non importa; che ci sia o no un Dio, non importa.
Una cosa è certa: ci sei tu. Se ci sarai o meno dopo la morte, non importa. Una sola cosa ha importanza: in questo preciso momento tu ci sei, ma chi sei? Questo è meditazione: addentrarti nel tuo essere più profondo. Forse è una cosa momentanea, forse tu non sei eterno, forse con la morte finisce tutto. Noi non poniamo alcun presupposto a cui credere. Noi diciamo solo che devi sperimentare. Prova. Un giorno accadrà: i pensieri non ci saranno più! E improvvisamente, quando i pensieri spariscono, tu e il tuo corpo siete separati – poiché i pensieri fungono da ponte. Sei collegato al tuo corpo attraverso i pensieri, essi sono il legame. Improvvisamente il legame sparisce, allora ci sei tu, c'è il corpo, e c'è un abisso infinito tra voi due. A quel punto tu sai che il corpo morirà, ma che tu non puoi morire.
Quindi la meditazione non è qualcosa di simile a un dogma, non è un credo, è un'esperienza – evidente in se stessa.
Quel giorno la morte sparisce; quel giorno il dubbio sparisce, perché tu non devi più continuare a difenderti. Nessuno ti può distruggere, sei indistruttibile. Allora cominci ad avere fiducia, una fiducia traboccante. E avere fiducia significa essere in estasi; significa essere in Dio; significa sentirsi appagati.
Pertanto io non dico: coltiva la fiducia. Io dico: sperimenta la meditazione.

La meditazione è IL PARADISO

La meditazione è uno stato naturale dell'essere, uno stato che abbiamo perduto. Essa è un paradiso perduto… ma il paradiso può essere riconquistato! Guarda negli occhi dei bambini, guarda, e ci vedrai un silenzio e un'innocenza straordinari. Ogni bambino nasce in stato meditativo, ma poi bisogna iniziarlo alla società e ai suoi modi; bisogna insegnargli come pensare, come contare, come ragionare, come discutere; bisogna insegnargli parole, linguaggi, concetti. E piano piano egli perde il contatto con la sua innocenza. Viene contaminato e inquinato dalla società. Diventa un efficiente meccanismo, non è più un essere umano.
C'è solo bisogno di conquistare ancora una volta quello spazio. L'hai conosciuto in passato, per cui, quando incontri per la prima volta la meditazione, ti stupisci – perché hai la sensazione fortissima di averla già conosciuta. E questa sensazione corrisponde al vero: l'hai già conosciuta, ma l'hai dimenticata. Il diamante si è perso sotto mucchi di spazzatura. ma se riesci a eliminarli troverai di nuovo il diamante – esso è tuo.
Non lo si può davvero perdere, si può solo dimenticare. Noi nasciamo come meditatori, poi impariamo le vie della mente. Ma la nostra vera natura rimane nascosta da qualche parte nel profondo di noi, come una corrente sotterranea. Un giorno, basta scavare un po'… e troverai la sorgente, acqua fresca che sgorga ancora dalla sorgente. E trovarla è la gioia più grande della vita.

La meditazione è RICORDARSI DI SÉ

Ovunque tu sia, ricordati di te stesso, che esisti: questa consapevolezza di esistere deve diventare costante. Non il tuo nome, la tua appartenenza, la tua nazionalità, queste cose sono futili, assolutamente inutili. Ricorda solo: «Io sono». Questo non deve essere dimenticato. Questo è ciò che gli indù chiamano «ricordarsi di se stessi», che Buddha ha chiamato la «giusta attenzione», che Gurdjieff di solito chiamava «rimembranza di sé», e Krishnamurti «consapevolezza».
Questa è la parte essenziale della meditazione, ricordare che «Io sono». Mentre cammini, siedi, mangi o parli, ricorda: «Io sono». Non dimenticarlo mai. Sarà difficile, molto difficile. All'inizio continuerai a dimenticarlo; solo in alcuni momenti ti sentirai illuminato, poi ti sfuggirà. Ma non essere infelice: anche un solo momento è già molto. Continua: ogni volta che puoi ricorda di nuovo, afferra di nuovo quel filo di consapevolezza. Quando dimentichi, non ti preoccupare – ricorda di nuovo, afferra di nuovo quel filo sottile, e a poco a poco gli intervalli si ridurranno, cominceranno a diminuire, ci sarà continuità. E ogniqualvolta la tua consapevolezza diventa continua, non hai bisogno di usare la mente. A quel punto, non c'è alcune pianificazione, agisci a partire dalla tua consapevolezza, non dalla tua mente. Non c'è bisogno di chiedere scusa, non c'è bisogno di dare nessuna spiegazione. Sei quello che sei, qualsiasi cosa tu sia. Non puoi fare nient'altro. Puoi solo ricordarti di te stesso continuamente. Attraverso questo ricordo, questa attenzione cosciente, si ha l'autentica religione, l'autentica moralità.

La meditazione è SENSIBILITÀ

È la luce della consapevolezza che rende le cose preziose, straordinarie… così le piccole cose non sono più piccole. Quando un uomo, sulla spiaggia, tocca un semplice sassolino con attenzione, sensibilità e amore, quel sassolino diventa una pietra preziosa. Mentre se tocchi una pietra preziosa senza esserne consapevole, essa è un semplice sassolino, anzi nemmeno quello. La tua vita sarà tanto più profonda e avrà tanto più significato quanto più sarai consapevole.
Oggi, ovunque nel mondo, la gente chiede: «Qual è il significato della vita?». Il significato si è perso, è ovvio, perché hai perso la strada per trovarlo – e la strada per trovarlo è la consapevolezza.

La meditazione è CRESCERE

Invecchiare è una cosa priva di valore, qualunque animale lo fa, non c'è bisogno dell'intelligenza. Crescere è un'esperienza completamente diversa. L'invecchiamento segue una linea orizzontale; la crescita una linea verticale, che ti porta in profondità e ti eleva.
E, cosa piuttosto strana, ti sorprenderà sapere che il tempo segue una linea orizzontale. Un momento passa, un altro momento arriva, poi un altro, e un altro ancora… in linea, una linea orizzontale. Il tempo segue una linea orizzontale e lo stesso fa la mente. Un pensiero è seguito da un altro pensiero, e poi da un altro, e da un altro ancora, ma in linea, in fila, in processione, o anche in un semplice viavai, ma comunque orizzontale.
La meditazione segue una linea verticale, va al di là della mente e al di là del tempo. Forse, alla fine, ti renderai conto che tempo e mente sono equivalenti, due nomi per lo stesso fenomeno – il susseguirsi orizzontale di momenti, o di pensieri. Meditazione significa fermare sia il tempo sia la mente, e d'un tratto cominci a elevarti nell'eternità. L'eternità non è parte del tempo e non è un pensiero. L'eternità è un'esperienza.


Continuerei ancora all'infinito a citare le parole di Osho, capaci di proiettarci sulle vette dell'eternità: non mi stancherei mai di farlo, anche perché abbiano la maggiore diffusione possibile e creino felicità scacciando l'infelicità, ma ovviamente non è possibile andare oltre. Vi consiglio semplicemente leggere il suo libro, è fondamentale per tutti coloro che vogliono approfondire l'esperienza della consapevolezza. E un piccolo consiglio: quando fate la meditazione “del ricordo di sé”, provate a dire, anziché “Io sono”,  “Io esisto” oppure “Io sono pura esistenza e dimentico tutto il resto di me”: su di me funziona meglio, e forse anche su di voi.